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Don Borea verso la beatificazione?

Presentato a Palazzo Galli il volume di Lucia Romiti sulla vita del sacerdote fucilato dalla Guardia nazionale repubblicana il 9 febbraio 1945

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Ogni momento della presentazione a Palazzo Galli, per iniziativa della Banca di Piacenza, del libro "Giuseppe Borea. Quando l’amore è più forte dell’odio” è stato denso di coinvolgenti emozioni. Scritto da Lucia Romiti, il libro (Edizioni Il Duomo) è dedicato al sacerdote piacentino fucilato dalla Guardia nazionale repubblicana il 9 febbraio 1945.

Sono intervenuti il vescovo mons. Gianni Ambrosio, l’avv. Corrado Sforza Fogliani, presidente del Comitato esecutivo della Banca di Piacenza, l’autrice Lucia Romiti.
Ha condotto l’incontro don Davide Maloberti, direttore de “Il Nuovo Giornale”.
L’estemporanea testimonianza di mons. Domenico Ponzini che, in missione a Gropparello subito dopo la guerra, ha avuto modo di raccogliere le voci dei parrocchiani di Obolo di don Borea, ha lasciato vivissime impressioni nell’assemblea già emotivamente scossa dalle rievocazioni della vita del sacerdote, così magistralmente e passionalmente descritta da Lucia Romiti, e dell’ingiusto infamante processo conclusosi con la condanna, su cui ha relazionato l’avvocato Sforza Fogliani.
Ingiusto perché il tribunale militare non era abilitato allo scopo, perché non furono sentiti testimoni a difesa, perché le calunniose accuse mai furono dimostrate, perché la condanna era già scritta.
Il tutto dedotto da documenti indiretti per la vicenda, per cui non esistono carte processuali. I particolari dell’interessante studio sono dettagliatamente riportati nel libro.

La personalità di don Borea, ha detto Ponzini, mostra qualche affinità con quella di San Francesco. Entrambi non potevano che esprimersi con atteggiamenti cristallinamente coerenti al proprio modo di essere. Spesso non capibili dai più.
Ha auspicato che avvenga un processo di beatificazione, avvertendo che per chi è morto da martire non occorre neppure produrre un miracolo.

La sala gremita di Palazzo Galli ha suscitato stupore nel Vescovo. Ma il popolo non dimentica.
Mons. Ambrosio ha sottolineato che la grande “umanità” di don Borea è una luce nella tragedia della guerra che riscatta l’intero genere umano.
Così lo ha ricordato: pastore con l’odore delle pecore, in fama di santità.

Un quadro biografico con tanti toccanti episodi è stato tracciato da Lucia Romiti.
Don Borea è stato, per sua scelta, cappellano militare della 28ª brigata della divisione partigiana Val d’Arda, ma non ha mai fatto distinzione di colore: per lui tutti sono esseri umani e per tutti, indistintamente, si è prodigato in opere di misericordia.
Muore a soli 35 anni dichiarando la sua innocenza, perdonando chi gli ha fatto tanto male e chi gli deve sparare. Alla schiena: ultima umiliazione a coronamento di feroci indicibili calunnie. Atroce: sa che non avrà più vita per dimostrarne l’infondatezza, che la sua memoria rimarrà infangata.
Ad altri aveva dovuto demandare la sua riabilitazione.

Lucia Romiti ha dichiarato di essere stata colpita dal suo coraggio, dal non tirarsi mai indietro, dalla sua scelta di attraversare la sofferenza vivendola fino in fondo, senza alcuna corazza, dal perdono ai suoi carnefici. “Don Borea - ha affermato - inchioda ai valori più alti dell’uomo”.

Il video mostrato alla platea, ricco di testimonianze su don Borea, commovente nel suo testamento spirituale, è stato realizzato dal gruppo di ricerca formato da Associazione Partigiani Cristiani, Sezione Anpi di Gropparello-Carpaneto, Oltre la Storia, Grac (Gruppo ricercatori aerei caduti di Piacenza), Museo della Resistenza di Sperongia, e tanti volontari.
Forte e coesa è la volontà di riabilitare la figura di don Borea, per amore di verità, per riconoscenza e affetto, per ammirazione, per gli ideali trasmessi di fede e bontà.

Luisa Follini

Pubblicato il 9 ottobre 2018

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