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La Trebbia compie 120 anni. Il forte legame con il territorio

gruppotrebbia

Nella sede del Palazzo vescovile di Bobbio, venerdì 12 agosto, è stata inaugurata la mostra dedicata ai 120 anni de La Trebbia, il settimanale cattolico fondato nel luglio 1903. Alla presentazione sono intervenuti don Aldo Maggi, direttore del giornale, il sindaco Roberto Pasquali, il giornalista Gian Giacomo Schiavi, l'arcivescovo mons. Piero Marini, don Davide Maloberti, direttore del settimanale diocesano Il Nuovo Giornale, Marica Draghi e Maria Grazia Cella, curatrici della mostra che rimarrà aperta al pubblico fino al 2 settembre.

L'intervento di don Aldo Maggi

Era un giovedì, quel lontano 9 luglio 1903, in cui vedeva la luce il settimanale cattolico La Trebbia. Con la benedizione di Leone XIII – il Papa della Rerum Novarum datata 27 giugno – e successivamente di Pio X, che gli succedeva qualche tempo dopo e a cui la Redazione aveva inviato in omaggio le prime copie del giornale, iniziava il suo cammino il nostro piccolo-grande settimanale cattolico. Piccolo periodico, perché espressione di una piccola diocesi, così estesa geograficamente da comprendere quattro province, ma piuttosto modesta anche in passato per numero di abitanti. Grande settimanale, perché raggiungeva anche le più sperdute comunità della nostra realtà di montagna per portare quelle notizie della Chiesa e del mondo che mai a quei tempi avrebbero potuto in altro modo arrivare ai nostri paesi. Il contesto italiano in cui La Trebbia veniva alla luce era segnato da grandi contrasti e gravi agitazioni di piazza che sfociavano nei primi scioperi, ma anche da momenti di risalita con la nascita della grande industria. Forte era anche, però, il disagio crescente per le imponenti dimensioni dell’emigrazione dalle nostre vallate, mentre il clima religioso era caratterizzato da correnti di forte anticlericalismo, di ostilità contro il mondo cristiano e la Chiesa.

Un contesto difficile

Il quadro generale dei primi decenni del secolo XX a Bobbio e sui nostri monti era precario: la povertà e l’indigenza erano caratteristiche generali della civiltà contadina, l’analfabetismo era molto diffuso, la piccola diocesi di Bobbio era isolata, pochissimi i contatti con le grandi città. In quel contesto difficile il vescovo milanese Pasquale Morganti, intelligente e lungimirante, ma destinato purtroppo a rimanere a Bobbio solo due anni, fu capace di un colpo d’ala: la fondazione di un giornale per la sua gente, un veicolo di idee, un mezzo di informazione che avrebbe dovuto trattare anche problemi di vita civile, sociale ed economica con una lettura degli avvenimenti ispirata alla luce della fede. Così La Trebbia, il primo settimanale cattolico dell’Emilia Romagna, a poco a poco si diffondeva, unica possibilità di informazione e formazione per quei tempi.

Dai conflitti mondiali alle tecnologie

Il nostro settimanale ha attraversato tempi bui come quelli dei conflitti mondiali, ma anche tempi più sereni, come quelli del successivo affermarsi della libertà e della democrazia. Ha attraversato anche quella primavera dello spirito che fu il Concilio Vaticano II, i cui messaggi e insegnamenti vennero ampiamente riportati sulle sue pagine. Ha affrontato contrasti e diatribe interne suscitate da giornali anticlericali del territorio, come il Penice e il Bove, senza mai venire meno al “dire la verità nella carità”.
Il tempo della tecnologia e dell’informatica ha certamente dato una forte scossa ai tradizionali mezzi di comunicazione, provocando anche crisi nei vecchi strumenti di informazione, ma La Trebbia ha proseguito il suo percorso umilmente, con determinazione, “osando” in un tempo difficile, continuando il suo servizio, anzi raddoppiando i fogli a partire dal 2018 e, soprattutto, rendendosi più gradevole - almeno lo speriamo - per il colore e le immagini che meglio documentano eventi, cronache, testimonianze, avvenimenti, rendendo ancora “vivaci”, almeno in alcuni periodi dell’anno, le nostre montagne.

L'eredità di don Migliavacca e don Coletto

Ho raccolto il testimone nel 2014 da don Guido Migliavacca, storico direttore: lui e Piero Coletto hanno saputo accompagnare per più di 50 anni il cammino del settimanale con un servizio puntuale, intelligente, ricco. Ho accettato, pur consapevole che “non era il mio mestiere” e che non avevo competenze in quel campo, perché preoccupato che venisse meno uno strumento umile, ma importante per tener vivi collegamenti, legami e creare rapporti di comunione tra le persone; questo non solo per gli abbonati del nostro territorio, chiamato ora Vicariato, ma anche per far sentire a quanti, per motivi di lavoro nel tempo si sono trasferiti, l’eco delle nostre valli e il calore di una vicinanza che non vuole spegnersi. Ho avuto la fortuna di trovare una persona preziosa, Antonella, che alla scuola di don Guido e di don Coletto ha raggiunto un livello molto alto di capacità di composizione e abilità grafiche e fotografiche tali da compensare le mie lacune. Voglio qui ringraziarla in modo specialissimo e ripeterle, come già le diceva don Coletto, che oggi sarebbe in grado di gestire da sola il giornale per la sua competenza, unita ad una sempre incondizionata disponibilità.
Insieme a lei voglio ringraziare i collaboratori, i corrispondenti che puntualmente inviano servizi raccontando la vita delle nostre vallate, quella vita quotidiana e semplice, ma non per questo meno interessante e preziosa che – seppure talora a fatica – continua a pulsare nei nostri piccoli paesi. Non faccio nomi per non rischiare di dimenticarne qualcuno: sono ancora un buon numero e vorremmo sperare che nel tempo possano aumentare ancora.

Un giornale che ha fatto crescerela comunione tra le persone

La mostra allestita è opera del lavoro attento, paziente, intelligente e meticoloso di due persone, Marica Draghi e Maria Grazia Cella, con le quali condivido l’impegno agli Archivi Storici Diocesani, ma soprattutto la formazione culturale e i ricordi dei bei tempi dell’Istituto Magistrale “San Colombano” di Bobbio. Con passione via via crescente le due volontarie hanno realizzato quello che andremo a vedere, dedicando giornate e serate, settimane e forse qualche mese perché non venisse meno la memoria del nostro territorio. A loro, che hanno lavorato con il supporto di Antonella e Mariuccia Ghiano, oltre alla preziosa manodopera di due giovani studenti, Viktorija e Samuele, si deve la realizzazione del percorso espositivo; la mostra resterà aperta per tutto il mese nelle mattinate di lunedì, mercoledì e venerdì, oltre al sabato e alla domenica in concomitanza con l’apertura del Museo Diocesano e della splendida mostra dedicata all’ “Ecce homo”.
Vogliamo sperare, anche se i tempi si sono fatti difficili (per l’imporsi del digitale e la conseguente crisi della tradizionale informazione su carta; per i costi crescenti della carta e della stampa e anche per i disservizi postali che scoraggiano alcuni al rinnovo dell’abbonamento, soprattutto fuori provincia) di poter ancora tenere vivo questo giornale, La Trebbia, che nel tempo ha offerto informazione e formazione religiosa e culturale, ma soprattutto ha mantenuto e fatto crescere legami, collegamenti e comunione tra persone di età, formazione, provenienza diverse, tutte però accomunate dallo stesso amore verso il nostro territorio.

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Nella foto, il momento inaugurale della mostra dedicata ai 120 anni de La Trebbia.

Buon Compleanno cara «Trebbia»

L'intervento di Marica Draghi e Maria Grazia Cella

I 120 anni de La Trebbia, settimanale di una Diocesi, quella di Bobbio, che vanta una storia millenaria di Santi, monaci, Papi e Vescovi, meritavano un adeguato riconoscimento e la mostra che oggi verrà inaugurata vuole esserne testimonianza e omaggio.
Don Aldo Maggi, l’attuale Direttore, sempre attento e sensibile alla valorizzazione del nostro settimanale, ha cercato in questi anni di mantenere viva la tradizione dei suoi predecessori che, dal lontano 1903, hanno sempre scandito e ricordato le principali tappe decennali del percorso de La Trebbia, ed anche lui ha voluto, con questa mostra, rimarcarne “la vitalità e giovinezza” anche a 120 anni dalla sua fondazione.  
Accogliendo il suo invito, abbiamo quindi iniziato un avvincente “viaggio nel tempo” che ci ha entusiasmato e piacevolmente sorpreso, perché in ogni pagina e in ogni pezzo delle 120 annate che abbiamo pazientemente sfogliato e analizzato in questi mesi di lavoro, abbiamo ritrovato la vita delle tante nostre comunità, tutte sempre ben radicate nel territorio, a ricordarci che dietro le buone e le cattive notizie della quotidianità ci sono le “storie” e dietro le storie ci sono sempre le persone: sono, infatti, l’ascolto delle persone e l’attenzione al territorio e ai suoi cambiamenti che hanno fatto e continuano a fare de La Trebbia un “giornale di prossimità”, connesso con grande equilibrio sia agli eventi locali che alle vicende nazionali e mondiali.

Le linee guida del settimanale

Abbiamo avuto modo di constatare come le linee guida del settimanale, già chiaramente espresse e declinate nelle “Rubriche d’interesse indiscutibile” che anticipavano la prima edizione del 1903, si siano mantenute pressoché inalterate nel corso dei decenni, segno di una continuità d’intenti e, nel contempo, di un rispetto della tradizione ultracentenaria del foglio.
Si trovavano, tra le tante:
-    Vicende mondiali e politiche
-    Anatomie sociali
-    La palestra dei lettori
-    Bobbio e le sue vicende
-    Fra le arti e le scienze
-    Cronaca della città e dintorni e, con nostra grande sorpresa, la rubrica “Verso la ferrovia”, che fa comprendere quanto il problema del raccordo tra Piacenza e Genova rappresentasse già agli inizi del Novecento una priorità per l’economia di Bobbio e dell’intera Val Trebbia.  A questo “sogno”, sorto nell’euforia della Seconda Rivoluzione Industriale e purtroppo sopravvissuto solo fino ai primi decenni del Novecento (come documentato nell’apposita sezione espositiva) abbiamo voluto rendere omaggio con la cartolina celebrativa della mostra, con l’auspicio che l’ammodernamento della Statale 45 non segua la stessa sorte della mai realizzata ferrovia.

I cambiamenti

Durante il nostro viaggio abbiamo constatato l’avvicendarsi, dal 1903 ad oggi, delle diverse vesti grafiche delle testate, ben evidenziate nella locandina della mostra, così come i vari formati a 2, 3, 4… fino a 8 colonne dell’impaginazione.
Anche i contenuti degli articoli sono andati via via rispecchiando i cambiamenti della società: dalla maggior attenzione alle vicende locali dei primi decenni del Novecento si è passati negli anni ’50 e ’60, sulla scia dei cambiamenti politico-sociali dovuti alla Guerra Fredda e al boom economico italiano, ad un maggiore “focus” sugli eventi di politica e costume nazionali e internazionali; questo non sempre, però, a vantaggio della gradevolezza della veste grafica e, soprattutto, a scapito della cronaca locale, spesso ridotta a una o due facciate, a fronte delle 14/16 di cui si componeva il giornale. Dalla fine degli anni ’60, però, La Trebbia sembra voler recuperare la dimensione territoriale con rubriche che spaziano dalla vita cittadina ai fatti dell’epoca, dagli eventi locali di storia e cultura bobbiese al cinema e allo sport - che allora vedevano spuntare gli astri nascenti di Marco Bellocchio e Caje Cella - mantenendo sempre comunque attivo il dialogo e l’interlocuzione con i lettori: domenica 12 dicembre 1971 verrà persino celebrata la “Giornata del Settimanale La Trebbia”, accolta con pareri favorevoli da buona parte degli abbonati. Passano gli anni e l’ingresso nel XXI secolo è stato salutato dalla grande novità di una Trebbia prima occasionalmente e poi interamente a colori, con otto facciate anziché quattro, un formato più ridotto e maneggevole, con caratteri di stampa più grandi.   Oggi il giornale si presenta con una veste grafica moderna e curata, stampato su carta patinata e arricchito da un ricco e vivace corredo fotografico.

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La mostra allestita nel Palazzo vescovile di Bobbio.

Un po' di storia

Il nostro settimanale, fondato dal Vescovo Pasquale Morganti, ha visto nel tempo avvicendarsi diverse figure di sacerdoti bobbiesi che si sono susseguiti nella direzione, a partire da Padre Brianza, Segretario del Vescovo, per continuare con don Gaudenzio Bisetti, rettore del Seminario, che per ben 25 anni portò avanti l’incarico con grande coraggio, ma soprattutto sempre a difesa della libertà di stampa, tanto che nel 1921 fu oggetto di un’aggressione da parte delle prime squadre fasciste. In quegli anni il giornale venne stampato prima nella Tipografia Vescovile di Giacinto Mozzi e, dal febbraio 1906, dalla Tipografia Cella, che aveva sede in Strada Fodesta, dove tutto era realizzato “in famiglia”: Albino, il tipografo, stampava le copie e la sorella Giuseppina le piegava manualmente, scrivendo e stampigliando anche gli indirizzi per la spedizione, lavoro umile, ma indispensabile per contribuire a tener viva La Trebbia in quei tempi difficili e che valse a questa silenziosa collaboratrice il titolo di “benemerita” del giornale. Il Canonico don Stefano Rebolini, ardimentoso direttore de La Trebbia dal 1929 al 1952, anni che videro l’avvento del fascismo, la tragedia del Secondo Conflitto Mondiale e il primo Dopoguerra, era invece supportato dalla Tipografia di Augusto Bellocchio (Balin) in Largo Rio Grande.
Don Santino Poggi, insigne latinista e futuro Preside dell’Istituto Magistrale, diresse La Trebbia dal 1957 al 1959, quando gli subentrò Don Aldo Mozzi, già amministratore e poi, fino al 1966, direttore del settimanale, a quei tempi stampato, però, non più a Bobbio ma in diverse tipografie piacentine e parmensi (Stabilimento Tipografico Piacentino, Editrice SIC di Parma ed Emiliana Grafica di Piacenza, per citarne alcune).   
Contestualmente il Vescovo Zuccarino nominerà Amministratore don Pietro Coletto e, sempre a partire da quegli anni, il compito di collaboratrice della rivista verrà assunto da Sina Forneris, impegnata correttrice di bozze ma, soprattutto, memoria storica del giornale che contava, allora, oltre duemila abbonati. Successivamente Ida Bellocchio, già Segretaria del nostro Istituto Magistrale, dedicherà gli anni della sua pensione alla gestione amministrativa del settimanale, al fianco di Pietro Coletto.
Dal 1966 al 2014 segue il lungo periodo della direzione affidata a don Guido Migliavacca, insegnante di Lettere all’Istituto Magistrale, che traghetterà La Trebbia nel nuovo millennio. In quegli anni nascerà, nei locali del Vecchio Seminario in Piazza Duomo e grazie alla felice intuizione di Pietro Coletto, la tipografia “Columba”, che riporterà La Trebbia ad essere ancora un foglio indipendente anche sotto l’aspetto editoriale, grazie alla competenza tecnica di Luigina Pezzani.
In seguito, Ettore Zerbarini rinominerà la tipografia “Arti Grafiche Bobiensi” e stamperà il settimanale fino al 2007, quando gli subentrerà Antonella Losini che, con le sue “Grafiche Bobiensi”, oggi si occupa della sola composizione del giornale, ma ha recentemente dato vita alle Edizioni La Trebbia ricreando la possibilità di stampare a Bobbio libri e pubblicazioni di pregio su argomenti di interesse locale. Quest’ultima iniziativa è stata fortemente voluta e condivisa anche da don Aldo Maggi, dal 2015 ad oggi Direttore de La Trebbia, che si è trovato in questi ultimi anni ad affrontare la digitalizzazione dell’informazione con l’inevitabile conseguenza della crisi della carta stampata, a cui ha cercato e cerca di reagire – come lui stesso scriveva in un editoriale già nel 2018 – “con una certa audacia, che speriamo venga compresa e sostenuta andando controcorrente rispetto all’incalzare del telematico”.
E sembra proprio che abbia ragione: se, infatti, già a partire dagli anni ’40, con l’iniziativa “Perché La Trebbia viva” si avvertiva l’esigenza di proteggere e “valorizzare il patrimonio davvero inestimabile” delle nostre tradizioni e della nostra cultura di matrice cattolica e se negli anni ’60, in piena rivoluzione elettronica, si auspicava una “rivoluzione tipografica dei giornali che consentisse la trasmissione a distanza delle pagine già composte”, oggi, grazie all’avvenuta unione fra tradizione e modernità, “i fogli legati alle diocesi stanno vivendo l’ennesima tappa della loro silenziosa ma tenace espansione”. Così scrive Gianni Valente sul blog “30 giorni.it”, aggiungendo che “i già compiaciuti redattori di un tempo forse oggi strabuzzerebbero gli occhi davanti al folto drappello di vecchie glorie ultracentenarie, da L’Araldo abruzzese di Teramo a La Trebbia di Bobbio, alla Gazzetta di Foligno , che figurano nella lista sempre più affollata dei settimanali diocesani italiani. Quelli che un tempo erano etichettati come «i giornali del vescovo» sono fatti così: erba tenace che non molla”.

"Notizie comunicate con serenità”
Con questa efficace metafora ci auguriamo che anche il settimanale dell’antica diocesi di Bobbio continui in futuro ad entrare nelle nostre case e ad accompagnare il cammino delle nostre piccole comunità fornendo, come piace a Papa Francesco, “notizie comunicate con serenità, precisione e completezza, con un linguaggio pacato, in modo da favorire una proficua riflessione; parole ponderate e chiare, che respingano l’inflazione del discorso allusivo, gridato e ambiguo” (Discorso del Papa in occasione dell’udienza in Vaticano con i giornalisti cattolici nel dicembre 2017).
  Concludiamo con una riflessione: la trasformazione dal cartaceo al digitale ha, sì, consentito di ampliare la fruizione editoriale da remoto, ma per noi, da sempre lettori affezionati de La Trebbia, le copie “vive” del nostro giornale, con i loro colori, la carta profumata d’inchiostro, le pagine e gli articoli da ritagliare e conservare nel cassetto della memoria e dei ricordi, rappresentano comunque, ancora e sempre, un appuntamento settimanale atteso, importante e davvero irrinunciabile. Quindi, Buon Compleanno, cara Trebbia, e… ancora 100 di questi giorni!

                                 Maria Grazia Cella e Marica Draghi

 

Pubblicato il 12 agosto 2023

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