Non solo beneficenza: l’Obolo di San Pietro è segno di appartenenza e sostegno alla missione del Papa
Domenica 29 giugno, solennità dei santi Pietro e Paolo, torna l’Obolo di San Pietro. Un gesto di comunione con Leone XIV e di solidarietà concreta verso i più fragili. Ogni anno vengono finanziati progetti in oltre 70 Paesi
C’è un gesto, tra i tanti che segnano il ritmo della vita ecclesiale, che ogni anno torna con discrezione ma con un peso specifico: è l’Obolo di San Pietro. Non si tratta di un atto simbolico o di una raccolta tra le tante, ma di un segno di comunione viva con il Successore di Pietro, oggi Leone XIV, e attraverso di lui con i fratelli più fragili, più lontani, più dimenticati.
Domenica 29 giugno, solennità dei santi Pietro e Paolo, le comunità cattoliche saranno invitate a partecipare a questo gesto. Non va vissuto con distrazione. Perché riguarda tutti. Perché racconta l’identità della Chiesa. Perché consente, senza clamori, di partecipare a una rete di carità che ogni anno raggiunge centinaia di persone e comunità nel mondo.
L’Obolo rappresenta il mezzo attraverso cui la Chiesa universale sostiene il ministero del Papa, non solo sul piano istituzionale, ma soprattutto su quello umano, pastorale e spirituale. Ogni anno, grazie a queste offerte, vengono costruite chiese nei luoghi più remoti, curati malati dimenticati, formati giovani seminaristi in contesti difficili, affrontate con prontezza catastrofi naturali o conflitti che distruggono vite e speranze.
Ogni anno i progetti finanziati con i fondi dell’Obolo interessano oltre 70 Paesi. Non semplici numeri, ma storie. In Siria, l’assistenza sanitaria è arrivata dove gli ospedali erano chiusi. In Malawi, dopo un ciclone, scuole e parrocchie sono state riavviate. In Ucraina, la prossimità si è tradotta in accompagnamento spirituale per chi ha perso tutto. In Asia e in Africa, nuove chiese e centri pastorali hanno restituito slancio alla vita di comunità giovani e coraggiose.
Per contribuire non è necessario molto, ma è essenziale l’intenzione. È importante sapere che ciò che viene offerto non si disperde, ma si traduce in gesti concreti: una casa per chi non ce l’ha, una speranza per chi ha perso tutto, una cura per chi soffre, una formazione per chi sogna un domani, un futuro per chi attende.
Leone XIV lo ha indicato fin dai primi passi del suo pontificato, promuovendo un’idea di Chiesa centrata su Cristo e fedele al Vangelo dei piccoli. L’Obolo si inserisce pienamente in questa prospettiva: non beneficenza occasionale, ma carità strutturata, presenza costante, fedeltà concreta. Aderire all’Obolo significa rinnovare l’appartenenza alla Chiesa e il sostegno al suo cammino. È un modo per sostenere chi ha la responsabilità della guida, perché possa esercitarla non da solo, ma con il volto e il cuore di tutta la comunità ecclesiale.
Riccardo Benotti
Nella foto, una gremita Piazza San Pietro. ( foto Vatican Media /SIR)
Pubblicato il 25 giugno 2025
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