Revenge porn e tutela minori: il progetto 3R nelle scuole
Cittadini digitali responsabili crescono grazie al progetto 3R - rispetto, responsabilità, relazioni - che il Servizio tutela minori e persone vulnerabili e l’Ufficio scuola della diocesi, con il coinvolgimento degli insegnanti di religione nell’ambito dei percorsi di educazione civica previsti dalla legge 92 del 20 agosto 2019, hanno portato in tre scuole superiori di Piacenza: il liceo “Gioia”, il liceo paritario “San Benedetto” e l’Istituto tecnico industriale “Marconi”. A partire da un episodio della prima stagione di “Nudes”, disponibile su RaiPlay, i 130 studenti coinvolti si sono confrontati, con l’aiuto di psicologi e avvocati dell’équipe diocesana Tutela minori, sui temi della sicurezza digitale e in particolare sul “revenge porn” (la pubblicazione di foto intime con finalità di vendetta) e sull’odio in Rete.
All'ex chiesa del Carmine l'evento conclusivo «Immagini spezzate»
Martedì 6 maggio dalle ore 10 alle 12.30 al Laboratorio Aperto, all’ex chiesa del Carmine di piazza Casali, presenteranno i video frutto della loro riflessione in una mattinata che vedrà la partecipazione del commissario capo Domizia Mazzola, in servizio al Centro operativo per la Sicurezza cibernetica di Bologna, insieme a Claudio Pocci, ispettore di Polizia Postale di Piacenza, che proporranno un approfondimento sul "revenge porn” e i rischi della Rete.
Inoltre, saranno presenti le autorità cittadine: il vescovo, mons. Adriano Cevolotto, il prefetto, dott. Paolo Ponta, per l’Arma dei carabinieri, il Ten. Col. Michele Laghi, comandante del reparto operativo di Piacenza, l’assessore comunale alle Politiche giovanili, Francesco Brianzi, la dott.ssa Manuela Rossi dell’Ufficio scolastico provinciale. La data scelta non è casuale in quanto il 5 maggio è la Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia. Ognuna delle sette classi che hanno partecipato al progetto, con ii rispettivi insegnanti di religione, accompagnati quel giorno anche dai dirigenti scolastici, porterà il proprio manifesto per una comunicazione responsabile, sotto forma di un video intorno a una parola chiave su cui si sono concentrati e che vogliono offrire come loro contributo attivo e propositivo per stare in rete in modo tutelato e tutelante per se stessi e per i loro contatti.
Il progetto 3R è «made in Piacenza»
Dopo l’impegno a formare insegnanti ed educatori, il Servizio tutela minori debutta dunque con un lavoro rivolto espressamente agli adolescenti, tutto “made in Piacenza”. Ne abbiamo parlato con Chiara Griffini, responsabile nazionale e diocesana del Servizio, intervenuta in classe in qualità di psicologa insieme al collega Francesco Sichel; per il contributo legale sono intervenuti gli avvocati Barbara Sgorbati e Massimo Brigati.
— Dalla formazione degli insegnanti ai giovani: perché questa svolta?
Il “revenge porn” e i reati connessi alla Rete vedono una quota, in aumento, di coinvolgimento di minori. Dopo anni di impegno a formare gli adulti chiamati a educare alla responsabilità e al rispetto, ci siamo chiesti come affrontare direttamente questi temi con i ragazzi e le ragazze. Speriamo di aver generato competenze che permettano loro di sfruttare le potenzialità del digitale, senza venire meno a quei requisiti fondamentali che una relazione - sia nel reale che nel virtuale - richiede.
— Quindi non solo un catalogo di “no”...
Il protagonismo in Rete ai ragazzi non glielo dobbiamo togliere. Educare alla tutela vuol dire tirar fuori, “exducere”, e ”conducere”, cioé accompagnare a essere consapevole, perché tu possa compiere la tua strada con tutti gli strumenti migliori per esprimere il meglio di te, anche nel digitale.
Questo non significa solo risparmiare ai ragazzi di entrare in un reato - che è sicuramente una cosa buona, oltre che un costo sociale in meno -, ma è anche formare dei cittadini digitalmente responsabili.
Nella foto Ufficio Stampa Rai, la locandina dell'episodio "Vittorio” della prima stagione della serie "Nudes”, su cui hanno lavorato gli studenti.
— Che feedback hai avuto? Cosa li ha colpiti?
Due aspetti in particolare. Il primo è l’importanza di avere vicino qualcuno che ti mette di fronte a chi sei veramente. Nell’episodio di “Nudes” sulla storia di Vittorio (liceale di famiglia bene, popolare, che durante una festa filma una ragazza che l’ha respinto in atteggiamenti intimi con un altro e posta il video sui social, nda) è Costanza, la ragazza del protagonista: gli vuole bene davvero, è la sola che ha il coraggio di metterlo davanti alle sue responsabilità. Soprattutto, lo fa riflettere sul fatto che, col suo gesto, ha rotto la fiducia. Questo è emerso forte nei ragazzi: dietro alla violenza, e anche alla violenza on line, c’è sempre una fiducia tradita, che poi è difficile ricostruire.
— E l’altro aspetto?
Il rapporto con i genitori. I ragazzi hanno sottolineato l’atteggiamento diseducativo - hanno usato proprio queste parole - della mamma di Vittorio nel volerlo proteggere e scagionare a tutti i costi. Benché donna, non ha empatizzato con Marta, la vittima che Vittorio ha violato. Questa madre - hanno rilanciato le studentesse - che immagine della femminilità trasmette al figlio maschio?
Una violenza gruppale che non è meno grave di quella compiuta nella realtà
— Nei femminicidi vittime e autori sono sempre più giovani. Anche un’immagine “uccide”?
Certo. Non è perché non c’è il contatto fisico che è meno grave. Nella realtà Marta alla fine è potuta scappare, ma dall’immagine che Vittorio ha postato non si è potuta difendere in alcun modo, fino a farle pensare al suicidio.
Un’immagine rimane e nemmeno l’autore può controllarla: gira, viene ripostata, commentata, può finire nelle mani sbagliate, per non parlare dei rischi aperti dall’intelligenza artificiale. Da violenza personale diventa violenza gruppale, sociale.
Se ci pensiamo, anche nella quotidianità ogni nostra azione ha ricadute non solo sulla relazione con una singola persona, ma coinvolge tutte le altre relazioni. Ciò vale ancor più nell’on line, anche quando non si parla di reati. Siamo in un sistema di relazioni: una parola, un like, il ripostare un’immagine non è un gesto neutro, è sempre una presa di posizione.
— La madre di Vittorio fa discutere. E il padre?
Le ragazze hanno evidenziato moltissimo la responsabilità delle madri di figli maschi. Io ho fatto vedere anche l’effetto dell’assenza di una figura paterna con la quale identificarsi, un modello maschile che dia regole, metta di fronte alle responsabilità. È un tema del nostro tempo.
Chiara Griffini, responsabile diocesana e nazionale del Servizio Tutela minori e persone vulnerabili nella foto Calvarese/SIR.
Il desiderio: continuare nelle scuole e aprire alle parrocchie
— Il progetto avrà una seconda edizione?
Il desiderio è continuarlo nelle scuole e magari portarlo nei gruppi adolescenti delle parrocchie. L’approccio multidisciplinare psicologi-avvocati è stato prezioso per affrontare un tema complesso e delicato da punti di vista diversi.
Ci piacerebbe coinvolgere partner della società civile, la sezione di Piacenza della Polizia postale, le forze dell’ordine del territorio.
— Il progetto ha coinvolto classi di terza e quarta Superiore. Non bisognerebbe parlarne prima?
Lavorare con i ragazzi delle Medie sarebbe bello, ma richiede un lavoro parallelo con le famiglie. In quella fascia d’età la presenza del genitore è ancora più determinante, anche rispetto all’uso e alla concessione del cellulare, piuttosto che di altri strumenti.
— Anche perché non avrebbero neanche l'età per iscriversi ai social...
Sì, ci vogliono 14 anni. È chiaro che se hanno un social prima è perché lo aprono con l’aiuto di un genitore o falsando l’età. I ragazzi sono abili anche in questo.
Barbara Sartori
La foto all'inizio dell'articolo è di Siciliani-Gennari/SIR.
Pubblicato il 3 maggio 2025
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