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Lettera aperta dei Vescovi al Governo e al Parlamento sulle Aree interne

VescoviBenevento

Anche mons. Cevolotto all’incontro svoltosi a Benevento. I Presuli invitano
ad uno sguardo nuovo verso le zone minacciate dallo spopolamento e dalla crisi

I Vescovi italiani chiedono in una “Lettera aperta al Governo e al Parlamento italiano” in uno spirito di serena collaborazione uno sguardo nuovo sulle Aree interne del Paese.
A Benevento il 25 e il 26 agosto si sono radunati in rappresentanza di diverse regioni d’Italia insieme al cardinal Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana. Fra i partecipanti, anche il vescovo di Piacenza-Bobbio mons. Adriano Cevolotto.

La Lettera è stata firmata al momento da 139 tra cardinali, arcivescovi, vescovi e abati.
Sotto la lente, i problemi di zone in preda allo spopolamento e alla crisi, minacciate da un declino che potrebbe sembrare inarrestabile. Di fronte al quadro delineato dal recente “Piano strategico nazionale delle Aree interne”, le Chiese locali chiedono una nuova narrazione sulle Aree interne che lasci emergere una visione qualitativa delle storie, della cultura e della vita di certi luoghi. Indicano anche percorsi e piste di azione concrete perché queste zone non vengano abbandonate.
La “Lettera aperta” verrà consegnata all’Intergruppo Parlamentare “Sviluppo Sud, Isole e Aree Fragili”.

I Vescovi, mossi da preoccupazione pastorale, invitano dunque Governo e Parlamento a un dialogo sereno e costruttivo. Nell’aprile scorso un significativo gruppo di Vescovi delle Aree interne, fra cui anche mons. Cevolotto, era stato ricevuto al Quirinale dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Non si può pensare alle Aree interne - sintetizziamo alcuni passaggi del documento - con lo stesso spirito con cui ci si pone al capezzale di un morente. Oltre che segno di grave miopia politica, sarebbe un torto fatto alla Nazione intera: un territorio non presidiato dall’uomo è sottoposto a una pressione maggiore delle forze della natura, con il rischio di favorire nuovi e sempre più vasti disastri ambientali e di perdere parte di quell’immenso patrimonio artistico-architettonico che fa dell’Italia intera un museo a cielo aperto.

Il “Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne” - prosegue il testo - delinea il quadro di una situazione allarmante, soprattutto per il calo demografico e lo spopolamento, ritenuti una condanna definitiva. In sostanza, si ritiene che la popolazione crescerà solo in alcune grandi città e in località particolarmente attrattive.

Che fare? La Chiesa si sta muovendo. La Caritas italiana, ad esempio, sta avviando un coordinamento nazionale per le aree interne per sostenere progetti che promuovano la coesione sociale e favoriscano la permanenza dei giovani sul territorio. Numerosi, a questo proposito, sono anche gli interventi realizzati con il contributo dei fondi dell’8xmille. Al mondo politico si chiede di incoraggiare il controesodo con incentivi economici e riduzione delle imposte, di promuovere smart working e co working, innovazione agricola, turismo sostenibile, valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, piani specifici di trasporto, recupero dei borghi abbandonati, co-housing, estensione della banda larga, servizi sanitari di comunità, telemedicina.

Di seguito il testo della Lettera aperta al Governo e al Parlamento.

Uno sguardo diverso

Lettera aperta al Governo e al Parlamento

Nella difficile fase in cui siamo immersi è indubbio che nel Paese si stia allargando la forbice delle disuguaglianze e dei divari, mentre le differenze non riescono a diventare risorse, tanto da lasciare le società locali - e in particolare i piccoli centri periferici - alle prese con nuove solitudini e dolorosi abbandoni. Sullo sfondo, assistiamo alla più grave eclissi partecipativa mai vissuta. S’impone, dunque, una diversa narrazione della realtà, capace nel contempo di manifestare una chiara volontà di collaborazione e di sostegno autentico ed equilibrato, al fine di favorire le resistenze virtuose in atto nelle cosiddette Aree Interne, dove purtroppo anche il senso di comunità è messo a rischio dalle continue emergenze, dalla scarsa consapevolezza e dalla rassegnazione.

La recente pubblicazione del Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne, che aggiorna la Strategia Nazionale per questi territori, delinea per l’ennesima volta il quadro di una situazione allarmante, soprattutto per il calo demografico e lo spopolamento, ritenuti nella sostanza una condanna definitiva, tale da far scrivere agli esperti che «la popolazione può crescere solo in alcune grandi città e in specifiche località particolarmente attrattive» (p. 45).
Nel testo, vengono a un certo punto indicati alcuni obiettivi che, però, per la stragrande maggioranza delle aree interne, risultano irraggiungibili per mancanza di «combinazione tra attrattività verso le nuove generazioni e condizioni favorevoli alle scelte di genitorialità» (ivi).
Sono molti gli indicatori che fanno prevedere all’ISTAT un destino delle aree interne che, sotto tanti aspetti, sarebbe definitivamente segnato, al punto che l’Obiettivo 4 della Strategia nazionale s’intitola: «Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile». In definitiva, un invito a mettersi al servizio di un “suicidio assistito” di questi territori. Si parla, infatti, di struttura demografica ormai compromessa, «con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività. Queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse». In sintesi, il sostegno per una morte felice.
In questo quadro complesso - e preoccupante! -, la comunità ecclesiale resta una delle poche realtà presenti ancora in modo capillare sul territorio nazionale. Già nel maggio 2019 i vescovi della Metropolia beneventana sottoscrissero un documento (Mezzanotte del Mezzogiorno? Lettera agli Amministratori) che metteva a fuoco il persistente e grave ritardo nello sviluppo delle cosiddette “aree interne”.
Prese avvio allora un percorso che ha avuto i suoi sviluppi. Via via s’è andata difatti manifestando in maniera crescente anche l’esigenza di mettere a fuoco la questione da un punto di vista più strettamente pastorale: è per questo che, dal 2021 ogni anno, a Benevento, s’incontrano vescovi provenienti da tutte le regioni d’Italia al fine di avviare un confronto con l’obiettivo, se non di enucleare una pastorale per le aree interne, almeno di abbozzarne qualche linea.
Va inoltre precisato che la stessa Caritas italiana, facendo seguito alle richieste delle Caritas diocesane, sta avviando un coordinamento nazionale per le aree interne, pure con l’intento di sostenere le realtà territoriali nell’elaborazione di progetti che promuovano la coesione sociale e favoriscano la “restanza”, ovvero la possibilità concreta per le persone, soprattutto i giovani, di scegliere di rimanere e costruire il proprio futuro nei luoghi in cui sono nati: un lavoro frutto di un processo dal basso, fondato sull’ascolto dei bisogni e sulla mappatura partecipata delle risorse locali.
Anche diversi interventi promossi con i fondi dell’8xmille testimoniano questa attenzione concreta: attivazione di una rete d’infermieri e operatori sociosanitari di comunità, servizi di taxi sociale, valorizzazione delle risorse esistenti per favorire occupazione e imprenditorialità locale.
Come vescovi e pastori di moltissime comunità fragili e abbandonate, quindi, non possiamo e non vogliamo rassegnarci alla prospettiva adombrata dal Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne; risuonano anzi ancor più forti, dentro di noi, le parole del profeta: «Figlio dell’uomo, ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele» (Ezechiele 3,17). Non possiamo del resto non considerare come, nel corso degli anni, documenti e decreti governativi e regionali siano finiti in un ingorgo di dispositivi legislativi per lo più inapplicati, non di rado utili soltanto a consolidare la distribuzione di finanziamenti secondo logiche politico-elettorali, mettendo spesso le piccole realtà in contrasto tra loro e finendo per considerare come progetti strutturali piccoli interventi stagionali.
Chiediamo perciò che venga esplorata con realismo e senso del bene comune ogni ipotesi d’invertire l’attuale narrazione delle aree interne. Sollecitiamo le forze politiche e i soggetti coinvolti a incoraggiare e sostenere, responsabilmente e con maggiore ottimismo politico e sociale, le buone prassi e le risorse sul campo, valorizzando un sistema di competenze convergenti, utilizzate non più per marcare differenze, ma per accorciare le distanze tra le diverse realtà nel Paese. Chiediamo altresì di avviare un percorso plurale e condiviso in cui gli attori contribuiscano a costruire partecipazione e confronto così da generare un ripopolamento delle idee ancor prima di quello demografico.
Riteniamo, inoltre, che si debba ribaltare la definizione delle aree interne, passando da un’esclusiva visione quantitativa dello spazio e del tempo - in cui è ancora il concetto di lontananza centro-periferia a creare subalternità - a una narrazione che lasci emergere una visione qualitativa delle storie, della cultura e della vita di certi luoghi: si favoriscano esperienze di rigenerazione coerenti con le originalità locali e in grado di rilanciare l’identità rispetto alla frammentazione sociale; s’incoraggi il controesodo con incentivi economici e riduzione delle imposte, soluzioni di smart working e co working, innovazione agricola, turismo sostenibile, valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, piani specifici di trasporto, recupero dei borghi abbandonati, co-housing, estensione della banda larga, servizi sanitari di comunità, telemedicina.
In questi luoghi in cui la vita rischia di finire, essa può invece assumere una qualità superiore: guardarli con lo stesso spirito con cui ci si pone al capezzale di un morente sarebbe - oltre che segno di grave miopia politica - un torto fatto alla Nazione intera, poiché un territorio non presidiato dall’uomo è sottoposto a una pressione maggiore delle forze della natura, con il rischio – per nulla ipotetico – di favorire nuovi e sempre più vasti disastri ambientali, senza contare il rischio della perdita di parte di quell’immenso patrimonio artistico-architettonico che fa dell’Italia intera un museo a cielo aperto.
Ci auguriamo che queste nostre riflessioni, frutto di esperienze maturate sul campo, che offriamo in spirito di serena collaborazione, siano fatte oggetto di attenta riflessione da parte del Governo e del Parlamento. Per questo, saremmo lieti di poter esporre le nostre riflessioni in un dialogo sereno e costruttivo, qualora ciò si ritenesse opportuno.
Con vivissima cordialità.

Qui il comunicato ufficiale della Conferenza episcopale italiana con il nome di tutti i firmatari.

Nella foto, i Vescovi presenti all’incontro di Benevento dedicato alle Aree interne del Paese e svoltosi il 25 e 26 agosto; in seconda fila, al centro, mons. Cevolotto.

Pubblicato il 26 agosto 2025

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