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«Non facciamo morire la speranza nei giovani»

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Mons. Cevolotto ha aperto a Bobbio e a Piacenza il Giubileo. Fra i presenti in Duomo, anche due detenuti del carcere delle Novate

 


La speranza non è l’ottimismo e neppure un’illusione. È invece un cammino possibile in un mondo che non ha chiuso il Cielo, cioè che non ha escluso Dio dal proprio orizzonte. È in sintesi il messaggio lanciato dal vescovo mons. Adriano Cevolotto alla messa di apertura del Giubileo al mattino nella Concattedrale di Bobbio e nel pomeriggio in Cattedrale a Piacenza. L’Anno Santo, a cui il Vescovo ha dedicato la Lettera “Finché c’è speranza c’è vita”, consegnata ai partecipanti alla celebrazione, è contrassegnato dal tema “Pellegrini di speranza”, voluto da papa Francesco.
A Piacenza la celebrazione ha preso nella basilica di Sant’Antonino; dopo la processione lungo via Chiapponi, il Vescovo, giunto sul sagrato della Cattedrale, ha mostrato ai presenti la Croce del Giubileo.
All’omelia, nel parlare di speranza, in una Cattedrale stipata di gente, mons. Cevolotto ha citato un articolo apparso sul quotidiano Avvenire a firma del cardinal Tolentino de Mendonça,
prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione. Attenzione - ha detto - a “non inflazionare e svuotare il contenuto di quella virtù - la speranza - che è chiamata, con la fede e la carità, teologale, perché rappresentano il fondamento su cui ruota la vita battesimale”.

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Le parole di una detenuta
Mons. Cevolotto ha fatto proprie le parole con cui una detenuta del carcere delle Novate l’ha accolto alla messa di Natale: “Dio viene a visitarci sempre e ovunque ci troviamo, nonostante tutto, s’incarna nelle nostre storie, ci raggiunge anche qui, tra le macerie delle nostre vite drammatiche, sofferenti, povere, di lutto”. L’incontro con Lui - aggiungeva la detenuta -, se avviene realmente nel nostro cuore, elimina ogni buio facendo di nuovo splendere la luce. Questo incontro “segna un «prima» e un «poi», così da poter dire, davvero, che oggi, anzi da oggi, è Natale!”. Il frutto di quell’incontro con Dio - ha sottolineato il Vescovo - è la nascita della speranza che ci aiuta a fare verità su noi stessi: non dobbiamo nasconderci nulla - le scelte fatte, le nostre abitudini - e assumerci le nostre responsabilità senza volerci autogiustificare. Questo percorso di verità conduce anche a vivere la bellezza del sacramento della riconciliazione, nel quale incontriamo una Verità che ci rende liberi. Questo Dio, a cui consegniamo il nostro passato, apre il nostro domani a ciò che non pensavamo che fosse possibile. “Il bello di noi - sono le parole del Vescovo - deve ancora venire”.

Una speranza per i giovani
La speranza va custodita, soprattutto pensando alle nuove generazioni. Anche nell’omelia di Natale mons. Cevolotto aveva rivolto la sua attenzione ai giovani: se chiudiamo il Cielo, se mettiamo Dio in un angolo, “rischiamo seriamente - ha ribadito - di far morire in loro la speranza. Ce lo stanno ripetendo in diversi modi. I messaggi di preoccupazione che ci arrivano riguardano un futuro incerto e minacciato; sono relativi alle risorse del pianeta; sono motivati dalle distruzioni che i conflitti stanno procurando e dai solchi che si stanno scavando tra le nazioni e i popoli”.


Come vivere il Giubileo?
Il cammino del Giubileo è fatto di esperienze da vivere: “il pellegrinaggio; tempi e luoghi della fede da ricercare e da abitare con calma; opere di carità attraverso le quali l’amore di Cristo agisce”. Nella Lettera consegnata ai presenti, poi, mons. Cevolotto ha approfondito il significato dell’indulgenza che si potrà ricevere e invocare per i defunti.

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Il Giubileo è per tutti

Il percorso aperto dal Giubileo è universale, cioè è per tutti, nessuno escluso, piccoli e anziani, abbraccia tutto il mondo, tutte le lingue e le culture. La sua proposta, perciò, non è circoscritta a un orizzonte intraecclesiale, guarda la società intera. Non a caso alla messa di apertura in Cattedrale erano rappresentate, su invito del Vescovo, tutte le realtà della città e del territorio: civili e militari, il mondo associativo, il volontariato, comprese - ha aggiunto mons. Cevolotto - “quelle persone che per vari motivi vivono ai margini, a ricordarci che tutti devono sentirsi invitati e partecipi di questo cammino”.
Tra i presenti in Cattedrale, anche due detenuti delle Novate, grazie al permesso del magistrato di sorveglianza e della direzione del carcere, insieme ai volontari che operano nella struttura e ad agenti della Polizia penitenziaria. Nell’assemblea, anche volontari e operatori della Caritas insieme a persone sostenute dagli aiuti dell’organismo diocesano.
La conclusione il Vescovo l’ha affidata ancora alle parole della detenuta: “ciascuno, oggi e da oggi, possa dire il proprio ed incondizionato «sì» a Dio, nella felicità, letizia e vera gioia che nasce dal riconoscersi peccatori, ma perdonati e amati. Dio farà parte della nostra storia non perché la muta ma perché interviene e la convoglia al bene”.
La celebrazione, coordinata dal cerimoniere vescovile Dario Carini, è stata animata dai canti del Coro della Cattedrale diretto da Elisa Dal Corso e Matteo Cè; all’organo, il maestro Federico Perotti. Al termine, il vicario generale don Giuseppe Basini ha espresso a nome della diocesi le condoglianze al Vescovo per la morte della madre Carla. All’esterno si è svolto poi un momento di fraternità grazie agli Alpini.

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L'omelia del Vescovo in apertura dell'Anno Giubilare

“Pellegrini di speranza”. Da quando papa Francesco ci ha consegnato il tema per l’Anno giubilare, tutti abbiamo colto quanto la scelta fosse ispirata e quindi l’urgenza di porre l’attenzione sulla speranza. A motivo, potremmo dire, proprio della sua debolezza. Essa, come è stato sottolineato, è ‘sinonimo della vita stessa’: è la speranza che dà vita alla vita. Se è così, allora la speranza è per tutti, è di tutti. È la qualità umana che trascende l’umano e ogni presente. In questo anno sarà doveroso non inflazionare il termine e svuotare il contenuto di quella virtù che è chiamata, con la fede e la carità, teologale, perché rappresentano il fondamento su cui ruota la vita battesimale.

Combattere la banalizzazione

Tra i molti contributi sul tema ho trovato suggestive le parole del card. Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione, che invita a “combattere la banalizzazione di una speranza che […] si proponesse di darci tutto senza chiederci nulla”. Il futuro che ci viene incontro nella speranza esige il coraggio di crederci e la disponibilità ad abbandonare i legami con il passato. Perché la speranza non è ottimismo né illusione. Bisogna camminare verso la speranza. E il Cardinale aggiunge: “La speranza è capace di instaurare un futuro perché attraversa ad occhi aperti il cuore del presente senza sfuggire alla sua dimensione crocifiggente” (Avvenire, 24.12.24). È quello che ho trovato nelle parole che una detenuta del nostro carcere mi/ci ha rivolto all’inizio della messa di Natale: “Dio viene a visitarci e donarsi, sempre e ovunque ci troviamo, nonostante tutto, si incarna nelle nostre vite e storie, ci raggiunge anche qui, tra le macerie delle nostre vite drammatiche, sofferenti, povere, di lutto. […] è quell’incontro con Lui che auguriamo avvenga nel cuore di ognuno ed elimini ogni buio, facendo tornare a risplendere la luce; segni un “prima” e un “poi”, così da poter dire, davvero, che oggi, anzi da oggi, è Natale!”. La speranza è una luce tra le macerie delle nostre esistenze, guardate e attraversate “ad occhi aperti”.

È la verità che ci rende liberi

Queste considerazioni ci conducono al legame tra il Giubileo e la speranza: la verità di noi, delle nostre relazioni con gli altri e con il mondo, con le cose, con i beni, permette alla Grazia di generare speranza, futuro. Fare verità per far sorgere la speranza. Lo ricordavo il mattino di Natale nella messa in Carcere che è necessario fare verità sul proprio passato. Sulle scelte fatte, sulle nostre abitudini. Assumerci le responsabilità accettando il giudizio che la Parola di Dio pronuncia su quello che abbiamo vissuto, non cadendo nel rischio di autogiustificarci. Recuperiamo il valore e la bellezza di quella verità che il Signore fa e che sfocia nel sacramento della riconciliazione. È la verità che ci rende liberi. Quando si fa strada in noi la convinzione di non avere peccati ricordiamo le parole della prima lettera di S. Giovanni: “Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità” (Prima Lettera di Giovanni 1,8-9). Questa è il passaggio obbligato per fare un’altra verità, quella che riguarda il nostro futuro. Il Signore apre il domani a ciò che non abbiamo ancora immaginato, esplorato, forse neanche considerato possibile. Nel momento in cui il nostro passato è messo nelle sue mani e nel suo cuore Egli fa intravvedere un futuro che da noi stessi riteniamo impossibile. Ce l’ha ricordato s. Giovanni: “ciò che saremo non è stato ancora rivelato” (Prima Lettera di Giovanni 3,2). Il bello di noi deve ancora venire. Lasciamoci raggiungere dalla speranza.

Un anno di grazia

Il Giubileo è uno dei momenti più densi di universalità. In questa domenica in tutto il mondo avviene il medesimo invito ad aprire la vita alla Grazia. In tutto il mondo. In tutte le lingue e culture. E per tutti, nessuno escluso. È un invito che riguarda, senza differenze, tutte le generazioni, dai piccoli agli anziani. C’è bisogno di speranza per tutti. Per questo c’è la necessità di custodire la speranza anche degli altri. Nella cura che ci è affidata, non può mancare questa dimensione. Questo Anno Santo ci raccomanda di diventare Custodi di speranza, custodi del desiderio di futuro. A diversi livelli c’è la responsabilità di non mortificare la speranza, in particolare, nelle nuove generazioni. Rischiamo seriamente di farla morire in loro. Ce lo stanno ripetendo in diversi modi. I messaggi di preoccupazione che ci arrivano riguardano un futuro incerto e minacciato; sono relativi alle risorse del pianeta; sono motivati dalle distruzioni che i conflitti stanno procurando e dai solchi che si stanno scavando tra le nazioni e i popoli. In gioco è la fiducia in un domani. Della sua stessa possibilità: il loro futuro ci è stato dato in prestito. Ma c’è una domanda più profonda, della quale in parte non c’è consapevolezza, vale a dire la ricerca di un senso che la fede dischiude. La speranza non fiorisce in un mondo senza cielo. C’è cielo sopra la nostra testa? Nel nostro cuore?
Avremo modo di percorrere i sentieri della speranza che ci verranno indicati per il Giubileo: il pellegrinaggio; tempi e luoghi della fede da ricercare e da abitare con calma, interrompendo la nostra frenesia ossessiva; opere di carità, attraverso le quali l’Amore di Cristo agisce, in una circolarità sorprendente, perché il centuplo è già presente nel dono. Nella Lettera per l’Anno santo che metto nelle vostre mani potremmo riflettere sul senso dell’indulgenza da ricevere e da invocare per i nostri defunti.
Ho voluto che in questa celebrazione fossero rappresentate tutte le realtà della città e del territorio, le autorità civili e militari, il mondo associativo, la vitalità del volontariato; che fossero rese presenti anche quelle persone che per vari motivi vivono ai margini, a ricordarci che tutti devono sentirsi invitati e partecipi di questo cammino. Tutti pellegrini animati da quella “speranza che non delude” (Lettera ai Romani 5,5). C’è una speranza personale come una speranza sociale.

Concludo con un augurio preso in prestito dalla nostra sorella detenuta: lasciamoci sorprendere dal mistero di un Dio che ci cerca “a cui ciascuno, oggi e da oggi, possa dire il proprio ed incondizionato “sì”, nella felicità, letizia e vera gioia che nasce dal riconoscersi peccatori, ma perdonati e amati, certi che, indipendentemente dalle tribolazioni e prove che tutti qui attraversiamo, Dio farà parte della nostra storia non perché la muta ma perché interviene e la convoglia al bene”.

Buon Anno Santo!

Mons. Adriano Cevolotto,
vescovo di Piacenza-Bobbio

Nelle foto: in alto, nella foto di Paolo Ghiano l'apertura del Giubileo nella Concattedrale di Bobbio; sopra, la celebrazione nella Cattedrale di Piacenza (foto Pagani)

Pubblicato il 29 dicembre 2024

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