Gli anni del sogno di un giornale emiliano
Nel 1965 da Piacenza parte il progetto di una nuova “catena” di settimanali cattolici, ma i tempi sono prematuri
Don Tonini lascia la direzione del giornale nel 1953 e gli subentra il tandem Dante Formaleoni – don Giuseppe Venturini che giunge fino al 1964. Con il gennaio 1965 don Venturini darà vita ad una catena emiliana (Stampa interdiocesana cattolica) e trasferirà la sede a Parma lasciando a Palazzo Fogliani don Gianfranco Ciatti e Fausto Fiorentini.
Sono anni in cui il Paese ha già superato le tensioni del cambio di rotta dopo la caduta del Fascismo (è soprattutto con le elezioni del 18 aprile 1948), ma le consultazioni politiche del 1953 rivelano che il clima è ancora surriscaldato. Anzi, alcuni mali si stanno acutizzando come lo scontro tra cattolici (se si preferisce democristiani) e comunisti. Sono i tempi della guerra fredda. E in questo scontro il direttore Dante Formaleoni, che aveva avuto aspirazioni anche politiche in seno alla DC, rappresenta il lottatore intransigente che ribatte colpo su colpo. Ma nella redazione progressivamente si fa strada anche la figura di don Giuseppe Venturini e non tanto perché è un prete, ma soprattutto perché sta cambiando il quadro della Chiesa sia universale che locale: sono gli anni del Concilio Ecumenico Vaticano II. La grande assise viene aperta ufficialmente nella basilica di San Pietro l'11 ottobre 1962 da papa Giovanni XXIII. Alla morte del Pontefice, 3 giugno 1963, il Concilio fu continuato dal suo successore Paolo VI. Dopo quattro sessioni di lavoro venne chiuso il 7 dicembre 1965. Piacenza, per merito dell’arcivescovo Umberto Malchiodi, vive con attenzione il clima del Concilio. Sono pure gli anni che preparano i cambiamenti, anche in campo ecclesiale, che avvengono a fine anni Sessanta – primi Settanta.
Don Tonini, il futuro cardinale, dal 1° aprile 1953 è parroco a Salsomaggiore e così l’8 maggio, alla vigilia della grande consultazione, lascia ufficialmente il giornale e passa la mano ad un suo stretto collaboratore, Dante Formaleoni, che ha al fianco il giovane don Giuseppe Venturini. Il primo dirigerà la testata fino al 1963, mentre il secondo dal 1963 al 1973 (dal 1965 è, però, a Parma e le pagine piacentine sono dirette di fatto da don Ciatti); è anche un periodo in cui il settimanale è un’autentica fucina di giornalisti di successo: per tutti citiamo Domenico Del Rio, poi vaticanista di Repubblica e scrittore di rango, il linguista Ernesto Cremona, lo storico don Franco Molinari, Pierluigi Magnaschi, poi direttore dell’Ansa, Beppe Recchia, poi regista televisivo, Romano Gromi, affermato uomo di scuola, Francesco Bussi, musicologo.
Sono anni che assistono a diversi cambiamenti, ma certo la novità principale è costituita dal Concilio. Ai primi del 1963, don Venturini, assumendo la direzione del giornale, scrive: “Quello che se ne è andato (il 1962) passerà alla storia come l’anno del Concilio, una tappa del cammino della Chiesa che ha lasciato negli animi, non solo dei cattolici, profonda impressione. Non per nulla un grande giornale americano ha definito Papa Giovanni ‘l’uomo che più di ogni altro ha fatto la storia’ nel 1962. Quello che muove i primi passi è ancora un anno denso di impegni: tutta la comunità cristiana è chiamata a porsi in ‘stato di Concilio’”.
Abbiamo volutamente citato questo passaggio perchè sintetizza il clima che si sta vivendo nella redazione: grazie all’arcivescovo Malchiodi e anche ai redattori del giornale, Piacenza partecipa profondamente al clima del Concilio e quindi le parole di don Venturini non sono di maniera.
Il nuovo direttore non manca però di guardare in casa propria. “Anche nella famiglia del nostro giornale è avvenuto qualcosa di nuovo. Il dottor Formaleoni ha lasciato la direzione de ‘Il Nuovo Giornale’ per dedicarsi al potenziamento dell’impresa tipografica che rese possibili in questi ultimi anni notevoli progressi sul piano tecnico del nostro settimanale”.
Don Venturini precisa che da parte sua continuerà nel solco della tradizione precisando che farà ogni sforzo per adeguare la testata “alle nuove esigenze dei tempi progrediti”. E poi entra nello specifico: “A noi è richiesto tutto ciò che il mondo moderno attende dalla Chiesa: una testimonianza lineare della nostra fede nei valori eterni, ma anche una partecipazione sincera allo sforzo dell’umanità per rivalutare i più nobili valori terreni. E noi sappiamo quanto sia insostituibile, a questo fine, l’apporto della testimonianza cristiana. Il giornale cattolico si unisce a tutte le altre istituzioni della diocesi per rendere, nel settore specifico dell’opinione pubblica, questa testimonianza”. A proposito di Concilio, il settimanale il 12 gennaio 1963 riporta un articolo dello stesso arcivescovo Malchiodi sulla grande assise: “Ho visto la Chiesa in tutto il suo splendore”.
E giunge il 1964, anno che potremmo definire di transizione. Esteriormente cambia solo il formato, che passa a cm 36 x 52 (è imposto dalle macchine da stampa che utilizzano le risme - stampano in piano - ed hanno questo formato). La vera novità è, però, la fine della catena della SCA (Stampa Cattolica Associata). “Il Nuovo Giornale” torna ad essere solo: il numero del 4 gennaio 1964 apre con un articolo di mons. Tonini sul Papa in Terra Santa, mentre lo stesso don Venturini spiega ai lettori il particolare momento che sta attraversando la testata, un momento travagliato… “Purtroppo non siamo, noi cattolici italiani, all’altezza del nostro compito nel settore della stampa. Dobbiamo confessarlo e dobbiamo rammaricarcene”. Tuttavia riconosce che a Piacenza qualche cosa si sta muovendo, merito anche di molti sacerdoti che hanno inserito la lettura della stampa cattolica “tra i più urgenti obiettivi del loro ministero”. Merito anche dell’impegno dell’Azione Cattolica. Quello che colpisce è che dalle parole di don Venturini si intuisce che la redazione sia orientata a giocare le proprie carte con la nuova edizione tutta locale. Sembra lontana la decisione di riprovarci con la catena regionale come avverrà a fine anno.
Negli ultimi mesi del 1964 cambia però orientamento e indirizza il suo impegno verso la costituzione di una nuova catena regionale. Ecco perché, anche se il giornale per alcuni anni continuerà ad uscire con la firma di don Giuseppe Venturini, dal gennaio del 1965 di fatto il giornalista si sta muovendo verso altri orizzonti e negli anni seguenti si andrà delineando progressivamente la direzione Ciatti.