Sussidiarietà e… welfare territoriale: un confronto sul futuro dell’Europa sociale
La riflessione su “Sussidiarietà e… welfare territoriale”, è stata al centro della serata, promossa dall’Associazione Liberi, il 10 novembre, all’Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, in via Santa Eufemia. Ad aprire i lavori è stato Massimo Trespidi, consigliere comunale di Piacenza, che ha sottolineato come il tema della sussidiarietà rappresenti una chiave per leggere e governare il cambiamento sociale.
Il modello europeo di welfare e le sue sfide
A seguire, l’intervento di Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, ha dato la profondità teorica all’incontro. Presentando il rapporto della Fondazione di cui è presidente, Vittadini ha collocato la riflessione sul welfare all’interno di una prospettiva ampia: l’Europa come garante globale dei diritti sociali. “L’Europa – ha affermato – è oggi l’unico luogo al mondo dove ogni persona, indipendentemente dalla sua condizione, ha diritto alla sanità, all’assistenza, all’inclusione. Difendere questo modello significa difendere la dignità e la coesione delle nostre comunità”. Il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà ha poi posto l’accento sulle criticità strutturali che minacciano tale modello: dalla crisi demografica, con la diminuzione delle nascite e della coesione familiare, alla frammentazione dei servizi, fino all’uso inefficiente delle risorse pubbliche.
“La situazione è difficile e sfavorevole – ha avvertito – ma possiamo invertire la rotta solo se mettiamo la persona al centro, superando un approccio ‘offertista’ e costruendo una governance che coinvolga tutti gli attori del territorio”. Tra le proposte chiave del rapporto: la presa in carico personalizzata dei cittadini e il superamento della frammentazione dei servizi; una co-programmazione tra pubbliche amministrazioni e terzo settore; e investimenti nel capitale umano, nella formazione e nella lettura dei bisogni reali.
“Non basta spendere - ha concluso Vittadini - bisogna sapere perché e per chi si spende”.
Delrio: “Riformare il welfare partendo dalla verità”
Il senatore Graziano Delrio ha raccolto la sfida lanciata dal rapporto con un intervento realistico, invocando una riforma profonda e stabile del welfare italiano. “Non possiamo più nasconderci dietro i bonus o le misure tampone. Il sistema è frammentato, medicalizzato, e spesso dimentica la persona. Dobbiamo dire la verità: ci sono 4 milioni di italiani in stato di bisogno e non possiamo affrontare tutto con strumenti emergenziali”. Delrio ha denunciato l’eccessiva medicalizzazione del sistema sanitario, che cura la febbre ma non il malato, e ha richiamato l’importanza di una prevenzione fondata sull’educazione, sugli stili di vita e sulla comunità. Ha poi rilanciato il modello delle Case di Comunità come presìdi territoriali dove volontariato, medici, infermieri e terzo settore lavorano insieme contro l’isolamento sociale.
“La solitudine – ha detto – non si cura con una medicina, ma con relazioni umane. Un panettiere che avverte l’infermiere di comunità perché l’anziano del quartiere non si vede da tempo, è più utile di mille protocolli”.
Il senatore ha infine auspicato riforme strutturali e non temporanee, citando l’esempio dell’assegno unico familiare, e ha proposto di decentralizzare i fondi per il welfare ai comuni, che conoscono meglio i bisogni delle persone.
Foti: “Serve uno Stato più presente e una politica più responsabile”
A chiudere il dibattito, l’intervento di Tommaso Foti, ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e per il PNRR. Il ministro ha offerto una riflessione di taglio politico ed economico, sottolineando la necessità di un cambio di mentalità e di una presenza più efficace dello Stato. “La politica – ha affermato – è troppo spesso illimitata nelle parole e limitata nei fatti. Serve una leadership che torni a educare, a costruire visione”.
Foti ha toccato temi cruciali come il declino demografico, definito “l’inverno della nostra civiltà”, la solitudine urbana, e la cattiva gestione dei fondi europei, spesso spesi male o solo parzialmente.
“Non è un problema di risorse – ha spiegato – ma di costruzione e di capacità amministrativa. Non possiamo continuare a riprogrammare fondi per dimostrare che li abbiamo usati”. Critico verso le privatizzazioni “all’italiana”, il ministro ha invocato un ritorno a uno Stato che sia “amministratore, non gestore”, capace di garantire qualità nei servizi pubblici e di non delegare tutto a soggetti terzi. Tra i nodi più urgenti ha citato la povertà educativa, la fuga del personale sanitario all’estero e la necessità di una governance territoriale più snella, affidata ai sindaci per le aree interne. “Non possiamo più permetterci di sprecare talento e risorse. La prossima legislatura - ha concluso Foti - dovrà essere quella delle decisioni vere, non dei rinvii”.
Riccardo Tonna
Nella foto, Foti, Trespidi, Delrio e Vittadini al tavolo dei relatori.
Pubblicato l'11 novembre 2025
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