Menu
logo new2015 ok logo appStore logo googleStore

Don Chiapparoli: bisogna comprendere che «la distanza» è uno spazio vitale

chiapparoli

“Anche in Gesù facciamo esperienza della distanza. Nel suo essere maestro manifesta la sua sapienza non quando ci avvicina, ma quando ci immerge nel mistero della croce… Dobbiamo aspettare il compimento della risurrezione per avere una risposta completa”. È una delle riflessioni raccontate da don Paolino Chiapparoli per spiegare la sua ultima opera letteraria: “Custodire la distanza” (Piacenza, Edizioni Lir 2022; euro 9,00). La presentazione del libro, il 21 dicembre nella Sala delle Colonne della curia vescovile, si è svolta con le domande all’autore da parte della giornalista Barbara Tondini che ha saputo cogliere nel segno la profondità del testo.
La Libreria Berti di Piacenza e il Servizio Diocesano per la Cultura e l’Università, promotori di questa presentazione, hanno voluto dare un servizio alla cittadinanza per cogliere un significativo approfondimento culturale.

Nutrirsi dell’attesa

“Sono riflessioni uscite questa estate - ha affermato Chiapparoli - e condivise con altre persone, da camminate sulle nostre colline nel vedere le cose da lontano e apprezzare il valore della distanza”. Si tratta di comprendere - secondo l’autore - non l’immediatezza del raggiungimento di una cosa che ci attira, ma stimare e nutrirsi dell’attesa…
Chiapparoli ha evidenziato come esempio per capire la distanza, la differenza nel rapporto amoroso, tra l’amplesso carnale totalizzante e il corteggiamento che si fonda sulla dimensione dell’attesa, sempre edificante, mentre il raggiungimento immediato della soddisfazione sessuale potrebbe diventare una violenza, e un mero piacere.

Non riempire il vuoto dell’attesa

Il testo vuole sottolineare come la distanza non è mai ferma, è disseminata di segni e il vuoto non è una cosa negativa. “Non si deve - ha precisato Chiapparoli - riempire il vuoto con le nostre idee con la nostra morale, ma custodire e cercare, per quanto possibile, di non buttarci dentro tutto”. Infatti il nel libro la «distanza», è definita lo spazio vitale che consente ai nostri più autentici e originari legami di respirare liberamente, contro la tentazione sempre più diffusa di vedere nell’esperienza della coincidenza e della fusione l’unica possibilità di entrare in contatto con sé stessi e con l’altro. L’autore ha affermato che custodire la distanza consente di salvaguardare quell’intercapedine di libertà che consente di valorizzare in ogni evento e in ogni incontro, esperienze significative come quella di un’autentica attesa o di un ascolto accogliente.

L’educazione alla custodia

Non sapendo quando l'alba arriverà, tengo aperta ogni porta”: è la citazione di Emily Dickinson, usata da Chiapparoli, per sottolineare l’educazione alla custodia e all’ascolto. Oggi la parola speranza, una delle virtù teologali, ha precisato l’autore sembra smontata dal suo valore pregnante, si usano altre parole come sogno, desiderio… Anche la Chiesa spesso si adegua al mondo circostante, invece è importante non usare parole vuote e la distanza non è solo spazialità. Per don Paolino bisogna riscoprire la “distanza”, che non deve essere percepita come un’entità “ostile o agonistica”, ma un elemento indispensabile e meritevole di cura.

Scoprire il valore della distanza

“La custodia della distanza - ha proseguito Chiapparoli - ha a che fare con la profondità di un umano che non si accontenta né di lasciarsi assorbire dal desiderio dell’altro e neppure di rispecchiarsi in sé stesso. La cifra del custodire porta con sé dei tratti che sembrano richiamare in modo evidente il volto del divino stesso”. La distanza è davvero un limite negativo per poter vedere o sentire? Si tratta soltanto di una mancanza da colmare, oppure ha in sé qualcosa di promettente e di necessario? Può la distanza vedere e rivelare qualcosa che la prossimità e il contatto non possono neppure immaginare? Tutti queste domande, nate nella mente di don Chiapparoli, parroco di Cortemaggiore e docente di teologia all’Università Cattolica, sono al centro delle riflessioni del libro “Custodire la distanza”, considerazioni e approfondimenti nati durante l’estate passata fra le colline della val Trebbia e della val d’Aveto, annotando passo dopo passo “piccole parole e pezzi di pensieri”.

Riccardo Tonna

Pubblicato il 23 dicembre 2022

Nella foto, da sinistra, Barbara Tondini e don Paolino Chiapparoli.

Ascolta l'audio

Sottocategorie

  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

    uslam


    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

    Ascolta l'audio

    Conteggio articoli:
    5

"Il Nuovo Giornale" percepisce i contributi pubblici all’editoria.
"Il Nuovo Giornale", tramite la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici), ha aderito allo IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.

Amministrazione trasparente