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«Da Zorro a Maradona»: la vita di un uomo che ha «scoperto» la mafia

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“Bum ha i piedi bruciati” è uno spettacolo sulla vita di Giovanni Falcone, scritto, diretto e interpretato da Dario Leone. Lunedì 19 dicembre, grazie all’impegno del Comune di Piacenza, attraverso l'assessora Serena Groppelli, in collaborazione con Libera e Avviso Pubblico è andato in scena al Teatro Gioia di Piacenza. È uno dei primi appuntamenti della rassegna “La cultura della legalità” con cui l’amministrazione comunale e l’associazione Libera intendono “far rinascere lo spirito del Festival del Diritto”.

“Perché un bambino diventa Giovanni Falcone? Probabilmente era Giovanni Falcone fin da bambino”. L’interrogativo sorge da un incontro fortuito fra Dario Leone e “Per questo mi chiamo Giovanni”, il libro di Luigi Garlando che narra ai ragazzini la vita di Falcone. La domanda riaccende un’esigenza nata molti anni prima. “Il 23 maggio 1992 (giorno della strage di Capaci, ndr) era un sabato. La mia è una famiglia enorme – afferma Leone – mezza pugliese e mezza calabrese: ogni sabato pomeriggio c’era l’usanza di ritrovarsi tutti a casa mia, in un paese del lodigiano. Quel giorno ero a Piacenza per una gara di nuoto; al mio rientro, intorno alle sei di sera, mi aspettavo di aprire la porta e trovare la solita festa, e invece trovai venti o trenta persone pietrificate davanti al televisore. Avevo 11 anni, abbastanza grande per capire cosa stesse succedendo ma allo stesso tempo troppo piccolo per capire che quella vicenda sarebbe stata la spinta verso una scelta di vita”. Nel 2015 Dario Leone invia la sceneggiatura del suo spettacolo a Maria Falcone, presidente della fondazione Falcone, che decide di concedere il patrocinio.

La scena

Un uomo e una scimmietta sono gli unici personaggi in scena. Per la precisione, Bum, la protagonista dello spettacolo, è un orango di peluche. Bum ha una caratteristica importante: i suoi piedi sono bruciati. Per spiegare il motivo bisogna fare un passo indietro e raccontare la storia dall’inizio. A questo punto il nastro si riavvolge e Dario Leone si immerge nell’atmosfera, nei suoni e nelle tradizioni della Palermo del 1939. Lo fa in un modo talmente totalizzante, a tratti panico, da riuscire a portare con sé l'intero uditorio, impietrito. La storia comincia al civico 1 di via Castrofilippo dove, il 18 maggio, nasce Giovanni – tutti i personaggi sono menzionati nel copione col solo nome – che poi crescerà nel quartiere arabo della Kalsa. A scuola Giovanni ha due amici molto diversi: uno è Pasquale, avversario fisso a pingpong, l’altro è Paolo, inseparabile compagno a calcetto. Dall’altra parte, però, c’è un gruppetto di bulli che lo prende di mira. Giovanni allora immagina di essere Zorro e combatte le ingiustizie, è convinto che “non esistono uomini invincibili”.

Falcone come Maradona

Il Falcone di Leone, da uomo normale, appare prima come un eroe e poi come un fuoriclasse. Sono le immagini di Messico ‘86 quelle che appaiono sullo sfondo, Argentina-Inghilterra, il goal del secolo. Sei avversari scartati prima che il pallone superi la linea bianca. “Lei è bravo come Maradona, per fermarla bisogna farle lo sgambetto”, si sentì dire Giovanni da un vecchio capo mafioso. A quel punto tra Falcone e la mafia la sfida è all’ultimo dribbling. “El Diez” ne scarta tanti, da Rosario a Pasquale, poi arriva il lampo di genio, la “Mano de Diós”: Tommaso Buscetta “don Masino” è un boss ormai impotente, vive in Brasile e da lontano è costretto ad assistere allo sterminio della sua famiglia da parte del clan dei Corleonesi. Giovanni gli offre l’occasione di vendicarsi attraverso la legge. Don Masino allora inizia a parlare e va avanti per giorni, racconta per filo e per segno i dettagli, elenca dal primo all’ultimo i nomi, svela la gerarchia di quell’organizzazione chiamata “Cosa nostra” che ha tante cosche e una sola cupola, al cui vertice c’è il “Capo dei Capi”. Intanto la mafia sgambetta tutti i compagni di squadra di Giovanni: prima Pio, poi Carlo Alberto, Rocco, Beppe e Nino. Restano due compagni di squadra. Uno di questi, però, a volte dà l’impressione di voler abbandonare il campo e perdere a tavolino. Giovanni e Paolo non mollano, e in tempi record scrivono un librone di 600mila pagine, che costringono 475 “uomini d’onore” a presentarsi in un’aula di tribunale per difendersi dall’accusa di associazione mafiosa. È una partita strana, anziché 90 minuti dura 23 mesi, anziché 11 avversari Giovanni ne ha davanti 475: alla fine l’arbitro – che è un giudice con la barba – si pronuncia: Condannato, condannato, condannato. 2.765 anni di pena da scontare, Giovanni supera Maradona.

Lo sgambetto

Ma il calcio si trasforma in una corsa a ostacoli, e la mafia continua a tentare lo sgambetto con una tattica efficacissima: le calunnie, che isolano ancora di più Giovanni. È sempre più solo. La sua “squadra” viene smontata prima dagli attentati e poi da decisioni insindacabili. Per fare lo sgambetto a Giovanni Falcone, Totò Riina riempie con cinque quintali di tritolo un tunnel che passa sotto l’autostrada A29 che collega l’aeroporto di Punta Raisi con Palermo. Dieci dei suoi uomini migliori sono coinvolti in un’operazione estremamente complicata e delicata. Il 23 maggio 1992 il piano riesce alla perfezione.

Bum ha i piedi bruciati

Gli occhi si chiudono e in un istante la scena si sposta di nuovo sull’uomo seduto alla sinistra del palcoscenico. “A quell’epoca io alimentavo la mafia. Un signore con gli occhiali da sole si presentava ogni mese nel mio negozio. La domanda era sempre quella: ‘È pronta la bambola?’. Dentro la scatola che gli consegnavo non c’era nessuna bambola. Era una tassa che dovevo pagare per stare tranquillo. Un giorno di maggio corsi all’ospedale: era appena nato mio figlio, e mentre lo tenevo in braccio in un televisore acceso trasmettevano la notizia della morte di Falcone. Sentii una domanda: ‘Come vuole chiamarlo?’, non ci pensai due volte e risposi: ‘Giovanni’. Tornato a casa pensai che con i miei soldi, forse, la mafia aveva comprato un po’ di quel tritolo. Decisi che il pizzo non l’avrei più pagato. La vendetta non si fece attendere, mentre ero dal dentista il mio negozio saltò in aria. Non rimase nulla, tranne un peluche a forma di orango che con l’esplosione sbalzò sulla strada. Era Bum, e aveva i piedi bruciati”.

Info sullo spettacolo

"Bum ha i piedi bruciati", monologo sulla vita di Giovanni Falcone, di e con Dario Leone. Regia di Dario Leone, luci e scene di Massimo Guerci, animazione di Ghila Valabrega, voce off di Emilia Scarpati Fanetti.

La rassegna

L’associazione Avviso Pubblico, che riunisce gli amministratori pubblici che si impegnano a promuovere la cultura della legalità democratica, stanzia dei fondi per i comuni le cui amministrazioni sono state minacciate dalle mafie. Da poco l’assessora alla Legalità Serena Groppelli è entrata nel consiglio direttivo nazionale, rendendo possibile anche a Piacenza una sensibilizzazione maggiore sul tema della criminalità organizzata. “Il filo rosso di questa rassegna – sottolinea Antonella Liotti, referente di Libera Piacenza – è la strage di Capaci, con una particolare attenzione alle donne vittime di mafia, spesso colpevolmente dimenticate”.

Francesco Petronzio

Pubblicato il 22 dicembre 2022

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Sottocategorie

  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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