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Fu il beato Bernardino da Feltre a fondare il Monte di Pietà

Pietro Coppelli e don Franco Fernandi

Ricordata la figura del frate francescano che combattè con vigore la piaga dell’usura

Il beato Bernardino da Feltre è legato a Piacenza perché è grazie al suo instancabile e costante impegno se nel settembre del 1490 il Monte di Pietà divenne realtà. Il francescano dei Frati Minori Osservanti ne fondò diverse (la prima a Mantova nel 1484, poi a Parma e a Rieti) di queste istituzioni, ideate e promosse dall’Ordine francescano per sottrarre le classi più povere alle angherie degli usurai attraverso la concessione di prestiti contro pegno di oggetti.
La figura del religioso è stata al centro della conferenza che si è tenuta alla Biblioteca del Convento, quale appuntamento dei “Giovedì della Basilica” (nell’ambito delle Celebrazioni per i 500 anni di Santa Maria di Campagna promosse dalla Comunità francescana e dalla Banca di Piacenza). Relatori, Pietro Coppelli, presidente del Comitato organizzatore dei 500 anni e don Franco Fernandi, diacono.

Il dott. Coppelli ha iniziato il suo intervento proprio dal tema dell’usura, «già vivo in periodo romano, con Giustiniano che fissò scaglioni di tassi dal 4 al 12%». La liceità degli interessi venne però messa sotto accusa con l’avvento del Cristianesimo. «Ma con lo sviluppo degli affari - ha argomentato il condirettore generale della Banca - pure i cristiani, nonostante il divieto delle leggi canoniche, divennero ben presto prestatori di denaro. Anche a Piacenza si sviluppò tantissimo l’attività di credito, supportata dalla presenza di numerosi banchieri appartenenti a famiglie nobili e potenti». L’usura diventò «un vero flagello», ha spiegato il dott. Coppelli, «che coinvolse tutti i ceti sociali, ma pesando di più sui meno abbienti». Ed è qui, come già accennato, che entrano in scena i francescani con i Monti di Pietà. «Possiamo affermare - ha proseguito il relatore - che queste istituzioni sorsero basandosi sugli stessi principii che più tardi portarono alla costituzione delle banche popolari. Luigi Luzzatti (economista e propagatore delle Popolari in Italia), infatti, richiama nei suoi scritti padre Bernardino da Feltre quale modello per combattere la piaga dell’usura». Il Monte di Pietà di Piacenza poteva contare su diverse entrate, alcune derivanti da legati perpetui, altre da vitalizi e da erogazioni liberali. Vi ricorrevano in molti, ha esemplificato il dott. Coppelli, anche famiglie abbienti in cerca di liquidità da impiegare in operazioni finanziarie, che davano in pegno oggetti preziosi. Nel 1861 il Monte di Pietà di Piacenza fondò la Cassa di Risparmio, ospitandola nei propri locali ed offrendo la propria garanzia ai depositanti. Nel 1883 i due istituti si separarono e nel 1928, causa dissesti finanziari, il Monte di Pietà si fuse nella Cassa di Risparmio. Nella nostra provincia nacquero altri quattro Monti di Pietà: a Fiorenzuola, Castelsangiovanni, Castellarquato e Cortemaggiore.

Don Fernandi ha invece trattato gli aspetti più propriamente religiosi della vita di fra’ Bernardino (all’anagrafe Martino Tomitano), nato a Feltre nel 1439 (la mamma era cugina dell’umanista Vittorino da Feltre). Piccolo di statura, detto “Il Piccolino”, voce chiara, dolce, squillante, gradevole all’orecchio. Nel 1455 frequentò l’Università di Padova, Facoltà di Giurisprudenza. L’anno successivo ascoltò nella città veneta una predica del francescano osservante Giacomo della Marca e nel 1460 entrò nel convento francescano di Sant’Orsola, accolto dallo stesso Giacomo della Marca. Dopo la professione solenne venne assegnato al convento di Santo Spirito di Mantova. Si ammalò di malaria e venne inviato a Verona. Nel 1463 fu ordinato sacerdote. Durante la sua permanenza a Mantova tenne più di 300 orazioni funebri. Nel 1469 fu nominato predicatore, nel 1473 Guardiano del convento di Trento e nel 1476 Guardiano del convento di Padova.
Dell’attività come fondatore di Monti di Pietà abbiamo già detto. Da aggiungere che tentò di aprine uno anche a Firenze, ma
venne invitato dai Medici a lasciare la città. Morì a Pavia il 28 settembre del 1494 all’età di 55 anni, 38 dei quali vissuti da religioso.
Nell’occasione, è stato esposto - nella sala della Biblioteca - il saio appartenuto al beato francescano e conservato in Santa Maria di Campagna.

Il saio appartenuto al beato Bernardino da Feltre custodito in Santa Maria di Campagna

Nelle foto: in alto, da sinistra, Pietro Coppelli e Franco Fernandi; sopra, il saio appartenuto al beato Bernardino da Feltre, custodito in Santa Maria di Campagna.

Pubblicato il 18 novembre 2022

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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