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Jazz e arte: visita guidata straordinaria all'Appartamento del Cardinale

appartamento cardinal Alberoni

Visita guidata straordinaria all'Ecce Homo di Antonello da Messina e ai capolavori artistici dell’Appartamento del Cardinale: un’occasione da non perdere, che nasce dalla collaborazione tra Piacenza Jazz Club e Galleria Alberoni e che vuole offrire l’opportunità di una serata intensa all’insegna dei capolavori dell’arte e del grande jazz.

Jazz e arte

Sabato 12 novembre il gran finale della diciannovesima edizione del Piacenza Jazz Fest promosso da Piacenza Jazz Club e Fondazione di Piacenza e Vigevano poterà alla Galleria Alberoni Fabrizio Bosso, artista che, senz’ombra di dubbio, è oggi una vera e propria icona della tromba.

Proprio nell’occasione dell’ultimo evento del programma main concert del Piacenza Jazz Fest, si terrà, con inizio alle ore 19.30 dalla Galleria Alberoni, una visita guidata straordinaria all’Appartamento del Cardinale, che custodisce i più preziosi capolavori artistici della collezione alberoniana tra i quali l’Ecce Homo di Antonello da Messina. La visita guidata avrà la durata di un’ora e terminerà per permettere ai visitatori in possesso del biglietto di accedere al concerto del Fabrizio Bosso Quartet Whit Strings.

Prenotazione obbligatoria

Il biglietto di ingresso per la visita guidata è di 8 euro.
I possessori del biglietto del concerto di Fabrizio Bosso potranno accedere con ingresso ridotto di 6 euro.

Per poter partecipare alla visita guidata è necessario prenotarsi ai seguenti recapiti: 3494575709 oppure 3349790207 - info: .

 Sala Ecce Homo

L'allestimento dell'Ecco Homo di Antonello da Messina.

L’Appartamento del Cardinale Alberoni: cosa vedere

Al Collegio da lui fondato per formare i chierici poveri che non avevano mezzi per studiare, Giulio Alberoni (1664-1752) lasciò in eredità le sue preziose collezioni d’arte che, alla sua morte, erano suddivise tra il Palazzo presso la chiesa degli Angeli Custodi e la Villa suburbana presso Sant’Agnese a Roma e il Palazzo di città, nel centro di Piacenza, nel quale Alberoni dimorò negli ultimi anni della sua vita.
Il Cardinale non visse infatti in Collegio, ma i padri Vincenziani dovevano avergli riservato tre stanze site all'angolo nord – ovest, da allora dette l’Appartamento del Cardinale, divenute progressivamente nel tempo, luogo di custodia ed esposizione del nucleo più pregiato e delicato delle opere appartenenti alla collezione alberoniana e di significativi oggetti storici legati alla figura di Giulio Alberoni, come
la poltrona del Cardinale in legno scolpito e dorato, rivestita in velluto cremisi che apre il percorso di visita.

La Sala che precede l’Appartamento e che ne costituisce una sorta di anticamera, presenta una selezione di opere a soggetto sacro realizzate prevalentemente nel XVI secolo, la maggior parte di grande formato e nella quasi totalità derivate da prototipi di grande impatto devozionale. Accanto a due pregevoli repliche di capolavori di Raffaello, la Madonna Canigiani e la Madonna del divino amore, ha inizio una vera e propria narrazione della passione con il Cristo che cade sotto la Croce, interessante dipinto su tavola, derivato da un prototipo di Luis de Morales (1509 - 1586), il Compianto su Cristo morto attribuito a Zenone Veronese (1484-1552/1554) e, in dialogo con esso, la tela monocroma con la Deposizione di Cristo nel sepolcro, derivata da una nota acquaforte di Parmigianino. L’intenso Volto di Cristo realizzato dal pennello di Andrea Camassei (1602-1649) e la Cena in Emmaus, coeva all’originale di Tiziano, completano l’ambiente.

Nella prima Sala dell’Appartamento affiancano la Pendola in legno laccato e decorata con motivi di cineseria dell’orologiaio George Clarke (notizie dal 1725 al 1740) due pendant di Luca Giordano (1632 – 1705), San Giuseppe che contempla il Bambin Gesù e Sant’Anna che insegna a leggere a Maria bambina, opere felicissime nell’intonazione cromatica, realizzate con segno vigoroso nella fase tarda della carriera di Luca. Tra gli altri dipinti esposti un bel Ritratto di Papa Clemente IX Rospigliosi eseguito da Giovanni Battista Gaulli detto il Baciccio (1639 – 1709) e un prezioso dittico su rame di Pietro Del Po (1610-1692), con la Decollazione di san Paolo e la Crocifissione di san Pietro, opere di grande raffinatezza realizzate con una qualità esecutiva degna della miniatura. Spicca nella nicchia espositiva ricavata nel vano della finestra, il San Pietro che piange, capolavoro ascrivibile a Guido Reni (1575-1642), opera tra le più significative e intense della collezione del Cardinale.
Nella raccolta del prelato non mancano dipinti di soggetto profano come la tela con Giovinezza e Vecchiaia, una meditazione sul tema della vanitas attribuita ad Angelo Caroselli (1585 – 1652) e due “bambocciate” di Michelangelo Cerquozzi (1602 – 1660).

Nella seconda Sala fa da cornice alla Scrivania e allo scrittoio da viaggio del Cardinale, il rosso porpora di tre ritratti di Giulio Alberoni: quello di un ignoto pittore italiano della prima metà del XVIII secolo, quello realizzato in ovale da un ignoto artista del secolo XVIII e derivato dal noto prototipo di Michel Ange Houasse (1680-1730) e quello di Giovanni Maria delle Piane, detto il Mulinaretto (1660-1745), vera icona del fondatore del Collegio, al cui fianco, sintesi della sua parabola biografica, sta l’allegoria alberoniana dipinta da Placido Costanzi (1690-1759), raffigurante La Giustizia e la Pace che coronano l’Innocenza che calpesta la Calunnia.
La stessa Sala espone un’intensa successione di delicate e preziosissime tavole fiamminghe e italiane fra Quattro e Cinquecento. Tra queste ultime spicca la Sacra Famiglia con san Giovannino, dipinto di grande qualità, non lontano dai modi di Luca Signorelli e attualmente assegnato al Maestro dei Putti Bizzari, recentemente identificato in Piero di Andrea da Volterra (attivo nell’ultimo quarto del XV sec.). Fra le straordinarie tavole fiamminghe ricordiamo il prezioso Cristo risorto appare alla Vergine, già attribuito a Dieric Bouts, oggi accostato ai modi di Gerard David (1460 - 1523), la Madonna con bambino della scuola di Joos van Cleve, quella attribuita al Maestro del Pappagallo (attivo nel primo quarto del XVI sec.) e la Visione di san Giovanni a Patmos di Henri Met de Bles, detto il Civetta (1480-1550).

La terza Sala dell’Appartamento è dedicata alla vera perla della collezione alberoniana: il Cristo alla colonna, uno dei più alti capolavori di Antonello da Messina (1430 – 1479 circa) con il quale l’artista rivoluziona l’iconografia del dipinto di soggetto sacro e il sentire religioso del suo tempo.

Conclude il percorso la saletta degli argenti alberoniani nella quale spiccano due straordinarie opere di Angelo Maria Spinazzi (1693 –1785/1789): l’Ostensorio in argento gemmato e dorato, tempestato da oltre seicento lucenti e sfarzose pietre preziose, una delle più fulgide espressioni dell’oreficeria tardo barocca e il Busto reliquario di san Vincenzo de’ Paoli. Accanto a esse l’elegante Madonna con il Bambino realizzata da un argentiere napoletano operante nella prima decade del XVIII secolo, l’Ostensorio a sole con lunetta, opera di un argentiere romano attivo nel primo quarto del XVIII secolo e una selezione dei più preziosi argenti liturgici settecenteschi dalla cospicua collezione del Collegio Alberoni.

In questo ambiente il posto d’onore è riservato allo straordinario dittico di Jan Provost (1462-1529) con la Madonna della fontana e il Bicchiere di fiori entro una nicchia. Le due tavole, di elevatissima qualità, la prima ispirata al Cantico dei Cantici, la seconda, che forse ne costituiva in origine il rovescio, una delle primissime nature morte della storia della pittura occidentale, sono presentate in uno spazio intimo e riservato, illuminate da una delicata luce che ne esalta la preziosità esecutiva.

Pubblicato il 9 novembre 2022

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Sottocategorie

  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

    uslam


    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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