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Santa Maria di Campagna, il pozzo dei martiri esiste

Pietro Coppelli Marco Stucchi ed Elena Montanari

Le importanti scoperte di Elena Montanari dopo gli studi e i sopralluoghi promossi dalla Banca di Piacenza. Il progetto di recupero della tomba della contessa Elena Anguissola Scotti approvato dalla Soprintendenza

«Se nella città romana i cimiteri erano ubicati fuori dalle mura per motivi igienico-sanitari, nelle epoche successive i vari ampliamenti del circolo murario li andarono ad inglobare. Fu con lavvento del Cristianesimo che, di fatto, la repulsione verso i morti cambiò. Allinterno delle chiese, infatti, erano custoditi i corpi o le reliquie dei santi, quindi era importante farsi seppellire ad sanctos, ovvero vicino ai santi. Questa pratica valeva solo per le persone ricche che potevano acquistare gli altari o le sepolture allinterno delle chiese. Il resto della popolazione veniva inumato in fosse comuni che si aprivano nelle aree verdi attorno alle chiese, anche nella pavimentazione al di sotto dei chiostri»
Così Elena Montanari ha introdotto la sua analisi storica sulla scoperta di un primitivo cimitero cristiano sotto Santa Maria di Campagna, tema dell’incontro che si è tenuto  all’interno del programma di Celebrazioni per i 500 anni della Basilica, promosse dalla Comunità francescana e dalla Banca di Piacenza nella Biblioteca del Convento. Nel suo intervento di saluto Pietro Coppelli, presidente del Comitato organizzatore dei 500 anni, ha ricordato come la Basilica di Campagna fosse non solo luogo di culto mariano, ma anche area di sepolture e sottolineato la scoperta di due elementi molto importanti da parte dell’arch. Montanari, dopo gli approfonditi studi e i numerosi sopralluoghi promossi dalla Banca: la reale esistenza del pozzo dei martiri, proprio in corrispondenza della lapide a pavimento con la scritta latina ferunt hic condi martires, e la conferma che Pier Luigi Farnese fu sepolto sotto alla sagrestia.

La ricercatrice piacentina è quindi entrata in argomento specificando che «si sa per certo che quando i francescani presero possesso della chiesa - il 10 luglio 1547 - trasportarono le ossa e i corpi dei defunti che si trovavano nella loro precedente chiesa. Entrando in Basilica si resta colpiti anche dalla pavimentazione. Per comprendere la disponibilità economica della Fabbriceria, basta pensare che la pavimentazione venne rifatta due volte. La prima nel 1566, la seconda nel 1601, ed è quella che ancora oggi vediamo. Nel contratto si legge che devono essere forniti i quadrelli e i ferri per le sepolture. Nella pavimentazione si notano le botole numerate, che sono gli unici accessi allambiente sotterraneo».

E’ quindi intervenuto Marco Stucchi per mostrare la mappa interattiva delle sepolture di Santa Maria di Campagna: un progetto multimediale che, partendo dal documento del 600, mostra dove sono posizionate le tombe del primitivo cimitero cristiano. Lo stesso Stucchi ha proiettato le immagini sferiche della Basilica, realizzate nel 2018 all’interno dell’evento Salita al Pordenone e mostrato il video in 3D realizzato per la Banca in occasione dei 500 anni del santuario mariano, in collaborazione con Elena Bastianini e Valeria Poli ed entrato a far parte del percorso di visita della Salita.

L’arch. Montanari ha poi spiegato come il sotterraneo sia suddiviso in tre parti, non comunicanti tra loro: la chiesa, la sagrestia e il coro. Davanti allingresso della chiesa sono presenti due grandi ambienti, frutto di demolizioni. Le tombe sono di forma e dimensione diverse. «Il sotterraneo della sagrestia - ha proseguito la relatrice - è nominato il cimitero dei religiosi, in quanto nel 1775 venne rifatto e ai privati vennero assegnate delle altre tombe in chiesa, in modo che quell’area fosse solo per i frati. E’ lambiente più compromesso, perché al centro è stata posizionata la macchina per laerazione forzata».

Lultimo sito è il sotterraneo del coro. «Si scende dalla botola centrale - ha concluso l’arch. Montanari - e lambiente è piuttosto angusto e molto umido. A differenza degli altri due sotterranei, lo si può percorrere solo a carponi. Durante la ricognizione ho individuato una sepoltura che non è segnata nella mappa antica, ma solo in quella recente. La botola è priva dincisione, quindi senza uno stemma o unepigrafe non è stato possibile stabilirne subito la proprietà. Nelle vecchie foto in bianco e nero sopra a quella botola era posizionato il leggio, quindi per molti anni è rimasta nascosta. Dopo aver letto il registro dei funerali dal 1671 al 1815 e aver verificato i nominativi con le iscrizioni presenti, non risulta la contessa Elena Anguissola Scotti, sepolta nel coro il 22 novembre 1715. Questa attribuzione al momento rimane unipotesi, di certo cè che la Banca di Piacenza ha presentato un progetto per il recupero della tomba e che è stato approvato dalla Soprintendenza. Non è presente una targa a ricordo della sepoltura di Pier Luigi Farnese sotto la sagrestia, ma è acclarato che vi rimase per dieci mesi. E’invece risaputa la venerazione dei Farnese per la Madonna di Campagna e, oltre alle generose offerte e lasciti, nel 1664 per volontà del Duca Ranuccio II Santa Maria di Campagna divenne chiesa palatina».

Nella foto, da sinistra, Pietro Coppelli, Marco Stucchi ed Elena Montanari.

Pubblicato il 4 novembre 2022

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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