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Il Museo Etnografico della val Trebbia ha compiuto 25 anni

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La celebrazione del 25° anniversario della fondazione del Museo Etnografico della Val Trebbia si è svolta di recente ai “Callegari” di Bobbio, sotto le fronde del grande ippocastano delimitante l’aia dell’incontro. Grande partecipazione di pubblico, inclusi il sindaco Roberto Pasquali e l’ex sindaco Vittorio Pasquali. 

Per la Festa del Museo (seconda domenica di giugno) il borgo si anima con iniziative culturali, musiche e danze delle Quattro Province, degustazioni di prodotti tipici e mostre. 

Clou di quest’anno è stata la celebrazione di Giorgio Caproni, maestro, poeta, partigiano, innamorato della Val Trebbia, presentato da Dino Magistrati, proprietario e fondatore del Museo, coadiuvato dal figlio Mauro, dal prof. Gianfranco Lauretano, dal sindaco Roberto Pasquali, dal critico Gianni D’Amo. 
Irma Zanetti, ha letto alcune sue toccanti poesie, richiamando riflessioni su scelte di vita un pò di tutti: rimanere o partire, cercare di capire il tempo, soffermarsi sulla grande capacità evocativa della parola. 

Uno start significativamente culturale che ha poi lasciato il posto a socializzazioni, festosità, curiosità.
Il Museo, al di là del tuffo nel passato che rappresenta, si è anche attualizzato con la mostra dei disegni ispirati e realizzati per l’occasione da allievi del Liceo Artistico Cassinari.

ZOCCOLI

Come raggiungere il Museo

Già la sua ubicazione offre una buona panoramica della Val Trebbia. Per arrivare al borgo lo sguardo dopo aver indugiato su prati, boschi, monti, rocce che si stagliano maestosi (Penice, Pietra Parcellara, Barberino, così caratterizzanti il nostro paesaggio), arriva ai frastagliati declivi che con fantasiosa variabilità lambiscono la Trebbia. Una sinuosa stradina porta al villaggio e già si entra in un Museo all’aperto: asimmetrico, irregolare, pressoché casuale nella disposizione degli edifici stratificati in modo complicato, ma certo non privo di fascino. Si tratta di un complesso rurale datato dal Quattrocento/Cinquecento con tanto di casa-torre, cortili, stalle, aie.

E il Museo vero e proprio? Sta dentro a quelle stesse case. Con le limitate altezze delle stanze, con la tipologia dei muri, con le porte piccole e le scalette di raccordo, gli ambienti già inducono la fantasia a tempi remoti. Nei suoi piccoli e numerosi locali si percepisce la dura vita dei nostri antenati.

Ogni oggetto, ogni utensile lì conservato racconta storie di fatica, ingegno e tradizione. Racconta di una civiltà quasi del tutto autosufficiente, che sarebbe sopravvissuta anche alla catastrofe nucleare, come dimostrano gli zoccoli fatti in casa, ricavati con attrezzi manuali e tanta pazienza, senza nessuna cucitura o chiodi. E per durare non potevano essere di legno morbido come il salice, facile da lavorare, ma di legno duro, come la quercia o il carpino. Che il marito scavava pazientemente durante l’inverno alla fioca luce di una lampada a olio – una sola per tutta la famiglia per non sprecare – mentre la moglie cardava e filava la lana o la canapa e i figli imparavano i mestieri degli adulti.

Racconta la storia dei nostri territori

Racconta la storia dei nostri campi e delle nostre vigne, coltivati con amore ed irrigati (siamo in montagna) soprattutto col sudore della fronte di chi usava attrezzi rudimentali che hanno comunque permesso loro di nutrirsi e allevare figli. Per chi sa leggere, raccontano anche dei cambiamenti climatici, del fatto che nevicava spesso e la neve restava a lungo, come si può vedere dal numero di slitte del museo.

La valle è ricca di storia e spiritualità. Basti pensare che nel Medioevo accanto al famoso monastero di San Colombano di Bobbio, faro di cultura, prosperava a Mezzano Scotti anche quello di San Paolo, sua gemmazione. Tanto importante e frequentato era lo snodo viario per direttive sia NORD-SUD che EST-OVEST, favorito dall’ubicazione e conformazione del territorio.

Il Museo Etnografico racconta una storia minore. Quella silenziosa della gente comune: uomini e donne che con il loro lavoro, la loro fatica e la loro creatività hanno plasmato l’anima di questa nostra terra.

Luisa Follini 

Nelle foto, il gruppo di case che ospita il Museo Etnografico della val Trebbia e zoccoli in mostra.

Pubblicato il 24 giugno 2025

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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