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«L’amore non è possesso, nella coppia ognuno deve mantenere la propria indipendenza»

tizzoni

Esistono parole che possono ferire, anche se l’abitudine e la società le considera di uso comune e, spesso, le sottovaluta. “Il sottosopra dell’amore” parla di tutto ciò che non è amore: frasi fuori posto, manipolazione, controllo, oppressione, mancanza di rispetto. Il libro, uscito a dicembre 2024 per i tipi di Officine Gutenberg, è stato presentato nel pomeriggio di giovedì 13 marzo nell’Aula Magna dell’Istituto “Romagnosi” di Piacenza dall’autrice Silvia Tizzoni, psicologa, psicoterapeuta e mediatrice familiare. L’incontro, a cui hanno partecipato una cinquantina di studenti di tre classi (una quinta e due terze), è stato promosso dal Centro italiano femminile (Cif) di Piacenza. Il Cif è un’associazione di ispirazione cattolica fondata nel 1944, con l’obiettivo di promuovere e difendere i diritti delle donne e delle famiglie, contribuendo alla costruzione di una società più equa e solidale.

“L’amore ha due facce”

L’incontro ha messo in luce i comportamenti tossici che talvolta caratterizzano le relazioni, avvisaglie da riconoscere per smarcarsi in tempo. Tizzoni ha dialogato con Giulia Dalla Volta, presidente del Cif Piacenza, dopo l’introduzione a cura della docente del “Romagnosi” Luisa Carafa Paciello. Un passaggio del testo della canzone “Mi piace” di Tony Effe è stato preso come esempio per evidenziare parole ed espressioni nocive (“bitch”, “lei la comando con un joystick”, “non mi piace quando parla troppo, le tappo la bocca e…”). La psicoterapeuta ha sottolineato che “l’amore ha due facce, una buona e una distruttiva”.

“L’autonomia è alla base di un amore sano”

La copertina del volume di Silvia Tizzoni raffigura una coppia intenta a mangiare lo stesso, lunghissimo, spaghetto. Una simbiosi che, dice la psicoterapeuta, va evitata. “L’autonomia è un pilastro fondante di un amore sano: due «io» possono incontrarsi e formare un «noi», ma devono continuare ad avere una vita autonoma”. Un altro rischio da rifuggire è quello di confondere il sentimento col possesso. “Sembra gratificante darsi completamente a una persona e dire «io sono sua», ma è un concetto sbagliato”.

Parole e gesti

Un comportamento evidenziato dalla psicoterapeuta è quello caratterizzato dalla dicotomia fra linguaggio verbale e non verbale. “Se i gesti contraddicono le parole, non va bene. È sempre la parte non verbale, più evidente, a dire la verità”, dice Tizzoni. E avverte: “È meglio una serata passata a discutere che continuare a recitare una parte”.

L’esempio della famiglia

Il primo esempio di amore per un bambino viene dalla famiglia. “Se in famiglia, anche in maniera implicita, il figlio sente la mamma ringraziare il papà per aver fatto la lavatrice o passato l’aspirapolvere, acquisisce il messaggio che quell’azione non è normale”. Il retaggio culturale che vuole una netta distinzione dei compiti tra uomo e donna nella coppia è ancora presente. “C’è chi dice del proprio partner: è proprio un bravo compagno, mi sa fare la lavatrice”: così – in sintesi – passa un concetto sbagliato, superato, di squilibrio fra la figura maschile e quella femminile.

Teresa, scappata da casa per non sottomettersi

In prima fila, ad assistere alla presentazione, erano presenti alcune “ciffine” che hanno vissuto il periodo, tra gli anni Sessanta e Settanta, in cui è iniziato il percorso di consapevolezza ed emancipazione femminile. Dal racconto di Teresa, scappata da casa all’età di diciotto anni negli anni ’60 (per le leggi dell’epoca era minorenne) per il rifiuto di una concezione che la voleva, in quanto donna, inferiore agli uomini, il discorso si è spostato su alcune consuetudini, appoggiate dalla legislazione, in vigore fino a non troppi anni fa. Concetti come il delitto d’onore o il matrimonio riparatore che, alle orecchie di ragazzi e ragazze che oggi hanno tra sedici e diciannove anni, sembrano assurdità proprie di un’altra epoca.

Francesco Petronzio

Nella foto, la presentazione del libro di Silvia Tizzoni.

Pubblicato il 14 marzo 2025

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Sottocategorie

  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

    uslam


    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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