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«La lapide Stevani-Una famiglia nel Risorgimento nibbianese», il nuovo libro di Alberto Borghi

presentazione 4

La vivace ricchezza di un racconto storico declinato intorno ad un importante capitolo della storia locale, inciso nell’epigrafe in marmo che campeggia sulla superstite torre del castello medievale di Nibbiano.
“La lapide Stevani - Una famiglia nel Risorgimento nibbianese” è il secondo volume di Alberto Borghi sull’argomento, dopo quello dedicato al garibaldino di Trebecco, Giuseppe Vecchio, anch’esso promosso dall’Amministrazione Comunale di Alta Val Tidone, con il patrocinio della Banca di Piacenza e dell’associazione “Piacenza Città Primogenita”.
Come nel precedente libro, occorre sottolineare il sostegno della Banca che, fra le benemerite attività a favore dello sviluppo e della crescita del territorio, dedica ampio spazio alla riscoperta e alla diffusione delle memorie del passato, capaci di caratterizzare il cammino di una comunità. Un compito che ha permesso di mostrare le glorie del Risorgimento in Alta Val Tidone e nel Piacentino, riportate sulla stele e riassunte nell’anteprima di presentazione dell’opera, che si è svolta a Nibbiano. Grazie al lavoro di Borghi, assolto con impegno e valenza divulgativa, è stato possibile riscoprire il valore di una testimonianza del passato, vista chissà quante volte ma di cui si è sempre ignorata l’origine e le motivazioni del posizionamento, oltre alle forti ragioni del contenuto.

Il ruolo di Nibbiano nel Risorgimento

Alla presentazione, tenutasi nei giorni scorsi nell’area esterna della scuola dell’infanzia Suor Maria Canopi di Nibbiano, corredata da un numeroso repertorio di immagini, erano presenti per l’Amministrazione comunale l’assessore Giovanni Dotti e i consiglieri delegati Alessandro Buroni e Simona Traversone. Prima di introdurre l’argomento e i passaggi più significativi del libro, poi analizzati dall’autore, Dotti ha portato il saluto del sindaco, Franco Albertini e ringraziato anch’egli la Banca di Piacenza, che “ha consentito di pubblicare importanti pagine della memoria identitaria, legate non soltanto all’Alta Val Tidone, ma alla storia piacentina e all’inizio della storia nazionale italiana”.
Attraverso l’omaggio a questi nostri illustri concittadini del passato, «la Banca ha offerto un contributo concreto nell’evidenziare le figure dei fratelli Stevani, sullo sfondo di un’antica terra di confine, posta all’estremo lembo del Ducato, adiacente al Piemonte e dove “si respira l’aria del Risorgimento”, dove emergono “valori etici e civili che accompagnano l’Italia verso lo Stato unitario”, secondo quanto ricordato dal sindaco nella prefazione. Danilo Anelli, ha annunciato la presentazione del libro a Piacenza e portato il saluto del sodalizio “Piacenza Città Primogenita”, complimentandosi per questa iniziativa che allarga l’orizzonte di studio sul Risorgimento nella nostra provincia. Dalle meticolose ricerche, illustrate dallo stesso Borghi, è emerso il fulcro della storia, spiegata con dovizia di particolari e note di notevole interesse, da cui si evince l’importanza della stele, come si è arrivati a scriverla e a posarla, spinti dall’indomita volontà di Primo Stevani, discendente dei patrioti citati e nobilitata dalla collaborazione di Stefano Fermi, l’indimenticato fondatore del Bollettino Storico Piacentino e al quale si devono le parole incise nel marmo. L’autore ha sottolineato, poi, quanto questa lapide racconti “il ruolo significativo che Nibbiano ebbe nel Risorgimento” e “la storia di una famiglia così legata al sentimento risorgimentale da diventarne un simbolo, non solo per Nibbiano ma per tutto il territorio provinciale”.

Copertina del libro

L’epigrafe, recante un doppio nodo sabaudo ai lati della stella d’Italia, racconta di Giovanni Stevani, primo sindaco di Nibbiano dopo l’unità, di Enrico, fervido patriota e personaggio emblematico dell’epoca, del colonnello Severino e del generale Francesco, entrambi protagonisti delle guerre d’Indipendenza e quest’ultimo anche della campagna d’Africa di fine Ottocento, al comando della famosa colonna Stevani. Le sue vittorie diventarono leggenda e anche parte di un gioco presto popolare in Italia, “Nuovo giuoco gli Italiani in Africa”, che rimanda a Monte Mocram, dove l’allora colonnello Francesco Stevani sconfisse i Dervisci.  

Nelle foto: dall'alto, la presentazione del libro di Alberto Borghi a Nibbiano e la copertina della pubblicazione.

Pubblicato il 2 settembre 2025

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Sottocategorie

  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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