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«La straordinaria normalità» dei Santi giovani. Carlo Acutis e altre storie

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“Gesù non va spiegato, va incontrato”. A dirlo è Cecilia Galatolo, giovane scrittrice cattolica marchigiana protagonista dell'incontro tenutosi lo scorso mercoledì 15 maggio al Seminario vescovile di Piacenza e dedicato al beato Carlo Acutis: che presto sarà Santo per decisione di papa Francesco. Intitolato “Carlo Acutis: la partita della vita si gioca con Dio”, l'appuntamento ha visto dialogare Galatolo e la giornalista Barbara Sartori proprio a partire da Carlo Acutis, per poi arrivare a raccontare molte altre storie di “straordinaria normalità”: di giovani che con la loro fede hanno cambiato la propria vita e quella di tanti altri ragazzi. Il loro intervento è stato intervallato da testimonianze personali. Promossa dal settimanale della diocesi Il Nuovo Giornale insieme al Servizio diocesano per la Pastorale giovanile-vocazionale, l'iniziativa rientra in una serie di eventi che la diocesi di Piacenza - Bobbio ha voluto dedicare al 15enne milanese proclamato beato il 10 ottobre 2020. Tra queste la mostra sui miracoli eucaristici, da poco trasferita dalla basilica di Sant’Antonino alla chiesa di Podenzano, dove sarà visitabile fino al 2 giugno, e l’intitolazione della casa dei ragazzi a Mareto.

 L'incontro con Acutis

“Oggi vogliamo parlare di come i Santi giovani parlano alla nostra vita, di come li possiamo incontrare. – ha detto Barbara Sartori all'inizio della serata -. I giovani adolescenti sono imprevedibili e lo sono anche i Santi giovani: incrociano le nostre strade anche senza cercarli e poi nella nostra vita succede qualcosa di imprevisto. Un po' com'è accaduto a Cecilia Galatolo con Carlo Acutis. Morto a soli quindici anni per una leucemia fulminante e proclamato beato ad ottobre 2020, Carlo è sepolto ad Assisi, nel Santuario della Spogliazione”.
“Io dico sempre che Carlo è stato il mio «portone» - ha spiegato Galatolo, grazie a lui si sono aperte per me tante opportunità di lavoro e il sogno di fare la scrittrice è diventato realtà. Quando l'ho incontrato per la prima volta studiavo Comunicazione e Teologia a Roma. Una scelta che mi è servita per trovare risposte ai tanti dubbi che nel corso delle scuole superiori mi assillavano circa Gesù Cristo e la sua credibilità. A Roma ho conosciuto le suore della casa editrice Mimep-Docete, con cui ho pubblicato il mio primo romanzo. Ero esordiente e non avevo agganci, il libro non aveva avuto successo. La svolta c'è stata a fine del 2016, quando le suore mi hanno chiesto di pubblicare un secondo romanzo, questa volta su Carlo Acutis: un ragazzo che ancora non conoscevo.
“Sei nato originale, non vivere da fotocopia” (edito da Mimep-Docete) è uscito nel 2017 – continua -. Grazie a questo libro,e sopratutto alla figura di Carlo, anche il romanzo precedente ha cominciato a circolare di più e ho ricevuto diverse nuove proposte di lavoro. Oggi collaboro con alcuni giornali e ho scritto diversi altri libri. L’incontro con Acutis è stato l’inizio di un vero e proprio percorso di scrittura sulla santità giovane. La fede salda di questo ragazzo nell'eucarestia mi ha aiutato a riavvicinarmi a Dio e ad accostarmi ai sacramenti in modo diverso, autentico”.
“Come hai scelto di presentare Carlo nel tuo romanzo”? – ha chiesto l'interlocutrice - . “In «Sei nato originale, non vivere da fotocopia» il protagonista non è Carlo, ma Francesco – osserva Galatolo - , un ragazzo come tanti, che vive le sue passioni. Gioca a calcio, studia ingegneria, si diverte con le ragazze senza prenderle troppo sul serio. Un ragazzo normale, che però vive una vita di superficie e una felicità effimera. L'inaspettato incontro con Carlo Acutis dopo un evento sfortunato, porta però Francesco ad interrogarsi sulla sua vita e la sua felicità. Grazie a Carlo passerà da un'esistenza ordinaria rivolta al qui ed ora ad una vita piena e ricca di serenità, orientata verso Gesù Cristo”.

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Le testimonianze

A intervenire subito dopo è stata la piacentina Donata Dionedi. Cresciuta “a pane e parrocchia” ed educatrice in oratorio, Donata ha portato testimonianza del suo rapporto “conflittuale” con il beato Acutis, sfociato poi in un incontro rivelatore.
“Per molto tempo Carlo mi è sembrato troppo perfetto, un modello di giovane lontano dalla vita dei ragazzi – ha spiegato - . La sua è una storia che non parla di conversione, pensavo non riuscisse a colpire i giovani. Poi ho letto il libro di Cecilia in poche ore, mi ha colpito molto il legame fortissimo che Carlo Acutis aveva con l'eucarestia. Per me è diventata quasi una sfida: volevo capire a fondo cosa avesse di straordinario questo ragazzo diventato beato a pochi anni dalla morte e presto Santo. Invitata al matrimonio di un'amica, poco tempo fa sono andata ad Assisi e ho visitato la sua tomba. Sopra c'erano scritte molte frasi, una ha attirato la mia attenzione: «Non io ma Dio». Riassume benissimo la capacità di Carlo di mettere Dio davanti a tutto, ponendo sé stesso in secondo piano. Sulla tomba gli ho anche chiesto una grazia, che è stata esaudita”. Ho capito allora che Carlo è un tramite potentissimo per avvicinarsi a Dio – sottolinea -, alla fine la sfida con me l'ha vinta lui”.

Chiara Luce Badano

“Io invece per un lungo periodo ho  messo in discussione  Chiara Luce Badano – ha raccontato poi la scrittrice - . Ero ancora alle superiori e stavo attraversando un momento di profonda crisi della fede, anche a causa del mio professore di filosofia. Ateo convinto, per lui gli uomini erano poco diversi dagli animali, destinati con la morte a diventare solo polvere. Proprio in quel periodo la diocesi di Jesi ha invitato i genitori di Chiara Luce per una testimonianza e io e la mia famiglia siamo andati ad ascoltarli – ricorda - . Mia sorella è molto legata a Chiara Luce, io pur essendone attratta la rifuggivo. Mi sentivo troppo diversa da lei, dalla sua profondità d'animo e di fede. Una sensazione che ho vissuto chiaramente anche dopo l'incontro con i genitori. Non capivo come fosse possibile questa capacità di donarsi senza riserve, di servire Dio mettendo da parte sé stessi, fino ad accettare la malattia senza nessuna rabbia. A infastidirmi era perfino il sorriso di Chiara. Sentivo di non riuscire a sorridere così, lasciavo spazio al rancore. Quel sorriso era lo specchio di ciò che io non ero e mi faceva male. Solo dopo aver ritrovato la fede la storia di questa giovane beata mi è stata chiara. Lei aveva capito che la felicità non si trova nella salute o nei soldi, ma nell'incontro con Dio. Spesso noi ce ne dimentichiamo, non lo comprendiamo”.
Chiara e Carlo, due generazioni diverse, non hanno fatto cose straordinarie – precisa Galatolo - , ma hanno saputo vivere in modo straordinario la loro normalità. Ascoltando e sostenendo gli amici, portando da mangiare ai poveri o, come faceva Carlo, aiutando i domestici a finire le faccende perché potessero tornare prima a casa dai figli, questi ragazzi hanno saputo farsi Gesù per gli altri”.

La testimonianza dei coniugi Narcisi

Esempio di «normalità straordinaria» è anche Michele, un bambino morto a soli 7 anni per un tumore al cervello. A raccontare di lui ci sono i genitori Davide Narcisi e Adriana Lorenc, presenti all'incontro. Protagonisti di un percorso doloroso per la malattia e la morte del figlio, ma anche testimoni di segni particolari che hanno accompagnato la loro storia. “Nostro figlio durante la malattia è stato un grande esempio di accettazione e umiltà – hanno sottolineato insieme -. Fino a quando è stato in grado di camminare era contento di riuscire a percorrere anche solo qualche metro a piedi. Continuava a ripetere di stare bene, senza mai perdere il suo sorriso. È stato uno sprono per molti, abituati a lamentarsi per fastidi di poco conto: lui sapeva di avere un tumore al cervello, ma fino all'ultimo si è concentrato sul nostro affetto e sul poco che ancora riusciva a fare”.
Sono stati diversi i segni particolari incontrati sul nostro cammino – ricorda la mamma - . Poco prima che insorgesse la malattia di Michele mi sono imbattuta in una piccola chiesa di Monaco, che ospitava le reliquie di Carlo Acutis. Li ho sentito una voce dirmi in polacco (la mia lingua): «Andrà tutto bene». Ho ringraziato, senza capire. Poi è arrivato il tumore di Michele. La prima volta che lui si è risvegliato dal coma, ha gridato deluso: 'mi aveva detto che mi avrebbe portato via con Lui, invece sono ancora qui'. Tempo dopo ci hanno trasferito al Gaslini di Genova per le cure palliative. Il reparto si chiamava «Guscio» e all'entrata il sorriso di Chiara Luce Badano illuminava i corridoi: sembrava proteggere questi bambini”.
“Prima che Michele entrasse definitivamente in coma siamo riusciti a giocare insieme tutta la sera – ha ricordato poi il papà Davide - , in quel momento si sentiva bene. All'improvviso ci ha chiesto: 'ma dal cielo si torna?' E alla nostra risposta negativa ha detto: 'Va bene, allora io vi aspetto'. Il suo sorriso non si è mai spento e quando io e Adriana siamo stati invitati all'incontro di oggi abbiamo definitivamente capito che nulla nella nostra vita è stato casuale”.

David Buggi e Clare Crockett

Dall'esempio di Michele a quello del giovane romano David Buggi il passo è stato breve. “Anche David si è ammalato di tumore all'improvviso – osserva Galatolo -. Aveva solo 16 anni quando un fortissimo dolore alla gamba lo ha colpito. Era un tumore. All'inizio David si arrabbia con Dio per l'ingiustizia subita. Poi, in una notte di preghiera, si affida completamente al Signore e viene invaso da una gioia mai provata, che lo accompagnerà fino alla fine. Grazie a David moltissimi giovani si sono avvicinati alla fede e continuano a farlo”.
“E poi c'è l'indimenticabile suor Clare Crockett – continua - . Morta a soli 33 anni in missione in Ecuador nel terremoto del 2016, ha accolto la chiamata del Signore dopo una giovinezza da promettente attrice. Una vita trascorsa tra vizi, dipendenze e superficialità fino all'incontro con Cristo, che ha cambiato la sua esistenza e quella di tanti ragazzi che hanno visto in lei un esempio di rinascita”.

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 La Città dei ragazzi di Mareto

Alla fine la parola è toccata a Ettorina Zangrandi, fondatrice, insieme al marito Flavio Della Croce, della “Città dei ragazzi” di Mareto.
“Inaugurata il 12 maggio scorso e intitolata a Carlo Acutis, la“Città dei ragazzi” vuole essere un prolungamento di 'Piccoli al centro' – ha spiegato Zangrandi -, l'associazione di cui io e mio marito abbiamo fatto parte per anni. Vogliamo che sia un luogo dove i ragazzi siano protagonisti e possano sperimentare concretamente verità, amore, bellezza. L'abbiamo dedicata a Carlo Acutis proprio perché lui, alla sua giovane età, rappresenta la santità nella normalità: è un esempio a cui i ragazzi possono guardare, Sopratutto oggi i giovani hanno bisogno di figure positive a cui riferirsi, perché per parlare di Dio ci vuole coraggio”.

Micaela Ghisoni

Nelle foto, l'incontro nel Seminario vescovile con la scrittrice Cecilia Galatolo.

Pubblicato il 6 giugno 2024

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