Cives: «Tanti spunti dai social, ma le notizie vanno sempre verificate»
L’informazione è cambiata, anche a Piacenza. Rispetto al passato, alcune realtà non esistono più e altre sono nate negli ultimi quindici anni. E anche le fonti, specialmente con l’avvento dei social, si sono moltiplicate. Il ruolo di mediazione del giornalista è quanto mai fondamentale per permettere ai lettori di ricevere una notizia affidabile. Per fare ciò, è imprescindibile la “sacrosanta verifica delle fonti e delle notizie”. Tre giornalisti piacentini, all’unisono, hanno ribadito quello che è un punto cardine del loro lavoro: Nicoletta Marenghi, vicecaporedattrice di Telelibertà, Paola Pinotti, direttrice di Piacenzasera.it, e Filippo Mulazzi, firma de ilPiacenza.it e de Il nuovo giornale, hanno svelato alcuni aspetti del giornalismo di oggi davanti a un pubblico di studenti e corsisti dello spazio di formazione “Cives” il 20 dicembre all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza. Ha moderato l’incontro il giornalista Francesco Petronzio, membro del gruppo di coordinamento del corso Cives.
Social network: un valido aiuto ma le notizie vanno verificate
I social sono un aiuto per i giornalisti, ma “non possiamo prendere un’informazione e pubblicarla, senza prima verificarla”, concordano Paola Pinotti e Nicoletta Marenghi. “Ci vuole il filtro da parte di un giornalista che fa le opportune verifiche, per una credibilità personale e per la credibilità della testata e della categoria”, sottolinea Marenghi. “Sui social è come essere in un bar molto affollato dove tutti parlano con un tono di voce estremamente alto, e quindi spesso non è facile riuscire a orientarsi, capire, comprendere e imporre la propria voce”, evidenzia Pinotti.
L’utilità dei social è comunque indubbia. “Qualche tempo fa (a settembre 2023, nda) su un gruppo Facebook una persona scrisse che l’Orient Express sarebbe passato da Piacenza. Per essere certa che questa notizia fosse vera, chiamai l’addetta stampa di Trenitalia per chiedere conferma e lei, dopo aver verificato a sua volta, mi disse che effettivamente sul programma era segnalato il passaggio di un treno non di Trenitalia. Andammo dunque sul binario all’orario previsto ed effettivamente passò l’Orient Express”.
Il “cittadino-reporter” e le false notizie
Nel “citizen journalism” il cittadino diventa partecipe. Con quest’idea nacque Citynews, con le prime due esperienze a Roma e a Piacenza grazie all’intenzione di Luca Lani di investire sul giornalismo locale online. Così nacque ilPiacenza.it. “Il cittadino invia una segnalazione al giornalista, che la verifica e decide se pubblicarla”, spiega Filippo Mulazzi. “L’esperimento ha funzionato, con risultati sempre più importanti in termini di audience. Piacenza – dice – è una città molto polemica, i cittadini vogliono dire la propria su qualsiasi cosa. E quindi questo modo di fare giornalismo funziona”.
Se da un lato fare il giornalista oggi è più facile, grazie a internet, dall’altro il rischio fake news è sempre dietro l’angolo. Nicoletta Marenghi ha citato un grave episodio accaduto alcune settimane fa, quando è stata diffusa una finta pagina di “Libertà” con una falsa notizia secondo cui una persona – di cui erano riportati nome, cognome e foto – sarebbe stata accusata di un presunto omicidio in un paese della provincia, dove una persona era stata trovata morta a causa, molto probabilmente, di un gesto estremo di cui tutti i media locali, secondo i princìpi deontologici, hanno deciso di non parlare. “Qualcuno ha chiamato al giornale per chiedere se quella pagina fosse vera, così ci siamo accorti di questo grave fatto”, racconta Marenghi.
Trovare le notizie
Il giornalista, di mestiere, cerca notizie. Come? “Tramite i rapporti quotidiani che ha con le forze dell’ordine e con enti e istituzioni come ad esempio l’Università Cattolica. Molto spesso però quelle più interessanti arrivano magari dall’amico o dal conoscente, o da una chiacchiera sentita in un bar, da cui nasce il suggerimento o lo spunto da approfondire”, spiega la direttrice di Piacenzasera. La stampa online non è, come qualcuno può pensare, approssimativa e imprecisa. “Se lavorassi per un quotidiano, avrei uno o due articoli da scrivere al giorno. In una redazione online ci si ritrova a scrivere dieci o quindici articoli a testa: alcuni, quelli in cui mettiamo noi stessi nella produzione, li firmiamo, altri sono delle rielaborazioni di comunicati stampa che ci arrivano. La fretta è cattiva consigliera, noi ci impegniamo per fare del giornalismo buono con molto poco tempo a disposizione”.
I giornalisti, ancora oggi, nonostante una malcelata arroganza diffusa da parte dei cittadini di sentirsi dei reporters affidabili e non bisognosi di mediazione, possono godere di una buona fiducia da parte di chi vive la città. “In questi giorni – racconta Nicoletta Marenghi – la redazione (di Libertà, nda) è stata contattata da alcuni studenti delle superiori per parlare di disagio giovanile e di violenza di genere. Ci ha fatto piacere che abbiano riconosciuto il nostro ruolo e abbiano voluto parlare con noi di questi argomenti”.
Le difficoltà nel “mantenere” un quotidiano online
Paola Pinotti dice che gestire un sito è “come avere un bambino perennemente neonato che ha bisogno in continuazione di attenzioni e di cure”. Meno poetica la metafora usata da Filippo Mulazzi, che paragona il giornale online a un “inceneritore che ha sempre bisogno di nuova materia (notizie) altrimenti non brucia, non produce energia e quindi non sta in piedi”.
“Mantenere certi media è molto costoso – osserva Pinotti, che è anche editrice – lo si vede molto chiaramente dal fatto che i giornali cartacei sono ciclicamente in crisi (il nostro settimanale ne ha parlato nel “Primo Piano” dell’edizione del 17 ottobre 2024, nda) un po’ perché la concorrenza nostra, che siamo solo online, è diventata più agguerrita poiché diamo le notizie più velocemente, e non necessariamente in maniera sciatta e approssimativa come veniamo spesso accusati, e soprattutto perché per noi, progressivamente, si è ritagliato uno spazio maggiore. Quello che negli anni Settanta era delle radio, che avevano costi inferiori di messa in onda”.
L’interesse pubblico
Cosa rende un avvenimento una notizia? “L’interesse pubblico”, dice Nicoletta Marenghi. “E poi chiaramente la veridicità e la coerenza coi fatti”. “A volte – dice – fa sorridere, o anche arrabbiare, leggere i commenti sui social di persone che «screditano» il contenuto a cui fanno riferimento, perché magari è una notizia leggera che pubblichiamo per stemperare la tensione, come ad esempio la visita di Chiara Ferragni al castello di Rivalta”.
Paola Pinotti sostiene che “siamo noi a decidere cosa è notizia e cosa no. Può sembrare un atteggiamento arrogante, secondo me invece è giusto rivendicare il ruolo che possiamo avere come comunicatori”. La direttrice di Piacenzasera cita un episodio, segnalato alcuni anni fa dalle forze dell’ordine, di una signora fuggita dalla casa di riposo per tornare a casa propria e recuperata poi dai carabinieri. “Una storia tenera e struggente, che testimonia come le forze dell’ordine non servano solo a prevenire e reprimere reati ma hanno un ruolo importante nella comunità”.
Cartabia e “bavaglio”
Due leggi, negli ultimi tre anni, hanno condizionato il lavoro dei giornalisti: la legge Cartabia, del 2021, che mise un limite alle procure e alle testate nel diffondere notizie su indagini in corso, e una recentissima norma, a cui è stato dato l’eloquente soprannome di “legge bavaglio”, che vieta addirittura ai giornalisti di menzionare e virgolettare le frasi esatte sentite nelle aule di tribunale. Mulazzi ricorda il periodo in cui fu approvata la legge Cartabia. “Eravamo ancora presi dalla questione vaccini e questa cosa passò un po’ sottotraccia”. “Non ho mai visto un giornale, un sito o una tv piacentina dare notizie di cronaca nera e giudiziaria che non potevano essere pubblicate”, dice Mulazzi. “A livello nazionale, però, negli ultimi trent’anni non è stato sempre così. Perciò è intervenuta la legge Cartabia, per mettere un limite a una certa tendenza nel pubblicare qualsiasi tipo di intercettazioni per colpire determinati personaggi pubblici”.
Pinotti ricorda l’indagine che nel 2022 coinvolse diversi amministratori locali piacentini. “Ricevetti quel fascicolo dopo che molte altre persone, non giornalisti, l’avevano già letto. Non so, dunque, quanto sia colpa dei giornalisti se vengano fuori certe cose”. “Ci siamo letti tutte le ottocento pagine – ricorda Mulazzi – e abbiamo selezionato cosa era di interesse pubblico e valeva la pena pubblicarlo e cosa no. Le conversazioni private degli amministratori non le abbiamo pubblicate, anche se ci avrebbero portato parecchi lettori”. Al di là della legge, comunque, c’è la deontologia e la sensibilità del giornalista.
Sulla legge Nordio, “anche i nostri cronisti di giudiziaria sono concordi nel definirla un bavaglio – afferma Marenghi – perché ci rendiamo tutti conto che se pubblichiamo un virgolettato pronunciato da un giudice o proveniente da un’ordinanza o da un’intercettazione è ben diverso rispetto a pubblicare una sintesi con un’interpretazione del giornalista, che è maggiormente attaccabile. Marco Travaglio (direttore de Il fatto quotidiano, nda) ha detto che il suo giornale andrà avanti per la sua strada, ma non tutti possono farlo”.
Cronaca nera e buone notizie
“Una notizia di poche righe che riguarda un incidente stradale e riporta solo le cinque W, senza la foto specifica, viene letta molto di più di un articolo elaborato che ha impiegato un giornalista per una giornata intera”, osserva Marenghi. Anche le “buone notizie”, però, sebbene abbiano un rapporto lettori/”fatica” molto minore rispetto ai fatti di nera, è giusto raccontarle. Paola Pinotti ha raccontato tre esperienze nate nell’ambito della cooperativa sociale Officine Gutenberg, di cui è una dei soci fondatori, che dà lavoro a persone con disabilità. “Da un anno siamo partiti con GoodmorningPiacenza, un progetto dedicato a notizie di carattere sociale abbinato alla diffusione di una tovaglietta, in cui trovano molto spazio le storie raccontate dai ragazzi con disabilità. L’iniziativa si lega alla redazione di Universi, nata qui all’Università Cattolica, con ragazzi che hanno una disabilità solo fisica che realizzano interviste, e a quella del Civico 11, composta da ragazzi con disabilità non solo fisiche che portiamo in giro per la città a vedere mostre o a seguire eventi di cui poi loro scrivono un resoconto”.
F. P.
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Nella foto, da sinistra, Filippo Mulazzi, Paola Pinotti, Nicoletta Marenghi e Francesco Petronzio.
Pubblicato il 23 dicembre 2024