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Chiara Mantovani: «La maternità è dono di sé, valore femminile da riscoprire»

Maternita e Natalita foto 1pg

“Maternità è ospitare, non pretendere. Fare tutto per il figlio, non «fare» il figlio per avere tutto. Sapere sempre, fin da quando lo si pensa, che è una persona, mai un insieme di cellule. La maternità è offrire la prima casa dell’essere umano. Non è frutto solo della madre, è per gran parte costruzione del figlio. Non è solo un luogo: è un rapporto interpersonale”. È questo il pensiero di fondo espresso dalla dottoressa Chiara Mantovani durante la riflessione che l'ha vista ospite e relatrice nella Sala delle Colonne del Palazzo vescovile (in via Vescovado 9) lo scorso 15 marzo.
Intitolato “Maternità e natalità: il ruolo della donna nella custodia del dono della vita e della pace”, l'incontro con il medico bio-eticista di Ferrara è stato promosso dal Movimento cattolico femminile   “Convegni di cultura Maria Cristina Savoia”, e si innesta sui temi di riflessione scelti dal Movimento su scala nazionale per l'anno 2024: nel contesto della crisi demografica sempre più profonda che investe l'Italia e il continente europeo, «Maternità, natalità e speranza nel futuro della civiltà dell’amore e della pace» vengono considerate dimensioni essenziali da analizzare e riscoprire.

Natalità e maternità

“Perché distinguere tra natalità e maternità? - si è quindi inizialmente chiesta Mantovani lo scorso 15 marzo - . La seconda è una faccenda demografica mentre la prima è una faccenda del cuore. Oggi sono entrambe in crisi perché vengono messe in discussione come valori”.
A partire da queste considerazioni fondamentali la relatrice ha poi sottolineato come sia stato il cristianesimo a conferire per la prima volta una condizione di parità tra l'uomo e la donna. “La novità del cristianesimo, rispetto al mondo in cui si presenta, è una incredibile antropologia – ha detto -, uomo e donna sono uguali in dignità ed entrambi vivono paritariamente in relazione personale ed esistenziale con Dio. E poi ha continuato citando una frase attribuita a Matthew Henry, prete presbiteriano del Galles (1662-1714): «La donna fu creata dalla costola dell'uomo per stargli accanto, non dalla sua testa per sovrastarlo, né dai suoi piedi per essere da lui calpestata».
“La novità che chiarisce definitivamente tutto è che la «pienezza del tempo» è giunta e Dio si è incarnato – prosegue ancora il medico - . E questo cambia la storia: di ognuno, dei popoli, del mondo creato”. Una riflessione che si fa attualissima in tempo di Quaresima, vissuto nella trepidante attesa dell'incontro con il Signore.
Se per il cristianesimo uomo e donna hanno la stessa natura, ad essere diversa è però la loro vocazione. Da questa consapevolezza prende corpo l'altro aspetto sostanziale messo in luce dalla Mantovani, legato all'affermarsi dei valori cristiani. Partendo dalla Genesi e facendo particolare riferimento alle parole del Beato Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Mulieris dignitatem, ha infatti ricordato che «Dio affida in modo speciale l’essere umano alla donna» (cfr. GPII Mulieris dignitatem n. 30), “rendendola preziosa custode della vita attraverso il dono peculiare della maternità”.
Secondo i valori cristiani la maternità è infatti l’espressione massima della capacità del dono di sé – spiega - , ma oggi sembriamo essercene dimenticati. O, peggio, la donna rifugge la maternità considerandola un ostacolo alla realizzazione della propria vita e del propria libertà.

Donne e madri cristiane passate alla storia

Una visione questa ritenuta ingannevole e materialista, a cui la relatrice contrappone esempi di donne e madri cristiane passate alla storia. Dalla cattolica Clotilde, moglie di Clodoveo, che converte i franchi al cristianesimo rendendo la Francia la figlia primogenita della Chiesa; alla regina Teolinda (570 – 627), moglie di Agilulfo, che converte i longobardi e insieme al marito dà forte impulso alla riforma monastica di san Colombano, portando nel 614 alla fondazione del monastero di Bobbio; passando per Ildegarda di Bingen (1098 – 1179), dichiarata nel 2012 dottore della Chiesa da papa Benedetto XVI; fino ad Eleonora d’Aquitania (1122 – 1204), due volte regina, madre di dieci figli (di cui due re), prima a imbarcarsi per una crociata, mecenate, politica e viaggiatrice instancabile. Sono molte (e qui ne vengono citate solo alcune) le donne che fin dal medioevo hanno saputo lasciare un segno nel mondo, conciliando la propria vocazione di custodi della vita e della fede con quella di custodi della pace, attraverso la mediazione politica, e di promotrici culturali. Una rassegna che si è conclusa con la beata Maria Cristina di Savoia, Regina delle Due Sicilie. Prima moglie di Ferdinando II di Borbone, muore a soli 23 anni, ma è ricordata ancora oggi per la sua fede, per il suo ruolo nella vita politica a fianco del marito; ma soprattutto per le sue tante opere di promozione sociale e di tutela lavorativa a favore dei poveri e delle donne, grazie alle quali la giovane regina ha anticipato molti principi della Dottrina Sociale della Chiesa.

Per il medico è allora la progressiva perdita del riferimento antropologico cristiano, in un contesto di secolarizzazione sempre maggiore, a portare pericolosi cambiamenti nei costumi, nella società e nella stessa considerazione della donna. “Laddove il mondo non è più colto nella sua relazione col Creatore, la natura non è più mater – ha osservato - , e la prima peculiarità della donna ad essere attaccata è la maternità. Attraverso un lungo processo culturale, iniziato dal Protestantesimo con l'emarginazione di Maria e culminato nel '68 con lo sdoganamento della contraccezione e della fluidità e l'apertura all'aborto, la donna si è pericolosamente sentita liberata dalla ‘schiavitù’ del fare figli: è passata dal suo ruolo di ospite e custode della vita, ritenuta sacra nel cristianesimo, a rivendicare il diritto di pretendere la maternità a tutti i costi (si pensi alla diffusione della pratica dell'utero in affitto) o quello di negare la nascita ad una nuova vita. Ciò che in passato era considerato un errore (compresi tradimenti e separazioni) – continua - , oggi viene spesso ritenuto una virtù”.

Di cosa abbiamo bisogno per invertire questa tendenza? “Dobbiamo impegnarci a ritrovare la ricchezza dei nostri valori più profondi – conclude convinta Chiara Mantovani -. Ma per farlo serve cambiamento, una rinnovata visione culturale che rimetta al centro l'acquisizione di una vera consapevolezza di sé e le azioni che da questa derivano. La figura femminile ha bisogno di recuperare e valorizzare la sua capacità di essere un'autentica risorsa nel mondo e per il mondo: nella sua casa, ma anche nella cultura, nella società e quindi nel mondo, per tutti.

Micaela Ghisoni

Nella foto, l'incontro promosso dai Convegni Maria Cristina di Savoia.

Pubblicato il 25 marzo 2025

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