Il generale Bertolini il 24 maggio a Piacenza
“Sono un militare in congedo ed ho operato all’estero anche nell’area del Medio Oriente; per questo motivo e un po’ per passione personale, ho approfondito il tema sulla presenza dei cristiani in quei territori”: così si presenta il Generale Marco Bertolini e spiega il significato del suo intervento a Piacenza, dove sarà, il 24 maggio, al Palabanca di via Mazzini, per parlare dei cristiani in Medio Oriente, invitato da AssoArma e Associazione Paracadutisti d’Italia. Marco Bertolini, in servizio nell’Esercito Italiano dal 1972 al 2016, è stato comandante della Brigata “Folgore”, comandante interforze per le operazioni delle forze speciali e del vertice interforze. Numerose e diversificate sono state le operazioni all’estero a cui ha partecipato: in Libano, in Somalia, in Bosnia Erzegovina, in Kosovo e in Afghanistan.
Generale, come affronterà il tema dei cristiani in Medio Oriente nell’incontro a Piacenza?
Bisogna fare una premessa - puntualizza Bertolini -: noi occidentali normalmente ci rapportiamo verso quelle terre in maniera superficiale, identifichiamo la nostra come civiltà cristiana, mentre per il Medio Oriente mettiamo tutti nello stesso calderone, parlando di popolazione araba. In quelle terre al contrario, è nato il cristianesimo. Da lì è partita l’evangelizzazione che, attraversando la penisola dell’Anatolia e la Grecia, è giunta fino a Roma. In questa zona si sono costituite le comunità cristiane più antiche. Però noi ci rapportiamo - evidenzia il Generale - con questa realtà in maniera un po’ “razzista”, perché non consideriamo e non diamo il giusto peso alle sofferenze di questi fratelli cristiani, come quelli della Siria, costretti alla diaspora, cioè alla fuga dalla loro terra.
La guerra in Siria ha colpito quindi molti cristiani?
Sì, in Siria fra i morti civili della guerra ci sono stati molti cristiani. Questo territorio - afferma il già Comandante della Folgore - è ricco di comunità antichissime come Maaloula, dove si parla ancora l’aramaico, la lingua di Gesù Cristo. La cittadina, patrimonio dell’umanità dell’Unesco, è abitata ora da poche migliaia di cristiani che vegliano sulle sue chiese e monasteri. Qui si è combattuto nel 2013 e 2014, il villaggio fu conquistato e preso come base militare dai miliziani dell’allora Jabhat al Nusra, vicini ad Al Qaeda. Ci furono distruzioni di case e di chiese, profanazioni, incendi, saccheggi, ed esecuzioni sommarie. La guerra in tutta la Siria, iniziata nel 2011, è stata una vera e propria devastazione e ancora oggi si porta degli strascichi, in questa terra i cristiani hanno sofferto le pene dell’inferno. Noi non abbiamo avuto notizie chiare - sottolinea il Generale - di quello che stava succedendo, oppure abbiamo saputo, ma abbiamo fatto finta di niente…
E negli altri territori del Medio Oriente?
Partiamo dalla Turchia - approfondisce Bertolini - dove c’erano comunità cristiane antichissime e fiorentissime, spazzate via, a partire dal 1915, dalla rivolta dei Giovani Turchi che hanno formalizzato uno stato laicista e si sono macchiati della colpa del genocidio armeno. È avvenuto un vero e proprio olocausto dei cristiani e una conseguente diaspora.
Anche in Libano - aggiunge il militare - ci sono situazioni molto critiche. A partire, soprattutto dal 2019, il paese ha vissuto un tracollo senza precedenti. L’esplosione al porto di Beirut dell’agosto 2020, poi, oltre a generare decine di miliardi di danni materiali e circa 300mila sfollati, ha rafforzato l’atmosfera di precarietà e paura nel Paese. Quel Libano, che fino a pochi decenni fa era considerato un gioiello del Medio Oriente, oggi rischia di rimanere definitivamente sepolto sotto le macerie di Beirut. In questo paese, incastonato tra Oriente e Mediterraneo, i cristiani soffrono una condizione particolare. L'integrazione è stata da sempre uno dei punti di forza del Libano, ma oggi, dopo il disastro, e l’arrivo di un milione e mezzo di profughi siriani, la parola d'ordine è solo "sopravvivere".
In Israele dove il 19 % dei Palestinesi era costituito da cristiani, ora questa presenza si sta assottigliando sempre di più. Infine - sottolinea il Generale - anche i cristiani copti di Egitto, che costituiscono comunque la più grande comunità cristiana del Medio Oriente, da secoli vivono sotto attacco, ma negli ultimi anni le violenze sono state sempre più efferate.
Possiamo allora parlare di una vera e propria persecuzione dei cristiani in Medio Oriente?
In un’area che è stata culla delle comunità cristiane più antiche, ora sta scomparendo il cristianesimo nell’indifferenza da parte nostra. È una persecuzione - afferma Bertolini - eseguita dal radicalismo laicista dell’Isis, dei Fratelli Musulmani e altri fondamentalisti che utilizzano la religione per scopi politici e promuovono la violenza come via per proclamare la loro unica visione considerata “corretta”. Questi cristiani, che soffrono, guardano sempre con speranza a noi dell’occidente che, purtroppo, non ci rendiamo conto del loro dolore e non li aiutiamo in maniera adeguata.
Generale, in questo ultimo periodo, è stato invitato da molti canali TV a esporre il suo parere sulla guerra in Ucraina, cosa pensa di questo conflitto che sembra non finire più?
Questa guerra, come tutti i conflitti, è tra due stati sovrani che si contendono un territorio. Non è niente di nuovo, - dice il Generale - però è vicino a casa nostra e ci fa sentire coinvolti. Per la guerra in Siria non c’è stata tutta questa mobilitazione… Siamo senz’altro di fronte ad un conflitto terribile con armi molto potenti. Da una parte la Russia ha la necessità assoluta di non perdere l’accesso al Mar Nero, perché se perde questo sarebbe tagliata fuori dall’Europa. Dall’altra parte gli Stati Uniti, non l’Ucraina in sé stessa, hanno interesse a schiacciare la Russia per evitare il suo collegamento tra Europa e Asia che realizzerebbe un mega continente con ricchezze di gas e di risorse. Quindi i due veri competitori della guerra sono Stati Uniti e Russia. Se si vuole che la guerra finisca - mette in chiaro Bertolini - bisogna mettersi intorno a un tavolo senza proclamare né un vincitore né un vinto, e trovare una soluzione. Anche i paesi europei devono avere una visione comune, devono trovare maggiore unità e far valere la loro voce.
Riccardo Tonna
Pubblicato il 19 maggio 2022
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