Mimma Berzolla: una Piazza dedicata ai cavalli è solo a Piacenza
“Ci troviamo al cavallo”: è la frase ripetuta frequentemente, in dialetto, dai piacentini, per darsi appuntamento in centro città, ricordata dalla professoressa Mimma Berzolla, il 20 maggio, nell’incontro, in Palazzo Vescovile, inserito nei Convegni di Cultura Maria Cristina di Savoia di Piacenza, sul tema: “I cavalli farnesiani di Francesco Mochi: dall’effimero fugace al bronzo eterno”.
“Una piazza dedicata ai cavalli e non a personaggi storici, la troviamo solo a Piacenza” - ha sottolineato Berzolla, nota storica dell’arte piacentina, che ha mostrato la peculiarità dei monumenti equestri realizzati da Mochi.
La ricerca della meraviglia
L’argomento dell’incontro è iniziato con l’analisi dell’effimero, tipico del periodo barocco, per arrivare alle statue in bronzo di Piacenza che sono diventate un ricordo perenne.
Nel 600 - ha evidenziato la storica dell’arte - era costume realizzare degli apparati, degli addobbi, degli ornamenti, collegati a feste o particolari ricorrenze. La festa era, in quel periodo, uno strumento celebrativo del potere politico e religioso, ed anche la massima affermazione del fine culturale del secolo: la ricerca della “meraviglia”. Tutti gli stati italiani e stranieri furono impegnati nell’organizzazione di feste che ebbero come caratteristica quella d’essere destinate al più vasto pubblico possibile, quello popolare e borghese, generalmente escluso dai festeggiamenti privati ed elitari dell’aristocrazia.
L’addobbo della facciata del duomo di Parma rivestito di cartapesta e drappi, come il catafalco in onore di Ranuccio Farnese sono alcune delle immagini proposte dalla Berzolla per far cogliere ai presenti l’importanza degli apparati effimeri al tempo dei Farnese.
Le statue in onore dei Farnese
Il ducato di Parma e Piacenza, frutto del nepotismo del Papa Paolo III, Farnese, fu creato per essere destinato al figlio del papa Pier Luigi nel 1545.
Pier Luigi - ha aggiunto Berzolla - con una cattiva fama di persona dissoluta, moralmente ambiguo, si comportò da tiranno e imprigionò alcuni nobili. I successivi governi dei Farnese con Alessandro e Ranuccio furono caratterizzati dalle spettacolari architetture effimere: opere grandiose, figlie di quell’età barocca da cui scaturisce l’odierna “civiltà dell’immagine”.
Anche a Piacenza i festeggiamenti con archi di trionfo e apparati effimeri in varie occasioni invasero la città, ma per realizzare qualcosa di più duraturo i piacentini pensarono di far eseguire due statue in onore dei Farnese. Venne individuato lo scultore toscano Francesco Mochi da Montevarchi (1580 – 1654) che realizzò un progetto grandioso, un’opera colossale di rilievo: i monumenti equestri, dei bronzi eterni destinati a durare nel tempo.
Capolavoro dell’arte statuaria barocca
Le sculture in bronzo, capolavoro indiscusso della statuaria barocca, - ha concluso Berzolla - sono collocate in Piazza Cavalli che da loro prende il nome. Sulla destra è raffigurato Ranuccio Farnese (1620) in costume romano e con lo scettro; sui fianchi del basamento due bassorilievi raffigurano la Pace e il Buon Governo.
Sulla sinistra Alessandro Farnese (1625), padre di Ranuccio, avvolto in un fluttuante mantello e in sella ad un irruente cavallo. Ai lati del basamento, coronato da graziosi putti reggi-stemma, due bassorilievi che rappresentano scene della guerra combattuta da Alessandro nelle Fiandre.
Riccardo Tonna
Pubblicato il 22 maggio 2022
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