Cecilia Galatolo a Borgotrebbia: «Volevo scrivere per portare speranza»
Una strada già tracciata quella che la trentenne marchigiana Cecilia Galatolo, scrittrice e mamma di due bambini, negli ultimi anni liceali era certa di voler percorrere. “Andrò a Bologna a fare Scienze della comunicazione e poi un master in giornalismo” ripeteva con sicurezza ai compagni indecisi circa il proprio futuro. Idee chiare, casa e coinquilini trovati e un sogno che stava per farsi realtà ma, a pochi giorni dall’immatricolazione, qualcosa la fa girare e rigirare nel letto tenendola sveglia una notte intera…
Lasciare che l’onda travolga
“Io ho sempre conosciuto bene il mio sogno” esordisce Cecilia giovedì 15 settembre, invitata dal parroco don Pietro Cesena nel salone dei Santi Angeli Custodi a parlare del suo secondo libro “Sei nato originale non vivere da fotocopia”. “Volevo fare la giornalista e scrivere libri – continua – e all’età di 9 anni, pur scrivendo cavolate da bambini, l’avevo già capito”. Non erano i colli bolognesi però quelli verso cui il Signore la stava chiamando, bensì i sette colli di Roma. Così, attraverso una notte insonne di fine agosto, assalita da dubbi su Dio e sulla fede, Egli le stravolge i piani. “Quella notte presi coscienza del fatto che la mia priorità fosse capire la verità, sincerarmi una volta per tutte dell’esistenza e dell’amore di Dio.” Il giorno dopo, Cecilia era già iscritta alla Pontificia Università della Santa Croce. “Nel cercare su Google facoltà di teologia mi cadde l’occhio sul corso di Comunicazione sociale della Chiesa. Esso prevedeva sia esami di giornalismo sia di teologia. Era la mia strada dunque!” spiega l’autrice.
Salto nel vuoto che vuoto non è
I primi tempi a Roma non sono stati facili; lei, giovane laica, in mezzo a compagni di corso più grandi e che avevano scelto la vita consacrata. In lotta con sé stessa e con Gesù si chiedeva se quella scelta non fosse stata uno dei suoi colpi di testa da persona impulsiva. Eppure, sentiva nel proprio cuore la spinta a fidarsi e a stare serena. “Così ho scommesso col Signore dicendogli che se avessi scoperto definitivamente la sua esistenza, avrei usato la laurea per Lui, facendo in modo che tutti lo conoscessero. Come è finita? – dice la scrittrice – Beh, il Signore non perde mai le scommesse. Mi sono buttata e ho fatto bene. Lui mi ha superata”.
Tempi e modi non miei
Si sa, finché c’è vita c’è la prova e, così, terminati gli studi e convolata a nozze, per Cecilia si apre un tempo, oltre che di transizione, di delusione sul fronte lavorativo. Si trasferisce nei dintorni di Jesi per seguire il lavoro certo del marito e l’assestamento in un piccolo paese provinciale dopo anni a Roma è cagione di smarrimento. Vi si aggiunge un primo libro che vende poco e un colloquio in una casa editrice dal pessimo tempismo. Ecco che, in quel buio, improvvisamente e inaspettatamente arriva la luce. “Un giorno mi chiama una casa editrice chiedendomi se volessi scrivere un libro su Carlo Acutis. Non sapevo nemmeno chi fosse ma non avevo altro da fare e, così, senza grande entusiasmo perché segnata ancora dall’insuccesso del primo libro e per senso del dovere ho accettato” spiega. Mai avrebbe pensato che il suo secondo libro diventasse un best-seller tra i libri di fede.
Quel che cercavo
“Scrivevo riversando tutto il nichilismo per anni assorbito dalle lezioni liceali di filosofia che si era inculcato profondamente in me” dice l’autrice. Scandalizzata dal male nel mondo, la Galatolo aveva finito per appoggiare la visione nichilista del suo professore di filosofia, ateo incallito e uomo infelice. Le preghiere di una madre che si diceva salvata da Cristo in extremis e i racconti di un padre su quanto Dio fosse stato determinante nella loro storia d’amore non bastavano a convincerla. “Solo a Roma, studiando e incontrando persone che mi hanno ispirata e guidata nel mio cammino di fede, ho cambiato ottica. Ho capito che Dio soffre in ogni singola violenza – prosegue - ma che con Lui la croce diventa un trampolino. Avendo redento ogni sofferenza, ciascuna porta ad un bene maggiore del male”. Cecilia ora lo sa e ne ha la certezza ogni qualvolta incontra i genitori di santi giovani, di cui ama scrivere. “Umanamente, avere il volto irradiato di gioia e serenità quando ti è morta una figlia 18enne in un incidente stradale, non è possibile. Madri e genitori consolati che ti parlano, sorridendo, della Comunione dei Santi basta e avanza come conferma della Sua presenza” dice.
Storia immaginaria dunque quella del giovane protagonista Francesco? No, tante le mail che riempiono la casella di posta elettronica di Cecilia. “Ho letto il tuo libro e sono io! È la mia storia; salvato con la perseveranza di un sacerdote da una vita vuota e apatica, ora sono frate” è solo un esempio di tanti riscontri.
Elena Iervoglini
Pubblicato il 17 settembre 2022
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