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Il cristianesimo non è una formula, ma una persona: Gesù, il Cristo

mosaico rupnik

Quando Gesù ci interroga, chiede che la fede non sia solo una dottrina ma diventi un esempio di vita concreta, di carità.
“La gente, chi dice che io sia?”. Ed essi gli risposero: “Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti”. Ed egli domandava loro: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Pietro gli rispose: “Tu sei il Cristo”.
Con queste parole ragioniamo sulla natura di Cristo: in Lui il Figlio di Dio e il figlio dell’uomo diventano persona, volto, incontro. In Gesù il mistero di Dio e il mistero dell’uomo si svelano.
Se questi due misteri vengono scissi, se consideriamo Gesù solo Dio o solo uomo cadiamo nell’errore.

 

Pietro non sa più chi è il Cristo, quel Figlio di Dio rifiutato e ucciso.
Pietro viene preso in disparte, messo all’angolo dal Signore: e quante volte succede anche a noi di trovarci soli in un passaggio difficile con questa domanda a cui rispondere: “Chi è il Cristo?”.
Nella malattia, nelle decisioni da prendere, nei lunghi periodi di solitudine e di confusione, che cosa ce ne facciamo di Cristo? Con questa domanda dobbiamo fare verità sulla nostra vita.
La verità è che il figlio dell’uomo ha dovuto soffrire molto in virtù del suo legame con Dio.
Pietro si lasciò guidare dal suo slancio e proclamò: “Tu sei il Cristo” ma poi si mise a rimproverarlo, trovando così umiliazione nella frase di Gesù: “Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”.
Sì, Gesù la via, la verità, la vita e ci vuole coraggio per arrivare a determinate affermazioni.
La domanda di Gesù ai suoi discepoli raggiunge, dopo duemila anni, ciascuno di noi e pretende una risposta vissuta.
Non esiste forse in tutto il Vangelo una professione di fede così sintetica e così efficace come quella che fa Pietro nel racconto di oggi.

Estratto dalla Lectio mattutina
di madre Maria Emmanuel Corradini,
abbadessa del Monastero benedettino di San Raimondo,
del 20 febbraio 2020, Mc 8,27-33

a cura di
Gaia Leonardi


Pubblicato il 26 febbraio 2020

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  • In Cattedrale è stato ricordato il beato Secondo Pollo

    pollo

    Lunedì 26 dicembre il vescovo mons. Adriano Cevolotto ha presieduto la messa in Cattedrale a Piacenza nella memoria del beato Secondo Pollo, cappellano militare degli alpini. Vi hanno partecipato i rappresentanti delle sezioni degli Alpini di Piacenza e provincia e i sacerdoti mons. Pierluigi Dallavalle, mons. Pietro Campominosi, cappellano militare del II Reggimento Genio Pontieri, don Stefano Garilli, cappellano dell'Associazione Nazionale degli Alpini di Piacenza, don Federico Tagliaferri ex alpino e il diacono Emidio Boledi, alpino dell'anno nel 2019.
    Durante la Seconda guerra mondale, il sacerdote parte per la zona di guerra del Montenegro (Albania), dove trova la morte il 26 dicembre dello stesso anno, colpito da fuoco nemico mentre soccorreva un soldato ferito. 
    Originaio di Vercelli, fu beatificato il 24 maggio 1998 da papa Giovanni Paolo II. 

    Nella foto, il gruppo degli Alpini presenti in Cattedrale con il vescovo mons. Adriano Cevolotto.

    Pubblicato il 27 dicembre 2022

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