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Il rapporto con il Signore rende umili

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Arrivare alla fine con la coscienza pulita e la giusta percezione di sé, quando giunto il momento di lasciare questa vita posso dire “ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede” - confida san Paolo.
Paolo ha intima comprensione di ciò che è realmente e al termine della sua vita che è stata una lotta, non ha svenduto il Signore, non lo ha barattato con il mondo perché scomodo.
Quanti possono dire altrettanto di sé con la medesima consapevolezza, senza attendere una corona di gloria consegnata dagli uomini, ma confidando di riceverla da Dio?

Ciascuno di noi per il posto che occupa dovrebbe maturare la convinzione che solo Dio può attestarne l’onore.
Dove ci ostiniamo a ricercare sempre e comunque la stima degli altri, quando abbiamo l’amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori?
La ricerca spasmodica del riconoscimento agli occhi del mondo crea in noi vuoto e insoddisfazione.
Paolo consegna la sua vita ed è in un atteggiamento di grande umiltà resagli dal Signore.
Solo quando il Signore avrà reso umili le nostre vite, si potrà innalzare la scala verso il cielo.
L’umiltà non è una virtù che si compra a buon prezzo, ma nasce in un legame quotidiano con il Signore, nell’essere come lui. È il vestito di Cristo, l’umiltà.

E noi di che cosa siamo rivestiti?
Avere l’intima presunzione di essere nel giusto è un tarlo diabolico. L’intimità è la coscienza del profondo del nostro cuore e di quello che siamo o non siamo.
Chi ci dice che cosa siamo?
Tutti vorremmo essere quel pubblicano che in ginocchio in fondo al tempio si lascia guardare da Dio e aspetta la misericordia, ma in realtà ci vuole tutta la vita per diventare come lui, “scendendo tutti i gradini fino al dodicesimo grado di umiltà arrivando alla consapevolezza di essere niente” - come dice San Benedetto del monaco veramente retto.
L’intima coscienza di sé arriva smettendo di giudicare gli altri, ammettendo che domani potrei essere io il presuntuoso fariseo invece dell’umile pubblicano e che solo la mano di Dio sulla mia testa mi rialzerà dalla caduta.
Solo conservando la fede resteremo in piedi: per grazia, non per virtù.

Estratto dalla Lectio mattutina
di madre Maria Emmanuel Corradini,
abbadessa del Monastero benedettino di San Raimondo,
del 27 ottobre 2019, 2Tm 4,6-8.16-18

a cura di
Gaia Leonardi


Pubblicato il 28 ottobre 2019

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  • In Cattedrale è stato ricordato il beato Secondo Pollo

    pollo

    Lunedì 26 dicembre il vescovo mons. Adriano Cevolotto ha presieduto la messa in Cattedrale a Piacenza nella memoria del beato Secondo Pollo, cappellano militare degli alpini. Vi hanno partecipato i rappresentanti delle sezioni degli Alpini di Piacenza e provincia e i sacerdoti mons. Pierluigi Dallavalle, mons. Pietro Campominosi, cappellano militare del II Reggimento Genio Pontieri, don Stefano Garilli, cappellano dell'Associazione Nazionale degli Alpini di Piacenza, don Federico Tagliaferri ex alpino e il diacono Emidio Boledi, alpino dell'anno nel 2019.
    Durante la Seconda guerra mondale, il sacerdote parte per la zona di guerra del Montenegro (Albania), dove trova la morte il 26 dicembre dello stesso anno, colpito da fuoco nemico mentre soccorreva un soldato ferito. 
    Originaio di Vercelli, fu beatificato il 24 maggio 1998 da papa Giovanni Paolo II. 

    Nella foto, il gruppo degli Alpini presenti in Cattedrale con il vescovo mons. Adriano Cevolotto.

    Pubblicato il 27 dicembre 2022

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