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Ospitare uno sguardo per vedere negli occhi dell'altro il volto di Dio

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Gesù entrato nella sinagoga incontra un uomo posseduto dal demonio. C'è una discussione fra i due.

Questi cominciò a gridare forte: "Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!“. Gesù ordinò severamente: “Taci! Esci da lui!”.
Il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui,senza fargli alcun male.
Il fatto è che il diavolo è sempre all'opera; a ogni ora del giorno non abbandona le sue prede che siamo noi uomini.
La vita cristiana è una vita di lotta e non un passeggiare all'ombra di alberi con frescura e ristoro al momento giusto, ma costantemente dobbiamo decidere fra il Bene e il Male, sapendo che il Male ha tante forme: può essere il demonio che si impossessa del tuo cuore oppure una malattia che ti impedisce di condurre una vita quotidiana semplice e vera.
Gesù scorse la suocera di Simon Pietro giacere su un letto in preda a febbre violenta; subito i suoi discepoli lo pregarono di risanarla. Gesù s'avvicinò, prese la donna per mano e la sollevò. Gesù intimò semplicemente alla febbre di lasciare la donna e la febbre sparì.

La liberazione da malattie e infermità di ogni genere costituì, insieme con la predicazione, la principale attività di Gesù nella sua vita pubblica.
Abbiamo sempre bisogno di qualcuno che interceda per noi e che preghi per noi davanti a Dio per il bene che ci vuole e senza chiederci nulla del nostro bisogno. Sollevare dall’infermità vuol dire ospitare qualcuno dentro di sé. Così Gesù scaccia la febbre, solleva la donna ospitandola dentro di sé per guarirla definitivamente.
È così che si possono guarire gli altri.
Certo a noi non riesce di fare quello che ha fatto Gesù ma la prima modalità di carità è portare l'altro dentro di noi con la preghiera e così deporlo ai piedi di Gesù.
Questa è la prima forma di guarigione: l'ospitalità dell'altro dentro di noi, con la sua debolezza e la sua infermità.
Questo significa uscire da sé stessi per far posto all'altro.

Di fare e di parlare siamo capaci tutti, ma di accogliere come fa Gesù, no.
Ma è quello che Lui vuole.
Christian Bobin scriveva che quando veniva invitato in qualche luogo, non entrava in una casa ma entrava negli occhi delle persone. Non vedeva il resto.
Questo è entrare.
Gli occhi rappresentano il cuore. Entrare nel cuore, lasciarsi interessare da un cuore: questo è il vero senso dell’ospitare e sollevare dalle infermità. Ed è un viaggio entrare in uno sguardo!
Un viaggio che approda al cuore e apre un futuro: si passa dalla immobilità della vita, al servire e a una nuova capacità di relazione. Si passa da una rigidità di pensiero ad una apertura all'altro.
Quando qualcuno sperimenta questa nuova nascita dopo essere stato ospitato e guarito, accolto per quello che è, inizia la guarigione.
Abbiamo veramente bisogno di convertirci perché la questione è la fede, attingendo all'Eucaristia e alla Parola per non fissarci sulle nostre idee.
Avere docilità del cuore e diventare per il Signore strumento della sua pace per accogliere l'altro e sollevarlo dall’infermità, capendo realmente ciò di cui ha bisogno.
Solo il Signore può permetterci di vedere negli occhi dell'altro prima di tutto il volto di Dio.

Estratto dalla Lectio mattutina di madre Maria Emmanuel Corradini,
abbadessa del Monastero benedettino di San Raimondo
del 4 settembre 2019, Lc 4,31-37

a cura di
Gaia Leonardi


Pubblicato il 12 settembre 2019

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  • In Cattedrale è stato ricordato il beato Secondo Pollo

    pollo

    Lunedì 26 dicembre il vescovo mons. Adriano Cevolotto ha presieduto la messa in Cattedrale a Piacenza nella memoria del beato Secondo Pollo, cappellano militare degli alpini. Vi hanno partecipato i rappresentanti delle sezioni degli Alpini di Piacenza e provincia e i sacerdoti mons. Pierluigi Dallavalle, mons. Pietro Campominosi, cappellano militare del II Reggimento Genio Pontieri, don Stefano Garilli, cappellano dell'Associazione Nazionale degli Alpini di Piacenza, don Federico Tagliaferri ex alpino e il diacono Emidio Boledi, alpino dell'anno nel 2019.
    Durante la Seconda guerra mondale, il sacerdote parte per la zona di guerra del Montenegro (Albania), dove trova la morte il 26 dicembre dello stesso anno, colpito da fuoco nemico mentre soccorreva un soldato ferito. 
    Originaio di Vercelli, fu beatificato il 24 maggio 1998 da papa Giovanni Paolo II. 

    Nella foto, il gruppo degli Alpini presenti in Cattedrale con il vescovo mons. Adriano Cevolotto.

    Pubblicato il 27 dicembre 2022

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