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La lotta tra la carne e lo spirito

Madre Maria Emmanuel: guardiamo dentro di noi per scoprire il grande bisogno di vita e incontrare Dio

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“L’ingordigia è la passione madre che attacca l’uomo”.
Sono le parole con cui l’abbadessa benedettina madre Maria Emmanuel Corradini ha esordito nel suo intervento del 4 maggio sul tema “La carne e lo spirito” nell’ambito del percorso dedicato al dolore.
Infatti, secondo l’abbadessa di San Raimondo, l’ingordigia è avere fame di tutto e di tutti, non essere mai sazi di quello che si ha.

Citando i Padri del Deserto, la Madre ha poi descritto i tre giganti che scatenano il male nel cuore dell’uomo che sono: l’oblio, l’opacità della mente e l’accidia.
Il primo gigante vuole significare che esiste solo il nostro io e il nostro bisogno, il secondo è una sorta di anestesia che ci fa addormentare non affrontando la vita, mentre il terzo è il sentimento di tristezza che scaturisce dal non essere mai contenti.

Queste tre situazioni, secondo la religiosa, determinano le nostre antipatie e simpatie, le insofferenze, le nausee, le insensibilità e le malinconie.

madre3mag“Ma da dove provengono tutte queste cose?”, si è domandata madre Maria Emmanuel.
La risposta si può trovare, ha affermato, “guardando in profondità dentro a noi stessi. Scopriremo - ha aggiunto - una duplice realtà: quella dell’io superficiale, possessivo, orgoglioso, superbo che reagisce subito, e quella dell’io profondo abitato invece dallo Spirito che desidera l’amore, anzi che ha nostalgia dell’amore, della verità e della pace”.

Si tratta quindi, secondo la benedettina, di fare emergere quell’io profondo, nutrito dalla Parola di Dio, dai sacramenti e dal rapporto con gli altri.
Camminare secondo lo Spirito, ha detto l’abbadessa, significa vincere il nemico, il male che, come scriveva sant'Ilario di Poitiers, “ci spinge verso la schiavitù in un palazzo d’oro, non colpisce i fianchi, ma prende possesso del cuore e uccide l’anima con l’oro e l’argento”.

C’è bisogno di una risurrezione interiore: “È la Pasqua del Signore che mette a morte l’uomo vecchio e fa sorgere l’uomo nuovo - ha continuato la Madre -, che mette alla luce la doppiezza e la menzogna per essere estirpate”.

L’abbadessa di San Raimondo ha pure affermato che abbiamo, tante volte, diverse personalità che cambiano a seconda di chi dobbiamo incontrare, rendendoci spesso degli uomini “sdoppiati”, mentre san Benedetto ci ricorda la profonda unità della persona: “Quello che hai nel cuore deve espresso dal corpo e dalla parola, devi essere uno, non frantumato in mille pezzi”.
“Allora chi mi aiuta?” è l’interrogativo fondamentale della meditazione di madre Maria Emmanuel.
La risposta, che viene dal Vangelo, è lo Spirito Santo, il dono supremo di Gesù in croce.

Una citazione di Paolo VI ha completato il pensiero della Madre: “Lo Spirito Santo si diffonde come grazia, conferisce virtù soprannaturali, un’illuminazione della mente, una speranza. Si espande nella rete della psicologia umana”.
Da queste parole la monaca benedettina ha trovato lo spunto per affermare che lo Spirito crea un nuovo modo di pensare, di agire, di essere e libera dall’egocentrismo.

“Lo Spirito Santo rimette la presenza di Cristo al centro della vita - ha ribadito -, spezza la spirale del male, dell’egoismo. Camminare secondo lo Spirito ci permette di vivere con carità e speranza, ci dona l’intelligenza per discernere il vero bene e la capacità di perdonare, espressione dell’amore che vince sul male ricevuto”.
“L’uomo guidato dallo Spirito non è più dominato dai desideri mondani - ha affermato -, cioè dettati dal mondo, dalla società, ha bisogno soltanto dell’eucaristia dove il cuore e i pensieri di Dio abitano in noi”.

L’intervento della monaca benedettina si poi è concluso, nella chiesa gremita di fedeli, con la citazione di Giovanni Paolo I, papa per solo 33 giorni: “Abbiamo bisogno più di santi e di preghiera che di uomini potenti”.
La via proposta da madre Maria Emmanuel è quella di affidarsi allo Spirito che intercede per noi affinché diventiamo non solo buoni, ma santi.

Riccardo Tonna

Pubblicato il 6 maggio 2017

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  • In Cattedrale è stato ricordato il beato Secondo Pollo

    pollo

    Lunedì 26 dicembre il vescovo mons. Adriano Cevolotto ha presieduto la messa in Cattedrale a Piacenza nella memoria del beato Secondo Pollo, cappellano militare degli alpini. Vi hanno partecipato i rappresentanti delle sezioni degli Alpini di Piacenza e provincia e i sacerdoti mons. Pierluigi Dallavalle, mons. Pietro Campominosi, cappellano militare del II Reggimento Genio Pontieri, don Stefano Garilli, cappellano dell'Associazione Nazionale degli Alpini di Piacenza, don Federico Tagliaferri ex alpino e il diacono Emidio Boledi, alpino dell'anno nel 2019.
    Durante la Seconda guerra mondale, il sacerdote parte per la zona di guerra del Montenegro (Albania), dove trova la morte il 26 dicembre dello stesso anno, colpito da fuoco nemico mentre soccorreva un soldato ferito. 
    Originaio di Vercelli, fu beatificato il 24 maggio 1998 da papa Giovanni Paolo II. 

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    Pubblicato il 27 dicembre 2022

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