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Madre Emmanuel: «Solo aprendoci all'amore di Dio non avremo paura di amare gli altri»

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“Non dobbiamo temere di amare, ma osare nell'amore”. È il titolo della meditazione condotta da Madre Emmanuel Corradini lo scorso 4 maggio, presso il monastero di San Raimondo. “Tassello conclusivo di un più ampio percorso di riflessione sul tema «Imparare l'amore» – ha tetto la Madre all'inizio della sua lectio – , nell'analisi di oggi ci faremo aiutare molto dalla parola di Dio sul Vangelo e sulla prima lettera di Giovanni”.
Poi ha citato subito il capitolo XIII del Vangelo di Giovanni. “Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Così amatevi anche voi gli uni gli altri: da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri”. Non dobbiamo eludere questo comandamento – ha quindi spiegato la suora - , nel Nuovo Testamento è l'unico che il Signore ci dà. Lo fa alla fine dell'ultima cena, dopo aver ricevuto il tradimento di Giuda ed essersi offerto come cibo e bevanda per la nostra salvezza. È questo il contesto in cui Gesù raccomanda ai discepoli reciproco amore. Non chiede loro di seguirlo da Ponzio Pilato o di andare con Lui sulla croce. Chiede solo di amarsi gli uni gli altri, perché da questo saranno riconosciuti. Anche noi alla fine saremo infatti interrogati sull'amore. Non ci verrà chiesto della vita del vicino, o di quella dei figli e del marito. Saremo interrogati sulla nostra capacità di amare”.

Il patrimonio della Chiesa

“Qual è il tipo di amore di Gesù – riflette la suora - . Gesù ama consapevole di rimanere nell'amore del Padre - ha osservato – . La consapevolezza e la certezza di essere amato dal Padre fino alla fine lo accompagnano anche sulla croce. Ecco perché tante volte nel Vangelo ci chiede di credere all'amore che Dio ha per noi. Noi veniamo meno proprio in questo. L'insidia del peccato originale ci porta a credere che Dio ci ami a tratti, a tempo determinato. Gesù sa invece di 'rimanere fino alla fine dentro all'amore del Padre, senza poterne essere separato. Ma per rimanere bisogna avere molta docilità – precisa - , molta umidità, tanta obbedienza. Le relazioni, anche quelle umane, non devono essere coltivate solo quando le cose vanno bene. Si resta con pazienza e umiltà anche quando vanno male. La bellezza dell'amore di Cristo è questa: a differenza di noi, che spesso ci sentiamo presi in giro da Dio, Lui rimane fino alla fine, e con la sua obbedienza riporta fino alla fine ciascuno di noi dentro all'amore del Padre”.
L'amore di Gesù è anche un amore donato – aggiunge. È l'amore della vittima innocente, non gli rimane neanche una goccia di sangue. Dona tutto per la salvezza di tutti. L'amore incondizionato di Gesù è quindi diventato il criterio dei primi cristiani: da duemila anni ci sono persone che continuano ad offrire la propria vita per Gesù, anche a costo di subire martirio e persecuzione. È questo il patrimonio della Chiesa, è visibile a tutti e nessuno potrà scalzarlo.

Amarci gli uni e gli altri

Poi l'abadessa di San Raimondo cita il capitolo quarto della prima lettera di Giovanni. Amiamoci gli uni gli altri perché l'amore è da Dio. Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio, chi non ama non ha conosciuto Dio. In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio ma è Lui che ha amato noi e ha mandato il Suo figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati”.
Il Signore ci dice – ha spiegato - che se noi lasciamo passare il suo amore dentro di noi, allora potremo rivelare Dio e attraverso questo amore riusciremo ad mare gli altri. Ma perché è così indispensabile amare gli altri? “Siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte” – sottolinea la Madre facendo ancora riferimento alla lettera di Giovanni. Noi non riusciamo ad amare l'altro per avere la vita. Lo vediamo anzi come un fastidioso impedimento da eliminare.
San Silvano del Monte Athos dice che “soffriamo perché non amiamo il nostro fratello. Quando amiamo, l'amore di Dio viene a noi. Bisogna sforzarsi ogni giorno di fare il bene, di imparare l'umiltà di Dio”. Dove si spegne l'amore di Dio – fa notare quindi la suora - l'amore umano diventa egoistico, e l'egoismo è sempre un'opzione contro la vita. Il vero amore per l'altro non può mai limitarsi alla sola protezione della vita. Noi pensiamo che limitarci alla protezione della vita, all'organizzazione sociale o affidarci alla scienza questo sia sufficiente per alimentare la vita. Ma non basta. Dare il pane e un tetto a chi ha bisogno è importante, ma non è sufficiente: dobbiamo soprattutto offrire all'altro il dono fondamentale della conoscenza di Cristo e del Suo amore per ogni uomo. Dobbiamo dare opportunità di salvezza, aprire nell'altro una speranza. Lo ha fatto Madre Teresa di Calcutta, soccorrendo i poveri abbandonati in strada. Li ha salvati soprattutto parlando loro di Dio”.

La debolezza dell'uomo

Poi ricorda una pagina delle “Imitazioni di Cristo”. L'amore è nato da Dio e non può riposare se non in Dio, al di là di tutte le cose create. Colui che ama vola, corre, gioisce. Dona tutto per tutti e ha tutto in ogni cosa, poiché trova a riposo nel solo, grande amore che scaturisce da Dio”. Per amare i fratelli, la moglie, il marito e il figlio – ha detto la superiora – dobbiamo quindi compiere un passaggio: arrivare a riconoscere che il nostro amore non viene da noi ma da Dio, e considerare l'altro figlio di Dio. Moglie, marito e figli sono persone per le quali Dio è morto dando la vita”.
“Oggi siamo diventati estremamente deboli nell'amore proprio perché abbiamo eliminato Dio – osserva poi l'abadessa -. Abbiamo timore di innamorarci, abbiamo paura di mostrare le nostre debolezze e di essere respinti. Non siamo capaci di essere i primi ad amare indipendentemente dalla risposta degli altri. Soprattutto la generazione dei nostri giovani ha molta paura di amare, teme di soffrire, di lasciare sicurezze e difese personali basate su cliché imposti dalla società. Molti ragazzi non riescono a controllare le proprie emozioni e scappano. Alcuni giovani o adulti che siano, arrivano addirittura a dire che amare è un male”.
Oggi si vive pensando che l'amore sia sicurezza emotiva, favola romantica, oppure che la costruzione della personalità individuale debba coincidere con titoli, qualità fisiche, soldi – continua - . Al contrario l'amore autentico è la vera vittoria sull'ego, sul nostro io. Chi pensa di amare la sua vita amando il proprio individualismo, il proprio comodo e il proprio guadagno la perde. Ecco perché il cristiano, attraverso la familiarità con Cristo e quindi tramite un percorso di crescita interiore, riesce a vivere una vita di comunione con l'altro che è persistente opera di conversione”. Vivere per l’altro e con l'altro è infatti prima di tutto una decisione interiore e implica una conversione continua – ha ribadito la Madre -. Un passaggio ripetuto dalla morte alla vita, dal nostro io al tu dell'altro, per diventare insieme un noi. La comunione con l'altro e con Dio non si vive infatti in addizione, ma sempre in profondità. Bisogna mettersi in gioco fino in fondo, accettando che l'amore costa fatica”.

La paura di amare

Perché allora abbiamo paura di amare? Alla domanda sembrano rispondere perfettamente le parole di San Benedetto ricordate dalla suora. Il riferimento è al capitolo settimo della Regola, dove a proposito del dodicesimo grado dell'umiltà San Benedetto parla del monaco che “pervenuto all'amore scaccia il timore”.
“L'amore autentico scaccia il timore quando l'individuo riconosce di non saper amare – dice il Santo citato dall'abadessa -, quando vive l'esperienza cocente, dolorosa e umiliante di non riuscire spontaneamente ad amare l'altro. La paura nasce da qui: ci si rende conto che amare l'altro ed essere amati con le proprie paure, debolezze e viltà è uno sforzo difficile. Si comincia ad amare davvero solo dopo aver sperimentato la nostra incapacità di amare e il bisogno di attingere a questo amore da Dio”.
“L'inizio dell'amore è allora un grido di sgomento e impotenza – continua la superiora ricordando San Benedetto -. È il grido di Sant'Agostino nelle 'Confessioni' e di tanti altri santi che riconosco la propria inadeguatezza ad amare. Ma tutto cambia quando il 'grido di Dio squarcia la sordità umana'. Quando s il grido impotente dell'uomo si incontra con quello di Dio che non vuole perdere la sua creatura nascono l'amore e il desiderio di salvezza. Liberi dai lacci della nostra perfezione e nudi alla presenza dell'altro iniziamo finalmente ad amare e permettiamo di essere amati. Possiamo mostrarci così come siamo, con le nostre ferite, le nostre cicatrici. Dio sarà il primo a prendersene cura. Diventiamo allora lentamente responsabili della vita dell'altro e arriviamo a desiderare che viva dentro di noi”.
“Ci vuole molto coraggio ad amare diceva la volontaria Annalena Tonelli, menzionata dalla superiora di San Raimondo - . Bisogna essere audaci, arditi, osare continuamente. Amare è guardare Dio dentro l'altro come in un vetro tersissimo e saperci entusiasmare”. Solo così l'amore diventa veramente cristiano – ha sottolineato Madre Emmanuel in conclusione -. La vera forza dell'uomo per vincere il male in sé e attorno a sé è andare alla fonte dell'umile amore, che prende vita da Dio. Un amore attinto nell'eucaristia: l'espressione più vera ed efficace di un Dio umile che si lascia mangiare per nutrirci del suo amore”.

Micaela Ghisoni

Pubblicato il 15 maggio 2024

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