Convegno in Curia sull’8xmille: il ripensamento secondo gli esperti
La Sala degli affreschi della Curia vescovile di Piacenza ha ospitato il 10 maggio la giornata conclusiva del convegno di studi “La Chiesa al servizio della società. Genesi, sviluppo e attualità della legge n. 222 del 1985 a quarant’anni dalla firma”. Titolo della mattinata: “Il finanziamento delle confessioni religiose: dalla legge n. 222 del 1985 al sistema delle Intese”. Cinque i relatori che si sono susseguiti sotto la guida della prof.ssa Geraldina Boni, docente di diritto ecclesiastico e canonico all’Alma Mater di Bologna, consultore del Pontificio Consiglio per i testi legislativi e, dal 2023, presidentessa della Commissione per le intese con le confessioni religiose e per la libertà religiosa. Il suo parere? Un rinnovato clima di collaborazione tra Stato e Chiesa cattolica in Italia che sappia far fronte alle molte sfide del sistema di finanziamento incentrate oggi soprattutto sulle esigenze di trasparenza e rendicontazione nell’utilizzo delle risorse che riguardano tanto la Chiesa quanto lo Stato.
Essere bussola tra competitività e frammentazione
Ad aver citato la collaborazione tra Stato e Chiesa a favore del bene comune è stata anche Carmela Elefante, professoressa di diritto ecclesiastico, canonico e del terzo settore all’Università di Salerno dei cui numerosi progetti di ricerca la docente - anche autrice di una ricca produzione scientifica su temi ecclesiastici - è referente scientifico. Per lei il sistema a cui soggiace la legge 222 non mostra segni di crisi. “Tutto sta nella capacità della legge di adattarsi ai mutamenti del contesto contemporaneo. Mutamenti che la mettono sì alla prova ma ai quali risponde con flessibilità, valorizzando le dinamiche evolutive che attraversano sia Stato sia Chiesa”.
Ciò che per la professoressa campana andrebbe fatto è creare una progettualità dinamica che inserisca la legge in questione - tra l’altro una delle prime a vedere il nesso tra normatività e governance e a parlare di cittadinanza attiva - in una prospettiva più attuale e costante. Una legge che è dunque una piattaforma evolutiva in un quadro sempre più competitivo e frammentato che mette a rischio l’equilibrio di sistema. “Urge una sintesi - prosegue Carmela Elefante - tra esigenze politiche e imperativi costituzionali che vanno tradotti in risposte concrete in quanto il finanziamento pubblico deve essere un mezzo, non un privilegio”. Una legge che per la docente è e deve restare “bussola che orienta nello spazio istituzionale”.
Tornare alle origini
A proposito di privilegi, secondo il professore di diritto ecclesiastico, canonico e dei culti Luigi Lacroce, negli ultimi anni, disattendendo gli ordinari criteri di rendicontazione, è emersa una lettura distorta della disciplina dell’utilizzo e della rendicontazione dell’8xmille interpretata erroneamente come foriera di privilegi anacronistici. Tale opinione, per Lacroce - dal 2024 membro del Consiglio nazionale del terzo settore - deriva da un’applicazione dei criteri della rendicontazione pubblica a meccanismi che riguardano un sistema specifico e peculiare, che è intellegibile solo se si resta fedeli alla genesi e alla funzione originaria della normativa.
Far conoscere la verità
“Il problema - spiega il responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa Monzio Compagnoni - è che il sistema dell’8xmille, nato per sostenere il clero - ma molto più di un meccanismo di sostegno - ha perso la sua spinta valoriale”. Il risultato? La continua diminuzione delle firme a favore della Chiesa Cattolica. Un calo che va avanti da un ventennio e che trova la sua causa in molteplici fattori, tra i quali una comunicazione dei media che spesso enfatizza scandali, questioni divisive come ad esempio il fine vita, o meccanismi di recente riformati come le dichiarazioni online che privilegiano lo Stato. Per Compagnoni, che vanta l’esperienza concreta di chi agisce sul campo destreggiandosi tra comunicazione e analisi di mercato, non è possibile che, a 40 anni dalla sua entrata in vigore, il 70% dei cattolici ancora non sappia come funzioni l’8xmille. Persone che non sanno e quindi non donano. Tre donatori per parrocchia. “Il fatto è - illustra l’esperto - che in Italia spesso gli stessi parroci non promuovono adeguatamente la raccolta fondi, quando invece ci sono Paesi con la pastorale della decima. I parroci devono raccontare alla comunità perché la Chiesa deve essere sostenuta dalla sua comunità, come fratelli che si prendono cura della cosa comune”. Secondo Compagnoni, è il momento di agire e di dire basta al falso stereotipo del sacerdote ricco, mostrando invece quanto egli dipenda sempre più dall’8xmille, oramai unica fonte di sostentamento per la diocesi. Insomma, se calano le risorse, calano anche quelle per fare il bene e aiutare il numero crescente di persone che in Italia si trovano in stato di povertà. “La Chiesa - continua - sopperisce a ciò che lo Stato non riesce a fare. Un esempio? I progetti per i malati di Alzheimer e le loro famiglie. Eppure, tutto ciò che perdiamo lo acquisisce lo Stato, l’unico vero concorrente economico”. Con un sistema mediatico ostacolante in un contesto che, oltre a non essere più cristiano con il calo dei praticanti - dal 30% del 2005 al 16% del 2023 - è composto in larga parte da anziani, non più tenuti a fare la dichiarazione dei redditi, è naturale assistere al calo delle firme. Che fare? Per Monzio Compagnoni, è ora di pensare a un modello integrativo in quanto, da solo, l’8xmille non può più vivere.
Una firma in cambio di trasparenza
Sull’impegno di diffondere un’adeguata informazione della rendicontazione si è espressa anche Anna Gianfreda, docente di diritto e gestione degli Enti religiosi e del terzo settore all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza nonché membro di vari progetti di portata nazionale e internazionale legati al tema del finanziamento religioso. “La legge 222 - spiega - lascia libertà nella modalità di rendicontare l’attività connessa alle tipologie di destinazione diversa dal sostentamento dei ministri del culto”. Una libertà che si è però tradotta in carenza in quanto le rendicontazioni presenti online valorizzano le destinazioni di carattere sociale e umanitario senza però mostrare i dati sulle somme destinate al sostentamento del clero, diversamente da altre confessioni religiose. Senza limpidezza nei dati non è dunque possibile, per la docente piacentina, sperare in grandi firme. “Ad oggi, l’unica fonte di accesso ai dati dei rendiconti è quella dei siti istituzionali delle stesse confessioni religiose che, in forma di sintesi grafica, pubblicano la rendicontazione - prosegue Gianfreda - e usano il canale del sito per le campagne pubblicitarie”. Insomma, un pluralismo religioso che si presenta con declinazioni interne che modificano l’idea uniforme dell’assistenza sociale. Concepito per la Chiesa Cattolica ma poi, in ottica egualitaria, esteso anche alle altre confessioni religiose, ne ha conservato i meccanismi ma modificato le destinazioni in chiave prevalentemente sociale e umanitaria. “Complessivamente emerge un quadro nel quale le religioni che utilizzano gli strumenti della società contribuiscono al bene comune - conclude la professoressa - e hanno lo sguardo vigile per intercettare cambiamenti, rischi e opportunità nel perseguimento della loro missione nel mondo”.
Elena Iervoglini
Nella foto, alcuni dei relatori del convegno: da sinistra, Monzio Compagnoni, Geraldina Boni, Luigi Lacroce.
Pubblicato il 15 maggio 2025
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