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Resilienza, ferite e metamorfosi: la riflessione di don Belli su Santa Rita

dobelli

Alla vigilia della Festa di Santa Rita, il 22 maggio, il Santuario omonimo di Piacenza ha accolto una riflessione profonda del teologo bergamasco don Manuel Belli, noto anche per la sua presenza attiva nel mondo digitale. Il sacerdote ha offerto uno sguardo intenso e attuale sulla figura della santa di Cascia, partendo da una parola oggi spesso usata, talvolta abusata: resilienza.

Un fiorire nuovo della vita

Secondo don Belli, resilienza non è semplicemente una moda linguistica o uno slogan motivazionale, ma una parola che acquista pieno significato nella vita di Santa Rita. “La resilienza - ha detto, è la capacità di adattarsi positivamente a situazioni avverse, apprendere dalle esperienze e rafforzarsi attraverso di esse”. Una definizione che si incarna nella vita stessa di Rita, donna ferita da lutti e sofferenze, eppure capace di trasformare il dolore in occasione pasquale, in un fiorire nuovo della vita. “Santa Rita - ha spiegato don Belli - ha vissuto una vita segnata da eventi imprevedibili e dolorosi, che hanno spezzato il cuore della sua esistenza. Eppure, quelle ferite non sono diventate fine, ma principio: in lei la morte è diventata vita, come nel mistero pasquale di Cristo”.

Non esistono vite angelicate

Il teologo ha quindi invitato a riflettere sul valore delle ferite: non da negare, non da nascondere, ma da attraversare. “Bisogna assumere le ferite e farle diventare occasione di vita - ha affermato. Una sfida che riguarda ogni credente, perché - ha detto con forza - le vite angelicate non esistono. In questo pellegrinaggio terreno siamo immersi nelle ferite e siamo chiamati a fare i conti con esse”. Nel suo intervento, il teologo ha anche sottolineato come ogni scelta porti con sé una ferita, un taglio, un recidere. “Scegliere significa decidere, e decidere vuol dire anche escludere, lasciare andare, tagliare. Ma solo attraverso questa dinamica possiamo realmente trasformarci”.

Un cambiamento vissuto nella consapevolezza

È qui che la parola resilienza assume, nella visione di don Belli, una luce evangelica. Non si tratta di una semplice reazione psicologica o di una capacità umana: la resilienza cristiana è una partecipazione al dinamismo pasquale del morire per dare vita. “La vita cristiana - ha sottolineato - è un cammino di metamorfosi, di trasformazione. Ma il cambiamento va vissuto con consapevolezza. Se il cambiamento ci trascina senza guida, rischiamo di aprire voragini di tristezza anziché generare nuova vita”. Nel santuario dedicato alla santa dei casi impossibili, le parole del sacerdote bergamasco hanno risuonato come un invito a vivere la fede non come fuga dal dolore, ma come arte di trasformarlo. Un messaggio forte, radicato nel Vangelo e incarnato nella vita di una donna che, proprio attraverso le sue ferite, è diventata fiore di speranza per tanti.

Riccardo Tonna

Nella foto, don Belli con il gruppo di fedeli dopo la catechesi svoltasi in Santa Rita. (foto M.M.)

Pubblicato il 22 maggio 2025

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