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Il nostro cuore
è un forziere

Dal Vangelo secondo Luca (6,39-45)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due
in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno,
che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello
e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire
al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel
tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita!
Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene
per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.

Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo,
né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono.
Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini,
né si vendemmia uva da un rovo.
L’uomo buono
dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo
dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti
esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».

La nostra vita e la Parola
vg27225Il cuore. Occhio, bocca e cuore sono legati nel vangelo di questa domenica: quindi cuore, modo di guardare e modo di parlare sono tutti connessi, come ogni cosa è connessa nella nostra umanità. Non agiamo per compartimenti stagni, ma tutta la nostra vita esprime ciò che siamo, ciò che ci costituisce, il principio che abbiamo dentro. Il cuore dell’uomo viene paragonato da Gesù a un tesoro. Qual è dunque il tesoro che abbiamo nel cuore? È importante riconoscerlo ed individuarlo con una certa chiarezza, perché quando parliamo, cioè quando descriviamo la realtà e quando ci relazioniamo con le persone, è da quel tesoro che noi attingiamo.
Se il cuore è un forziere ci possiamo chiedere chi ha deposto ciò che esso contiene, o, usando un’altra immagine, ci possiamo domandare chi ha scritto nel nostro cuore. Il nostro cuore è lo spazio che nel nostro essere è aperto all’altro. È come un campo che è pronto ad accogliere il seme che viene gettato. Chi semina dentro di noi? Quale tipo di seme è stato gettato? Nei primi capitoli della Genesi si capisce che nel cuore dell’uomo il serpente ha gettato il seme dell’orgoglio, della superbia, della divisione. Qualcuno ha scritto in noi una parola diversa dall’amore, una parola contro la comunione. L’uomo cattivo è cattivo non perché è nato così e ha un brutto carattere. L’uomo cattivo è l’uomo che non è stato redento.
La trave. L’uomo redento da Cristo invece ha ricevuto nel cuore un’altra parola, un altro tesoro. Per questo scrive san Pietro: “amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri, essendo stati rigenerati non da un seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla parola di Dio viva ed eterna”. L’amore fraterno non è il punto di arrivo di un lavoro su se stessi, ma il frutto dell’accoglienza della parola di Dio che è Cristo stesso. È lui quella parola che salva e libera il nostro cuore dalla pretesa sull’altro, dal risentimento e dal giudizio che rinchiude l’altro nel suo male. Cristo è la parola che ci introduce nella comunione che è il modo di vivere di Dio.

Chi ha accolto questa parola ha accolto il bene e da questo bene attinge quando si trova di fronte al fratello. La parola infatti illumina e guarisce da quella cecità che è prodotta dalla trave conficcata nell’occhio. Una trave nell’occhio è davvero una immagine forte, ma descrive bene l’atteggiamento dell’uomo che non è capace di vedere il suo male e quindi passa il tempo a sottilizzare sul male altrui. Chi ha a che fare con una trave forse non ha molto tempo da impiegare a cercare pagliuzze.
Don Andrea Campisi

Pubblicato il 27 febbraio 2025

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