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Primo: fidarsi di Dio

Dal Vangelo secondo Marco (12,38-44)
In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla
nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano
passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze,
avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti.
Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere.
Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete.
Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera,

vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro:
«In verità io vi dico: questa vedova, così povera,
ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri.
Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo.
Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva,
tutto quanto aveva per vivere».

La nostra vita e la Parola
vg7nov24Le due vedove. La liturgia della Parola di questa domenica ci presenta due vedove: la prima del sud del Libano, la seconda di Gerusalemme. Entrambe danno tutto quello che hanno: la prima al profeta Elia, la seconda nel tesoro del tempio. Elia aveva annunciato la siccità e, quando questa arriva, il torrente presso cui viveva si prosciuga. Per questo va in cerca d’acqua e quando incontra la vedova chiede non solo l’acqua ma anche il cibo.
Il profeta sembra poco caritatevole con questa donna che era già in enorme difficoltà, ma la porta a fare un gesto importantissimo: metti prima me, che sono inviato di Dio (la vedova gli dice “per la vita del Signore tuo Dio…”), metti prima il mio Dio, che non è ancora il tuo, fidati di lui non con la mente, ma con un atto concreto e vedrai che provvederà, lo vedrai agire. Se misuri tu con la tua logica non ti muovi, se fai i conti con quello che hai e che puoi fare, sei in una logica di morte perché quello che hai e che fai non ti strappa alla morte, al fatto che non basti a te stessa. Se invece non misuri con le tue forze, ma ti apri a quello che può fare Dio, tutto cambia.  
La consegna. Normalmente noi misuriamo tutto in base a quello che umanamente è possibile e così siamo destinati a rimanere dentro al nostro mondo, se ci apriamo a quello che Dio può fare in noi allora appare l’impossibile, quello che va oltre alle nostre forze, e così Dio opera in noi. Quindi sembra proprio che la condizione necessaria per vivere un rapporto con Dio autentico e non illusorio sia quello di mettere realmente la propria vita nelle sue mani.
Fare questo esercizio mentalmente può anche produrre un sollievo psicologico e una sorta di autocompiacimento, farlo invece attraverso un atto concreto rende la questione molto più seria. Le due vedove non danno del loro superfluo: sia la prima che la seconda qualcosa avevano, la prima poca farina e poco olio, la seconda due spiccioli. Avrebbero potuto prima sistemare la propria condizione già difficile e poi fidarsi di Dio. La consegna di sé nelle mani di un altro è l’unico gesto che ci salva da un vita religiosa che assomiglia a una recita, come quella degli scribi.  
Don Andrea Campisi

Pubblicato il 7 novembre 2024

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