Menu
logo new2015 ok logo appStore logo googleStore

E' il cuore che fa
la differenza

Dal Vangelo secondo Matteo (22, 1-10 - forma breve)
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole
[ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze
per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare
gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati:
“Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati
sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”.

Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo,
chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono
e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe,
fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi:
“La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni;
andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete,
chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi
radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni,
e la sala delle nozze si riempì di commensali»

La nostra vita e la Parola
vg10ott23Le nozze. Come fa notare qualche comico, in certe famiglie ricevere un invito a una cerimonia di nozze suscita la stessa reazione che si verifica quando arriva un’ingiunzione di pagamento per un’infrazione al codice stradale. Ed in effetti quando non si ha un legame bello, sincero e profondo con gli sposi per molte persone andare a una festa di nozze significa solo dover spendere soldi per acquistare un abito che sia adatto al contesto e per dover fare un regalo alla nuova famiglia che nasce, significa dover rinunciare al proprio tempo libero o ai propri programmi e prendere parte a un evento che sarà certamente una festa, ma è tale solo per coloro che davvero partecipano alla gioia di chi si sposa. A dire il vero, nella parabola raccontata da Gesù, la reazione di alcuni invitati è davvero molto aggressiva: addirittura alcuni dei servi che portano l’invito alle nozze vengono insultati ed uccisi.
Da dove nasce questa reazione di violenza in alcuni e indifferenza in altri? Da dove nasce questo malessere, questa ostilità e rifiuto, da dove ha origine questa insofferenza e fastidio? Nasce da un sospetto sul re, quindi su Dio: “tu dici di invitarmi alle nozze ma il tuo invito è solo una scusa per farmi fare un sacrificio, per sottrarmi alla mia vita, per togliermi la mia libertà. Io ho i miei affari e i miei campi e avessi il dono dell’ubiquità verrei volentieri, ma siccome non posso essere in due posti nello stesso momento io non vengo: ho altro da fare ed è più importante di quello che tu mi proponi”.
L’invito. Il re avrebbe potuto spostare la festa ad una data più comoda per tutti o ad un orario che non si sovrapponesse con altri impegni inderogabili, ma la sua scelta è diversa. Manda altri servi e, mentre i primi invitati continuano a fare i loro affari e a sudare nei loro campi, gli inviati del re escono lungo le strade e chiamano tutti ad entrare, buoni e cattivi. I primi invitati non erano degni e paradossalmente entrano gli indegni, coloro che stanno ai crocicchi delle strade, ma almeno sono aperti a ricevere, sono disposti a provare questa novità che è la festa del re. Chi è degno dunque di partecipare al banchetto del re? Chi accoglie l’invito con gioia. Non è questione di meriti.
La parabola riserva però un’altra sorpresa. Il re si accorge che tra gli invitati c’è un uomo che non indossa l’abito nuziale. Ha accolto l’invito ma, in realtà, non ha cambiato l’abito, cioè la disposizione del cuore. È entrato nella sala delle nozze con il vestito vecchio. I primi cristiani, prima di essere immersi nell’acqua del fonte battesimale, si spogliavano dei propri abiti e, dopo il battesimo, indossavano una veste nuova, bianca, segno della vita nuova in cui erano stati introdotti. Stare nella comunità cristiana rimanendo attaccati alla propria mentalità, ai propri progetti, alla propria idea di giustizia, di amore è come andare in spiaggia d’estate con la tuta da sci. È il segno che non abbiamo compreso quello che ci è stato donato.
Don Andrea Campisi

Altri articoli...

  1. Il popolo nuovo nasce da un "sì" - Commento al Vangelo di domenica 8 ottobre 2023
  2. E se questa Parola fosse per te? - Commento al Vangelo di domenica 1° ottobre 2023
  3. Il lamento non porta da nessuna parte - Commento al Vangelo di domenica 24 settembre 2023
  4. Come si fa a perdonare? - Commento al Vangelo di domenica 17 settembre 2023
  5. Il vero senso della correzione - Commento al Vangelo di domenica 10 settembre 2023
  6. Pietro pensava di essere “arrivato” - Commento al Vangelo di domenica 3 settembre 2023
  7. C’è un nemico che agisce di nascosto, di notte - Commento al Vangelo di domenica 23 luglio 2023
  8. Per seminare ci vuole speranza - Commento al Vangelo di domenica 16 luglio 2023
  9. Sempre in battaglia. L’arma è l’umiltà - Commento al Vangelo di domenica 9 luglio 2023
  10. Attenti nella vita all’effetto boomerang - Commento al Vangelo di domenica 2 luglio 2023
  11. C’è una paura che fa bene alla vita - Commento al Vangelo di domenica 25 giugno 2023
  12. L’uomo non è un vagabondo - Commento al Vangelo di domenica 18 giugno
  13. Educare l’ «appetito» - Commento al Vangelo di domenica 11 giugno 2023
  14. Non pensare di salvarti da solo - Commento al Vangelo di domenica 4 giugno 2023
  15. Il perdono spezza le catene - Commento al Vangelo di domenica 28 maggio 2023
  16. Inzuppàti dell’amore di Dio - Commento al Vangelo di domenica 21 maggio 2023
  17. L’uomo non è più un orfano - Commento al Vangelo di domenica 14 maggio 2023
  18. Oltre il carcere del nostro «io» - Commento al Vangelo di domenica 7 maggio 2023
  19. Il nuovo popolo del Buon Pastore - Commento al Vangelo di domenica 30 aprile 2023
  20. Ogni delusione nasce da un’illusione - Commento al Vangelo di domenica 23 aprile 2023

"Il Nuovo Giornale" percepisce i contributi pubblici all’editoria.
"Il Nuovo Giornale", tramite la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici), ha aderito allo IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.

Amministrazione trasparente