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Educare
l’ «appetito»

Dal Vangelo secondo Giovanni (6,51-58)


In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.
Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò
è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro:
«Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico:
se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete
il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue
ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.
Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui.
Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre,

così anche colui che mangia me vivrà per me
Questo è il pane disceso dal cielo;
non è come quello che mangiarono i padri e morirono.
Chi mangia questo pane vivrà in eterno».


La nostra vita e la Parola
vg11giu23La fame e la sete. “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda”: i temi del cibo, del nutrimento, e quello della bevanda sono centrali nell’esperienza dell’uomo e, come tutti gli aspetti della vita umana, vanno oltre l’immediata materialità chimica o fisica.
Un desiderio grande. La risposta che l’uomo dà alla propria fame e alla propria sete determina e condiziona poi l’intera esistenza. È evidente che l’uomo non si accontenta di alimentarsi per sopravvivere, cerca anche una sazietà nonostante sia ben consapevole che la sazietà è esperienza che non dura molto tempo, ma inoltre cerca nel cibo anche un gusto, una bontà, una bellezza. E così l’uomo non si accontenta di placare semplicemente la propria sete: se è vero che l’acqua è necessaria per sopravvivere, essa non basta perché subito nasce il desiderio di una bevanda che rallegri il cuore dell’uomo e lo introduca anche nella gioia e nella festa.

Lo vediamo bene anche nel nostro tempo dove sono sempre più frequenti i problemi legati all’alimentazione con tanti disturbi di origine psichica e spirituale. Al tema del cibo è legata la questione economica, e quindi l’ansia per il futuro, ed immediatamente ad esso è legata anche la questione del piacere. Questi sono solo alcuni aspetti ma intuiamo quanto sia allora centrale l’affermazione di Gesù: “la mia carne è vero cibo, il mio sangue vera bevanda”.


Vero cibo e vera bevanda. Possiamo notare che Gesù, nel discorso in cui parla alle folle a Cafarnao partendo dall’esperienza che hanno appena fatto della sazietà, conduce pian piano chi lo ascolta a scoprire il vero cibo che lui dona e la vera bevanda che solo lui offre. Ma Gesù non è venuto a distribuire qualcosa: è questo che gli uomini si aspettano perché hanno sempre vissuto così, alla ricerca di qualcuno che rispondesse ai loro bisogni immediati.

Gesù è venuto a donare se stesso come cibo, “il pane che io darò è la mia carne”, e a donare la propria vita come bevanda “il mio sangue è vera bevanda”. Vivere l’esperienza della fede significa lasciarsi nutrire dal Signore e scoprire che proprio lui è il nutrimento che comunica vita eterna, un tipo di vita che non va verso la morte ma che invece innesca vita nuova e orienta a ciò che non perisce e va oltre il morire.
Non accontentarsi. L’uomo della carne che è chiuso in se stesso è abituato a mangiare male, ad accontentarsi dei pasti che il mondo offre. Quante volte Israele rimpiange la carne e le cipolle che mangiava in Egitto. Stare con Cristo comporta una lenta educazione del desiderio e delle aspirazioni, dell’appetito per imparare a nutrirci alla mensa del Figlio di Dio perché egli rimanga in noi e noi in lui.


Don Andrea Campisi

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