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«Statio» a Fiorenzuola: liberatelo e lasciatelo andare

statiofiore

La quinta Statio, l’ultima della Quaresima, ha avuto come tema il perdono.
La Croce dell’artista Giovanni Alberti ha raggiunto la chiesa Collegiata di Fiorenzuola d’Arda, dove il vescovo mons. Adriano Cevolotto ha presieduto la celebrazione penitenziale.
La sesta e ultima tappa è prevista per giovedì 13 aprile a Piacenza e avrà come tema la misericordia.

La Croce piantata sul sepolcro
“Questa Croce si è misurata con la cura dell’uomo ferito, con la sfida dell’educazione, ha illuminato lo spazio del lavoro, come pure quello della bellezza e di ogni opera che cerca di dare alla bellezza un volto, una forma”. Il Vescovo inizia l’omelia ripercorrendo i diversi luoghi, fisici ed esistenziali, in cui la Croce della Statio ha condotto fino ad oggi.
La Croce di questa sosta è piantata nell’esperienza evangelica della risurrezione di Lazzaro: si tratta quindi di una Croce piantata nella tomba.
Proseguendo nell’omelia il Vescovo parla del duplice volto della Croce: dolorosa e allo stesso tempo gloriosa. Racconta di come la Croce, nella morte, apre una vita nuova. “La Croce è il volto del perdono: un perdono dato e offerto gratuitamente”. Definisce la Croce come bella, attraente perché “l’amore che sulla Croce si compie ha la potenza di trasformare, di aprire, di scardinare i sepolcri, le tombe”.

Dove lo avete posto?
Riprendendo la rassegnazione delle amiche di Gesù e delle sorelle di Lazzaro, il Vescovo introduce il concetto di peccato, rimarcando che la rassegnazione è il peccato che ostacola l’opera di Dio nelle nostre vite. È il “sepolcro chiuso”, una condizione non più aperta alla luce e alla speranza, la presunzione di farcela da soli.
“Dove l’avete posto?” la domanda di Gesù viene rivolta all’assemblea e induce a riflettere circa le posture che adottiamo nei confronti dei fratelli. “Noi siamo bravi a porre gli altri in luoghi di morte, ad inchiodare con i nostri giudizi, a crocifiggere chi non ha ai nostri occhi nessuna possibilità di cambiamento, di conversione, di novità” ricorda il presule. “Ma”, prosegue, “a differenza nostra, Gesù si commuove. Gesù piange la condizione dell’amico Lazzaro”.

Lasciarsi liberare
“Ciascuno di noi è chiuso in un sepolcro; anche in noi c’è qualcosa che non è illuminato”. Il Vescovo, al termine dell’omelia, invita a uscire dai propri sepolcri e a lasciarsi liberare: “il movimento dei piedi, per andare incontro, per uscire verso”; “le mani, per stenderle senza aspettare che siano gli altri a farlo”; “il volto, per lasciarsi guardare dallo sguardo di misericordia di Gesù e per riuscire a guardare i fratelli e le sorelle con occhi liberati dei pregiudizi”.

La riconciliazione
Il rito della riconciliazione ha seguito la celebrazione della Parola, con uno spazio dedicato alla confessione individuale. Una preghiera di ringraziamento ha concluso la Statio penitenziale.

Cristina Giacobbi

Pubblicato il 2 aprile 2023

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