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Come Scalabrini testimoni di Dio nel mondo

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L’invito del vescovo mons. Cevolotto alla messa di ringraziamento per la canonizzazione del Pastore
che ha guidato la diocesi di Piacenza dal 1876 al 1905

 
“La missione è qui”: è la convinzione espressa dal vescovo mons. Adriano Cevolotto in Cattedrale nel pomeriggio del 23 ottobre alla messa di ringraziamento per la recente canonizzazione di mons. Giovanni Battista Scalabrini, alla guida della diocesi piacentina dal 1876 al 1905. Erano presenti numerose autorità insieme ai responsabili delle congregazioni religiose fondate da Scalabrini a fine ’800, padre Leonir Mario Chiarello per i Missionari di San Carlo e suor Neusa de Fatima Mariano per le Missionarie di San Carlo, e a una delegazione delle Missionarie Secolari Scalabriniane guidata da Monica Martinelli, docente di sociologia all’Università Cattolica. La celebrazione, che ha visto anche la presenza dei vescovi emeriti di Piacenza-Bobbio mons. Luciano Monari e mons. Gianni Ambrosio, ha coinciso con la Giornata missionaria mondiale e la conclusione del nono centenario della costruzione della Cattedrale. Nella sua omelia il Vescovo ha sottolineato alcuni tratti del carisma di Scalabrini legandoli al cammino della Chiesa e della società dei nostri giorni.

In primo luogo, l’assemblea formata da più etnie: “siamo una bella macedonia”, ha detto citando le parole di papa Francesco a Roma nell’udienza ai partecipanti alla canonizzazione di Scalabrini il 10 ottobre. Nella messa, per sottolineare questo particolare, le letture e i canti sono stati anche in inglese e spagnolo.
In secondo luogo, l’impegno di Scalabrini alla conservazione e al restauro del Duomo quasi a mettere in pratica le parole rivolte da Gesù a San Francesco d’Assisi a San Damiano: “Va’ e ripara la mia chiesa”. Un mandato - ha precisato mons. Cevolotto - solo all’apparenza edile. L’obiettivo era restituire alla Chiesa fatta di persone la sua “bellezza originaria”, cioè l’essere volto di Cristo.
Terzo, l’orizzonte missionario. Scalabrini da giovane sacerdote sarebbe voluto partire missionario per l’Oriente. Di fronte al no del Vescovo a questo suo desiderio, non si è perso d’animo ma ha fatto della sua vita, nei tanti ambiti in cui si è coinvolto, dal catechismo ai migranti alle tante situazioni di povertà, una missione.
Parecchie decine di anni prima del Concilio Vaticano II, che si è aperto nel 1962, ha intuito che è tutta la Chiesa a essere missionaria, che tutti i cristiani, se fanno l’esperienza dell’amore di Dio nella loro vita, sono missionari, cioè testimoni di ciò che hanno incontrato.

Quarto, il suo impegno tra i migranti. Aveva capito - ha proseguito mons. Cevolotto - che senza il Vangelo e il legame con le tradizioni della propria patria si sarebbero smarriti nei Paesi che li avevano accolti. Senza il Vangelo, con tutta la sua forza “politica” in grado di cambiare la società, l’uomo e la donna diventano più poveri, smarriscono il loro orizzonte.
La luce del Vangelo aiutò Scalabrini a capire che dietro al fenomeno migratorio c’è un piano di Dio per favorire l’unità del genere umano: “l’unione in Dio per Gesù Cristo di tutti gli uomini di buon volere” (Discorso tenuto a New York nel 1901).
Oggi - ha aggiunto il Vescovo - si può essere migranti perché ci si sposta fisicamente in un altro Stato, ma anche migranti nelle terre nuove delle sfide del nostro tempo e nelle strade aperte dalle nuove tecnologie. Scalabrini si rese conto che occorreva “evangelizzare il progresso”, cioè non smarrire la radice del Vangelo per orientarsi nella storia. Solo così si può - secondo una famosa espressione di Scalabrini - “uscire dal tempio, ma dopo aver attinto dalla pietà e dalla preghiera lume e conforto”.
La nostra forza - ha concluso il Vescovo commentando la parabola evangelica del fariseo e del pubblicano - è la preghiera. Non possiamo restare schiacciati dalla presunzione di essere già perfetti, avendo nel cuore un grande giudizio sugli altri. Tutti siamo fragili e insieme possiamo camminare con Dio consapevoli del nostro bisogno di essere amati e salvati.

La messa si è aperta con il saluto del vicario generale don Giuseppe Basini. Al termine hanno espresso il proprio grazie la superiora provinciale delle Missionarie di San Carlo suor Milva Caro e il superiore generale dei Missionari di San Carlo padre Chiarello. L’applauso finale è stato indirizzato a padre Sisto Caccia, non presente alla celebrazione, oggi 91enne, superiore generale degli Scalabriniani dal 1980 al 1992. Il coro è stato diretto da Alessandro Molinari; all’organo, il maestro Federico Perotti. Ha coordinato la liturgia Dario Carini, responsabile delle celebrazioni liturgiche episcopali. Al termine della messa, si è svolto nel cortile del Palazzo vescovile un momento di festa grazie ai volontari dell’associazione Priscilla.

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Pubblicato il 24 ottobre 2022

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