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Il vescovo Cevolotto: «affidiamo a San Benedetto tutta la Chiesa»

benedetto

“È un monastero trasformato da volti di gente comune in cerca di assoluto. La grazia ha trasformato i nostri cuori, e la pace inizia proprio dal cuore”. Sono le parole che madre Maria Emmanuel Corradini ha speso negli istanti precedenti la messa solenne per la festività di San Benedetto. L’11 luglio il vescovo mons. Adriano Cevolotto ha presieduto la celebrazione davanti a una gremita chiesa di San Raimondo. Con lui sull’altare anche il vescovo emerito mons. Gianni Ambrosio.
“San Benedetto – dice mons. Cevolotto in apertura – è una sorgente abbondante da cui scaturisce tanta acqua. La sua solennità è nel suo prolungarsi nel tempo. Oggi affidiamo le monache a Benedetto, ma in fondo tutta la Chiesa, tutti noi. Le vie indicate dai santi sono sempre per tutti, non solo per qualcuno. La Chiesa ci indica oggi in Benedetto un patrono, una via di santità che ci custodisce nell’autentica fedeltà al Signore. Suggerisce le tracce che ci consegnano una direzione su cui camminare. La creatività dello spirito è capace di avviare percorsi sempre nuovi, di dare vita a percorsi di fede e santità”.

La Regola
“Nella Regola di san Benedetto – prosegue il Vescovo nell’omelia – il valore non sta nell’osservanza materiale di quanto previsto, ma piuttosto nel fatto che la Regola può aprire la strada verso le alte vette della carità. Benedetto dice di far propri gli strumenti per cui cresca in noi l’amore di Cristo. Nella Regola troviamo indicazioni sui comportamenti, ambiti che sembrano essere “di poco conto”, ma è proprio in questo che cogliamo una grande verità: la vita si qualifica nei dettagli, grazie a quella delicatezza che sa dare peso ai particolari. Che cosa c’è di bene? Benedetto consegna un’indicazione tutt’altro che scontata: le grandi scelte che compongono un’esistenza credente non sono caratterizzate da grandi passi; tuttavia, è fondamentale che ci sia un impegno ordinario e quotidiano. A chi intende rivolgersi? A quelli che intendono un monaco dentro un cenobio, guidato nel servizio sotto una Regola e un abate di riferimento”.

L’obbedienza reciproca
Nella seconda lettura “San Paolo invita i Colossesi a sviluppare sentimenti di tenerezza, bontà, umiltà, mansuetudine e magnanimità reciproci, uniti alla capacità di sopportazione e di perdono. L’obbedienza reciproca è sottomettersi gli uni agli altri, non solo a Dio. La vita fraterna è una profezia eloquente della verità pasquale. Non siamo chiamati alla pace come una specie di isolamento da ciò che può inquietarci, perché la pace ci è donata in un solo corpo. La pace di Cristo si dà nel corpo che è la Chiesa, dentro le relazioni. Il «lasciare tutto» impegna tutta l’esistenza: prestarci al servizio attraverso l’obbedienza verso la fraternità. Accanto all’obbedienza – spiega mons. Cevolotto – c’è la consegna all’abate, che rappresenta nella tradizione monastica il richiamo alla paternità. La sequela chiede un affidamento: sono strumenti necessari affinché la grazia di Dio ci raggiunga”.

Francesco Petronzio

Nella foto, la celebrazione eucaristica nella chiesa di San Raimondo in occasione della festa di San Benedetto.

Pubblicato il 12 luglio 2022

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