Papa Francesco? «Semplice e umano, un sacerdote tra la gente»
“Ho conosciuto papa Francesco nel 2021, per un'intervista durante il periodo del Covid. Da allora abbiamo mantenuto un dialogo e le cose fatte insieme sono state tante altre: finché gli ho proposto di realizzare insieme un libro che raccontasse la sua vita attraverso i più importanti eventi storici da lui vissuti, e che fosse una testimonianza per i giovani. Nel corso delle nostre conversazioni mi aveva parlato spesso dell'alleanza necessaria tra giovani e anziani, l'idea gli è subito piaciuta. Così abbiamo iniziato a lavorare al testo. Attraverso l'avventura di questo libro, ho rivisto in Bergoglio l'umanità di un sacerdote tra la gente ”.
È con queste parole che Fabio Marchese Ragona, vaticanista di Mediaset, giornalista e autore, inizia la sua presentazione di: “Life - La mia storia nella Storia” (HarperCollins Italia 2024), la prima autobiografia di papa Francesco, concepita a quattro mani dal giornalista e dal pontefice.
L'incontro, partecipatissimo, si è tenuto al Seminario Vescovile lo scorso 26 giugno e ha visto dialogare con l'autore Gian Luca Rocco, direttore editoriale di Libertà, e don Davide Maloberti, direttore del Nuovo Giornale; in un'iniziativa organizzata congiuntamente dalle due testate.
A introdurre la serata è stato Don Giuseppe Basini, che ha anche ricordato come questo appuntamento possa considerarsi la prima di una serie di iniziative pensate in vista della celebrazione di San Antonino, patrono di Piacenza festeggiato il 4 luglio.
È la prima volta che un papa si dedica ad un'autobiografia, il testo è stato tradotto in otto lingue, e Ragona è ancora piacevolmente incredulo per quello che lui e Bergoglio sono riusciti a fare insieme.
La seconda guerra mondiale, lo sbarco sulla luna, la sofferenza personale durante la dittatura di Videla in Argentina e poi la vittoria della squadra ai Mondiali, la caduta del Muro di Berlino, il momento del conclave per l'elezione; fino al Covid, con la preghiera del pontefice rivolta al crocifisso: «per favore, mettici una mano tu» , in una piazza San Pietro deserta, nel marzo 2020.
“È l'elenco dei momenti storici salienti vissuti da Francesco in prima persona, da qui il libro inizia a prendere forma – racconta Ragona - , la Storia e la vita scorrono tra le pagine da molto prima che Bergolio diventasse Papa. Ricordo quando gli inviai l'indice dei capitoli: dopo neanche 24 ore il pontefice mi chiamò per dirmi che potevamo iniziare”.
Come si realizza un libro con un papa?
“Perché il progetto diventasse realtà sono serviti diversi incontri di persona tra me e lui – ha spiegato il vaticanista - , tante ore di interviste e correzioni. E gli episodi di cui sorridere sono stati più d'uno. Come quando il pontefice, preoccupato che non avessi mangiato, mi ha fatto preparare prima dell'intervista le empanadas di vitello e di manzo. O la volta in cui, finita una registrazione audio, mi ha offerto dei cioccolatini arrivati dall'Amazzonia”.
“Tieni, questi sono appena arrivati dall'Amazzonia. Perché non li assaggi per primo tu”? - ha chiesto divertito - . “E ancora: la sua richiesta ad una giovane guardia svizzera di scattargli una fotografia con Lino Banfi”.
“ Sono aneddoti che dicono molto dell'umanità e dell'ironia di questo papa – sottolinea Ragona - . Raccontano della sua attitudine a stare con le persone in modo semplice e bonario, come quando era sacerdote a Buenos Aires. Nel libro io ci ho messo la penna e lui il cuore”.
Aneddoti divertenti
“Ci sono stati anche momemti divertenti – prosegue -. Le mie comunicazioni telefoniche con il Papa non sono mai state prefissate – ha spiegato il giornalista - . Chiama ogni volta da un numero sconosciuto e le sue telefonate per confrontarci e correggere i capitoli del testo potevano arrivare nei momenti più impensati. Una volta mi chiamò e si accorse che ero al mare. Mi domandò se avessi messo la crema solare e mi disse che mi avrebbe trattenuto solo pochi minuti per le correzioni, raccomandandomi di rimanere sotto l'ombrellone. Si capisce allora la natura di questo libro, che è anche la sua ricchezza: non si tratta di un testo istituzionale, è nato in modo genuino e diretto, come è da sempre il suo protagonista. Le pagine sono perciò memorie di un uomo, più che di un pontefice”.
I ricordi di famiglia
Il primo capitolo del libro si apre con lo scoppio della seconda guerra mondiale. Il papa è troppo piccolo per ricordare con esattezza, ma alcuni particolari gli sono rimasti vividi nella memoria. Ecco allora che iniziano i ricordi famigliari. La sua è una famiglia di migranti, che nel 1929 si è spostata dal Piemonte in Argentina scampando miracolosamente ad un naufragio per un caso fortuito. In casa si parla spesso il dialetto piemontese. Ci sono il papà, che ha un negozio di filati, la mamma casalinga, e poi c'è la presenza fondamentale di nonna Rosa. Una famiglia modesta, ma molto unita.
“È proprio nonna Rosa la prima a parlare a Francesco del cristianesimo e a farlo avvicinare a Gesù – precisa Marchese Ragona - , e sarà lei ad accompagnarlo e sostenerlo fino all'ordinazione sacerdotale. La madre lo avrebbe voluto medico, quando scopre per caso i suoi libri di teologia il ragazzo le dice che sta studiando la «medicina dell'anima».
La vocazione arriva all'improvviso nel 1957, il giovane Bergoglio sta andando ad una festa dello studente quando avverte il bisogno di confessarsi.
“In quel momento mi sono sentito «anticipato» dal Signore, sono rimasto travolto, folgorato” - dice nel libro - . Ma le sue debolezze umane non spariscono e, con grande stupore del giornalista, lascia anche spazio ad una confidenza intima: racconta che in seminario ha preso una colossale sbandata per una ragazza e per una settimana non è più riuscito a pregare. Ma poi la vocazione ha prevalso.
Gli anni in Argentina
“Da sacerdote Francesco è arrivato ai vertici della Compagnia di Gesù” - ha ricordato Don Maloberti - .
“Questo è uno dei passaggi che mi ha permesso di più di capire le posizioni del Papa di oggi – ha quindi spiegato il vaticanista - , la visione del pontefice di una chiesa in uscita che cammini tra il popolo deriva dalle scelte di quel periodo”.
“Un giovanissimo prete – continua - diventa superiore dei gesuiti di tutta l'Argentina negli anni 70' e fonda una chiesa in un quartiere di Buenos Aires. Ha un'idea precisa riguardo alla formazione dei gesuiti: i sacerdoti non devono stare fermi ad aspettare che la gente vada loro incontro, ma devono essere loro a cercare i fedeli. E allora dice ai gesuiti di andare nelle periferie della città a fare catechismo ai bambini e a incontrare gli ultimi: per formarli ma anche per coinvolgerli in attività ricreative e prestare loro aiuto. Anche quando nel 1992 viene spedito come confessore a Cordoba per punizione dei superiori, Bergoglio si mette al servizio degli altri, nonostante sia ormai destituito da incarichi prestigiosi”.
Ma gli anni '70 in Argentina sono anche quelli della dittatura di Videla, che il sacerdote ricorda con profondo dolore: i tanti amici morti o spariti nel nulla, le false accuse di connivenza con il dittatore, quando in realtà il presbitero ha rischiato la vita facendo vestire da prete un connazionale che doveva uscire dal Paese per non essere ucciso. E poi Francesco è un prete e un papa che ama lo sport. Dopo la vittoria dell'Argentina ai Mondiali dell'86 ha incontrato Maradona e gli ha chiesto quale fosse la «mano de Dios» incriminata con cui aveva segnato il trionfo.
L'elezione a Papa
Il conclave dell'elezione è quello del marzo 2013, un momento che tutti ricordano. Ma Bergoglio non si immagina che sarebbe diventato papa, lo intuisce solo con il passare del tempo, dai discorsi sibillini degli altri sacerdoti.
“Al momento dell'elezione, il presule indugia prima di andare nella cappella Sistina – sottolinea il giornalista che ha rivissuto con lui quei momenti - . Preferisce rimanere fuori a parlare : a farlo entrare sarà il maestro di cerimonie”.
“Francesco oggi è un papa con ancora tante idee – ha detto poi Ragona prima di concludere - . Si rivolge molto spesso a San Giuseppe e prega tutti i giorni San Tommaso Moro perché non gli faccia mancare il buon umore”.
Tanti i progetti che il pontefice vorrebbe portare avanti, infatti l'ultimo capitolo del libro si intitola: «Una storia ancora da scrivere». Qui Francesco immagina la chiesa del futuro: la immagina più piccola e più povera, ma soprattutto libera dalla «peste del clericalismo» e davvero capace di mettersi in ascolto della gente. Lui, il papa, ancora oggi non si dimentica di chiamare una madre e darle conforto per le preoccupazioni sulla salute del figlio. Tutta la chiesa dovrebbe essere così, ma questa è una storia ancora da scrivere.
Micaela Ghisoni
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Pubblicato il 29 giugno 2024