Nel ricordo del beato don Beotti. Celebrazione a Sidolo
Nella prima memoria liturgica del beato don Giuseppe Beotti e nell’ottantesimo di un feroce eccidio, nella chiesa di Sant’Ambrogio di Sidolo è stata celebrata l’eucaristia in ricordo dei martiri del 20 luglio 1944. Oltre al giovane parroco, originario di Campremoldo sotto, nel comune di Gragnano trebbiense, furono trucidati dalle truppe naziste don Francesco Delnevo, parroco di Porcigatone; il seminarista bardigiano Italo Subacchi e cinque civili di Borgotaro: Bruno Benci, Francesco Bozzia, Giovanni Brugnoli, Girolamo Brugnoli e Giuseppe Ruggeri.
L’appuntamento di sabato, terminato con un rinfresco offerto dalla comunità, ha radunato una folla intergenerazionale: gli abitanti di Sidolo, gli emigranti di ritorno dall’Irlanda e dagli Stati Uniti, i sidolesi sparsi nella provincia di Parma oltre a parrocchiani della Comunità pastorale di Bardi che hanno a cuore la tragica vicenda consumatasi durante l’Operazione Wallenstein del luglio 1944 che causò altri lutti nel clero e tra i laici in val Ceno e in val Taro. Toccante la testimonianza sulla sollecitudine del beato che abbiamo raccolto da Maria Conti, originaria di Casagrassa, frazione vicina a Sidolo, che nel 1944 aveva sei anni. Con le lacrime agli occhi ha ricordato: «Don Giuseppe era per noi come un padre. Sapeva delle difficoltà della nostra famiglia e veniva a casa portandoci latte, pane e altri alimenti. Sua sorella Savina è stata la madrina di mio fratello Angelo».
Tra i partecipanti il gruppo più numeroso era quello dei giovani della parrocchia di Santa Franca di Piacenza, ospiti della canonica di Credarola, accompagnati da don Maurizio Noberini e da alcuni assistenti. Sono arrivati a piedi dalla frazione dirimpetto a Sidolo, così come un gruppo di ragazze e ragazzi della corale parrocchiale arrivati da Bardi. Insieme hanno animato con musica e canti la liturgia presieduta dal moderatore della Comunità, don Mario Cappelletti, con il parroco di Bardi don Luigi Pini, il padre francescano Saul Tambini, la cui famiglia è originaria di Sidolo; don Piero Lezoli e don Noberini. Erano presenti le autorità civili e membri dell’associazionismo: la sindaca di Bardi Valentina Pontremoli con l’assessore Roberto Bertorelli e la consigliera Katia Ongeri; la sindaca di Gragnano, Patrizia Calza, Ferdinando Sandroni e Mario Spezia dell’Associazione nazionale partigiani cristiani di Parma e Piacenza, Gianfranco Nardini dell’Anpi di Bardi.
Commentando il brano del buon pastore (Gv 10,11-18), don Mario Cappelletti ha sottolineato l’esempio di coraggio e fedeltà di don Beotti: «Ha testimoniato che non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici e ha accolto e salvato persone che non erano del suo recinto, degli ebrei in fuga dai nazisti. Don Giuseppe si è aperto a coloro che avevano bisogno e che non erano “dei nostri”. Oggi siamo spinti verso il razzismo, l’omofobia, l’antisemitismo, che sono atteggiamenti contrari al Vangelo. Il beato ci richiama a pensare al dialogo interiore che diventa voce contro qualsiasi tipo di barbarie. Quella barbarie che è sempre alle porte».
Al termine del corteo giunto a Di là dal Rio davanti al cippo che ricorda i tre chierici fucilati in quel luogo, Patrizia Calza ha detto: «È un grande onore per la nostra comunità avere un beato che ha studiato e vissuto da noi. Stasera alle 18 celebreremo una messa anche a Gragnano. Dobbiamo cogliere in queste figure un insegnamento per il presente: essere persone responsabili che credono nei valori che dichiarano. Don Beoti ha saputo incarnare valori religiosi e umani nell’accoglienza verso tutti coloro che passavano dalla sua chiesa. La grandezza delle persone può emergere anche nelle piccole comunità, non bisogna ricoprire grandi ruoli per essere dei grandi e lui lo ha dimostrato. Siamo qui per ringraziarlo per il modello che è diventato per noi: spendersi per gli altri».
Il vicario generale della diocesi di Piacenza, don Giuseppe Basini, originario di Bardi, in rappresentanza del vescovo Adriano Cevolotto che è stato trattenuto a Piacenza da un funerale, ha sottolineato: «Don Beotti ha saputo vivere il presente guardando con gli occhi del futuro. In quel momento storico lui ha aperto le porte della sua canonica, non ha agito in una logica di convenienza ma ha accolto in modo da dare una speranza. Oggi possiamo dire che la sua scelta è stata una scelta responsabile che ha generato futuro. Don Giuseppe ha vissuto con responsabilità la sua condizione di prete e di cittadino. Vorrei che potessimo raccogliere la sua eredità in questo ottantesimo anniversario della morte, ma soprattutto del dono di sé insieme a don Francesco, a Italo e ai laici che qui hanno perso la vita dentro a un sogno: non lasciarci abbruttire da quello che in quel momento storico era il volto del male: il nazifascismo. Quindi credere nella forza di una resistenza nella logica dell’amore. A volte sembra che questo non generi qualcosa nell’immediato, invece ancora oggi siamo qui perché il bene fa bene e genera futuro».
Laura Caffagnini
Nelle foto, i vari momenti della celebrazione a Sidolo.
Pubblicato il 22 luglio 2024
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