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L'ultimo saluto a Guidotti: un uomo di grande rettitudine

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In una basilica di San Francesco gremita, Piacenza ha dato l'ultimo saluto a Gianguido Guidotti, sindaco dal '98 al 2002, morto sabato scorso all'età di 87 anni. Le esequie sono state presiedute dal vescovo emerito mons. Gianni Ambrosio e concelebrate da tanti sacerdoti tra cui il vicario generale don Giuseppe Basini.
La morte non siamo noi che partiamo, ma Gesù che viene - sono le parole di mons. Luigi Chiesa nell'omelia - che viene come Signore risorto, e ci prende con Sé perché dove è Lui siamo anche noi. Allora, di fronte alla morte di Gianguido, non è come stare di fronte a una vita che si è spenta, ma a una vita che ha raggiunto la dimora eterna e che ora si svela a noi in tutta la sua vera bellezza e il suo valore. Non possiamo, in questo momento, fare la cronistoria della vita di Gianguido. Ci saranno altre occasioni. I giornali locali ne hanno tracciato un bel ricordo. Ma per noi, se siamo qui, è perché Gianguido lo abbiamo conosciuto, e ognuno di noi ha la sua cronistoria dell’amicizia con lui, una cronistoria di incontri, di attenzioni, di condivisione del lavoro, di solidarietà, di familiarità, di calore umano, di momenti cordiali, in allegria, di vacanze, di passioni condivise, dal calcio, alla musica, al teatro.

Un uomo giusto e retto

Della sua vita pubblica sono tanti gli attestati di stima, e non solo ora, ma durante tutto il suo servizio, come uomo di grande rettitudine e dirittura morale, prosegue mons. Chiesa. Quando gli è stato proposto di candidarsi a sindaco della città, anche se avrebbe preferito continuare la sua professione, ha accettato come una chiamata al servizio. Con la consapevolezza che la politica - come dice la frase attribuita a San Paolo VI - “la politica Cristianamente ispirata, con principi di onestà e trasparenza, è la più alta forma di Carità Cristiana”.

Sindaco per l’intero mandato dal ’98 al 2002, ha svolto il suo servizio con competenza, umiltà, disponibilità al dialogo, l’attenzione alla persona, soprattutto quando è più fragile e vulnerabile.

Solo due frasi per dire la saggezza e il realismo del suo modo di “fare politica”: “quando è in questione l’uomo e la sua dignità si finisce per trovare delle intese, anche se si è in schieramenti diversi”. E l’altra: “Se in casa un figlio ha bisogno urgente di un paio di scarpe e i soldi a disposizione sono pochi, si rinuncia ad altro”. La sua professionalità l’ha messa a servizio della collettività, collaborando con la sua competenza a varie istituzioni, e anche a disposizione della nostra Chiesa piacentina: ha rivestito l’incarico di vicepresidente dell’Istituto Sostentamento Clero; consigliere dell’Opera diocesana per la preservazione della fede e consigliere dell’Opera Pia Alberoni.
L’avvocato Guidotti è nato, cresciuto e vissuto nella parrocchia di San Francesco e, finché la malattia lo ha concesso, ha continuato a collaborare con i vari parroci e a rendersi disponibile anche nel Consiglio pastorale. E all'interno di tutti gli impegni per gli altri, e perché tutti gli impegni non lo distraessero dalla sua vocazione fondamentale e sacramentale, ha sempre dato la priorità all'edificazione della sua "Chiesa domestica", della sua famiglia. Insieme alla moglie Piera, ai tre figli Alessandro, Elena e Marco, e ai nipoti.

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Fondamentale la sua famiglia

Solo loro, i suoi cari, solo coloro che hanno condiviso la vita con lui potrebbero dire le cose più belle, e in particolare l’amore che li ha uniti. Anche se questi sono i ricordi che per la loro natura e per la loro intensità e intimità non si possono esprimere e rimarranno per sempre nel profondo del loro cuore. Certamente i ricordi più belli li custodisce la sua amatissima sposa, continua il sacerdote. Sposati giovanissimi, hanno vissuto insieme tutta la vita. Ma per loro vivere insieme ha voluto dire comunione di cuori, di ideali, di pensieri e di sentimenti, di decisioni e di progetti. E a sostenere tutto questo la preghiera. Pregavano insieme. Anche alla Messa sempre insieme, qui in san Francesco e in tante altre chiese. Anch’io li ricordo tante volte in santa Chiara e in santa Teresa. Fin che hanno potuto insieme e poi a Gianguido la santa Comunione in casa. Un rapporto il loro in cui l’ideale di ciascuno era far felice l’altro/a. E non è un ideale da poco! E questa esperienza l’hanno trasmessa a figli e nipoti. Come padre e nonno Gianguido è stato padre buono, mite e saggio, con l’autorevolezza di chi non deve alzare la voce; nonno affettuosissimo, disponibile sempre, ma anche papà e nonno determinato in ciò in cui credeva.
Nella malattia – per anni ha dovuto fare i conti con l’invalidità imposta dal Parkinson - mai un lamento, ma con grande pazienza ha accettato la sua croce, alla luce della fede, nella preghiera, e con una infinita gratitudine verso i suoi cari e verso chi lo ha aiutato. Anche noi gli siamo grati, perché nessuno ci vuole bene così tanto come chi ci testimonia che anche attraverso la sofferenza il Signore ci viene incontro.

La sua eredità

Tutta la sua vita potremmo considerarla come un "passato", come storia passata. La morte allora sarebbe la fine di questa storia. Invece, tutto questo più che "passato" rimane per noi come una "eredità". L'eredità è il prolungamento nella nostra vita di oggi della vita che Gianguido, figlio, sposo, padre, nonno, amico, nella famiglia, nella comunità civile e nella comunità cristiana, ha donato anzitutto per i suoi cari e per noi. Ora preghiamo per lui. Avrà avuto, come tutti, anche i suoi limiti, fragilità e peccati, e per questo chiediamo per lui la misericordia del Signore, perché lo accolga nella sua Casa, dove gli verranno incontro i suoi cari che l’anno preceduto. E dal cielo siamo certi continuerà a voler bene e proteggere i suoi cari e a intercedere anche per noi.

Nelle foto, le esequie dell'avvocato Gianguido Guidotti nella basilica di San Francesco. (Foto Del Papa)

Pubblicato il 10 dicembre 2024

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