Il Vescovo incontra lo Sport: impariamo ad affrontare le sconfitte
“Quanto tempo spendiamo per educare l’ecosistema che sta intorno ai ragazzi?”. La riflessione di Giuseppe Rossano, delegato provinciale della Federazione italiana scherma, prende spunto da un aneddoto raccontato dall’assessore allo sport del Comune di Piacenza Mario Dadati. “Una volta, assistendo ai campionati under 12 di tennis presso una società piacentina, rimasi impressionato negativamente dall’atteggiamento dei ragazzini e del loro entourage. Sembravano dei «piccoli Nadal». Allora il vicepresidente del comitato regionale della Fitp mi parlò del loro modo di affrontare il problema genitoriale: la federazione obbliga i genitori a seguire un percorso psicologico, se non accettano il ragazzo non viene preso all’accademia. Non è un caso che il tennis italiano, in questo momento, sia il numero uno al mondo”. Spunti inediti e idee costruttive sono emerse nel corso dell’incontro tra il vescovo mons. Adriano Cevolotto e il “mondo dello sport” di giovedì 11 dicembre al palazzo del Coni di Piacenza. Al tavolo, il delegato provinciale del Coni Robert Gionelli col suo predecessore (e fiduciario) Stefano Teragni, la delegata provinciale del Cip (Comitato italiano paralimpico) Marta Consonni, l’assessore Mario Dadati e don Fabio Galeazzi, incaricato del servizio diocesano di pastorale giovanile.
650 associazioni sportive a Piacenza
L’incontro è inserito nell’ambito della visita pastorale alla città. “Se l’attenzione ai giovani riguarda tutti, dobbiamo domandarci cosa davvero può promuovere il valore dello sport”, ha detto il Vescovo. “In quella che ripetiamo essere un’emergenza educativa c’è bisogno di tutti i soggetti, sono convinto che le società sportive possano dare un contributo importante perché lavorando insieme, ciascuno si rende conto di portare un contributo prezioso”. In provincia di Piacenza ci sono circa 650 associazioni sportive. “Sono numeri importanti – commenta Robert Gionelli –, le statistiche dicono che abbiamo i numeri più bassi della regione, ma io ricordo sempre che la provincia di Piacenza ha il 35% di territorio montano, con un problema di spopolamento che gli enti preposti stanno cercando di combattere e una carenza di bambini. I nostri numeri sono rimasti stabili anche negli anni difficili dell’emergenza sanitaria, quando le nostre società hanno promosso gli allenamenti domestici”.
Dadati: “Siamo in primis educatori”
Nel salone del Coni, diversi rappresentanti di società sportive della città di Piacenza hanno voluto partecipare all’incontro col Vescovo. “Per riuscire a lavorare sulla persona, mettendo in pratica i valori fondanti dello sport, bisogna avere la consapevolezza che prima di essere dei tecnici siamo educatori, e non dobbiamo mai anteporre il risultato a breve termine a un lavoro lungo sulla persona. Mi piacerebbe lavorare in spazi della diocesi, sarebbe bello coinvolgere i ragazzi per riaprire gli oratori e tornare così a socializzare in quei luoghi in cui la mia generazione è cresciuta e ha passato momenti significativi”, ha detto Dadati. “Ci sono luoghi che danno l’occasione di incontrare l’umanità nella sua autenticità, e lo sport è un luogo di autenticità”, ha detto don Galeazzi. “Quando il Papa ci chiede di essere una Chiesa in uscita, significa che dobbiamo abitare la realtà del mondo e incrociarne i desideri. Credo sia importante oggi iniziare un dialogo”.
Nella foto, don Fabio Galeazzi, Marta Consonni, Robert Gionelli, mons. Adriano Cevolotto, Stefano Teragni, Mario Dadati.
Rondino (AIA): “I genitori sono fonte di esasperazione”
La riflessione sui genitori, emersa nell’ambito del tennis prima e della scherma poi, riguarda trasversalmente tutti gli sport, primo fra tutti il calcio. “Il pubblico, nelle categorie giovanili, può essere un problema per gli arbitri e per le società, e mi rendo conto di quanto influisca sui comportamenti dei ragazzi. I genitori sono la prima fonte di esasperazione”, riflette Stefano Rondino, vicepresidente della sezione di Piacenza dell’Associazione italiana arbitri. “Noi non abbiamo tifosi – afferma – perché i genitori degli arbitri sono principalmente dei tassisti ed evitano di assistere alle partite”. La sua proposta contro gli atteggiamenti di violenza fisica e verbale è quella di “interagire con la persona che ha compiuto un’azione sbagliata” perché “le sanzioni repressive servono, ma fino a un certo punto”. E poi: “Mi piacerebbe che un calciatore che ha fatto qualcosa di disdicevole faccia qualche partita da arbitro, per farlo bisognerebbe cambiare i regolamenti”. L’arbitro, ha concluso Rondino, “è un servizio, così come allenatori e dirigenti. Ma spesso questo servizio non è ben pubblicizzato, non tanto ai ragazzi quanto a quell’ecosistema che sta fuori”.
Consonni (Cip): “Non solo performance sportiva”
Marta Consonni ha portato la testimonianza del mondo della disabilità nello sport. “L’attività sportiva è fondamentale per il benessere della persona a 360 gradi, a maggior ragione per le persone con disabilità che generalmente fanno più fatica a socializzare. La gara non è solo il momento della performance sportiva. Nonostante la pandemia, il numero di accessi di bambini e adulti all’attività sportiva paralimpica è cresciuto in maniera esponenziale”. Nel corso della serata, Angela Poggioli, vicepresidente del San Giuseppe Calcio, ha parlato della decisione della società di introdurre la figura di una psicologa per i ragazzi. La società calcistica, nata nel 1979 attraverso la parrocchia di San Giuseppe Operaio, è affiliata all’Inter per il settore giovanile. “Ogni mese la psicologa restituisce un report e, in caso riscontrasse qualcosa, viene avvisato il genitore che può rivolgersi al professionista che desidera”.
Il Vescovo: “Impariamo ad affrontare le sconfitte”
“L’allenatore è un educatore”, ha sottolineato il vescovo mons. Cevolotto riprendendo le parole dell’assessore Dadati. “Per certe fasce d’età, l’allenatore diventa l’adulto capace di avere un credito maggiore grazie all’investimento che il ragazzo mette nell’attività sportiva. Nella Chiesa dobbiamo fare mea culpa: abbiamo puntato molto sulle società sportive, ma poi le abbiamo abbandonate come se non fosse una questione di nostra competenza. Certo, non può fare tutto il prete, ma si possono creare spazi di collaborazione. Dobbiamo riuscire a parlarci di più, se vogliamo far crescere un ragazzo non possiamo pretendere che basti un’ora a settimana in oratorio. Dobbiamo inserire quell’ora, quell’esperienza, all’interno della loro vita”. Il Vescovo si è poi ricollegato all’incontro svolto col mondo della scuola la settimana precedente. “Uno dei temi emersi sono le attese, vere o percepite, che esasperano i ragazzi. Alcuni di loro piangono perché hanno preso 8 o 9. La competizione non arriva solo dall’esterno (dalle famiglie, nda) ma anche dall’interno, e si creano tensioni tra i ragazzi. Il campo sportivo è lo specchio di ciò che succede altrove, perciò è fondamentale interagire”. E infine, mons. Cevolotto ha aggiunto: “Smettiamo di pensare che il valore del gioco sia la vittoria e impariamo ad affrontare le sconfitte, perché una volta appese le scarpe al chiodo, fuori troveremo la vita e le delusioni. Se non impariamo ad affrontarle, diventano drammi”.
Francesco Petronzio
Pubblicato il 13 dicembre 2024
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