Il teologo Carmelo Dotolo a Piacenza il 13 gennaio
Lunedì 13 gennaio alle 21 al Seminario vescovile di Piacenza in via Scalabrini 67 si tiene la seconda tappa del percorso “Talità Kum - Il risveglio degli adulti nella Chiesa” proposto dall’équipe diocesana adulti di Azione Cattolica. Interviene Carmelo Dotolo, teologo, docente alla Pontificia Università Urbaniana, sul tema “Dalla religione alla fede. Bellezza, attrattiva, gratuità: un linguaggio evangelico per parlare in profondità”. L’abbiamo intervistato.
Il mondo post cristiano
— Come si inquadrano religione e fede in un tempo post cristiano?
Oggi il cristianesimo non ci accomuna più per appartenenza generazionale. In una società plurale dal punto di vista culturale, etico e religioso, essere cristiani diventa una scelta, un percorso che rimette a tema l’identità cristiana in ordine ai significati che il cristianesimo stesso porta con sé. In questo contesto, parlare di religione e fede vuol dire parlare di due modalità di esperienza del- l’esistenza che possono essere distanti, ma anche abbastanza vicine.
Nel passato leggiamo l’idea che tra religione e fede ci possa essere una contrapposizione laddove la religione diventa un modo di vivere secondo una tradizione che non sembra incidere più di tanto sulla qualità dell’esistenza personale e collettiva. Dall’altra parte la fede sembra un’esperienza che rende qualitativa l’esperienza religiosa, un’opzione di vita tale che riformula la stessa esistenza, rimette in movimento le ragioni del credere e i motivi per i quali il credere diventa un esercizio molto più significativo.
Che cos’è la fede?
— Come comunicare agli adulti la presenza di Gesù e di una comunità alla sua sequela?
Nell’ottica cristiana la fede è una scommessa antropologica, credere significa diventare uomini e donne secondo il modello di Gesù di Nazaret, ed è questo processo di umanizzazione che dà alla fede la possibilità di diventare una scelta libera, gratuita e anche rischiosa. La fede è un rischio di libertà che produce una liberazione dai condizionamenti di tipo tecnologico, culturale, educativo ed esprime la possibilità di allargare lo spazio dell’esistenza, delle relazioni e degli affetti secondo il registro del dono che Gesù suggerisce.
Mettere al centro Gesù è mettere al centro quell’esperienza di fiducia che è una misura non di tornaconto. La fede diventa una scommessa di dono dell’esistenza, la gratuità e la capacità di inserire nelle scelte umane, politiche ed economiche uno sguardo umanizzante. In questo senso la responsabilità della comunità cristiana è quella di offrire uno spazio educativo a questo esercizio di fede gratuita che dona senso all’esistenza. La comunità diventa capace di dare vita a un modo di- verso di essere donne e uomini se diventa uno spazio significativo di condivisione di doni, o di quel dono che è il Vangelo di Gesù di Nazareth.
Il Vangelo e la storia
— Per raggiungere l’obiettivo di cosa si nutre la comunità?
Innanzitutto si nutre della capacità di mettere in relazione il messaggio di Gesù con una lettura dei segni dei tempi, delle domande che sperimentiamo tutti i giorni, sia come desiderio di un cambiamento sia come dichiarazione di un limite. L’ascolto della Parola e quindi anche l’esercizio di un’educazione alla conoscenza del testo biblico, a un’esperienza liturgica significativa, a una progettazione pastorale che esprime una nuova forma di essere donne e uomini, tutto questo abilita la comunità a essere un segno alternativo.
A me sembra che in questo tempo, se la comunità cristiana non vuole rimanere in una religiosità privatistica deve interloquire con il territorio e le sue attese. Mai come oggi, di fronte al tentativo di omogeneizzazione valoriale, politica, esistenziale, affettiva, deve diventare una sorta di funzione di un’umanità differente, spazio di un’esperienza di gratuità e di bellezza. Quando non diventiamo uno spazio di condivisione del Vangelo come luogo di umanizzazione rischiamo
di diventare una comunità di amministrazione delle cose sacre, di ridurre la religione a una sorta di equilibrio psico-fisico di un benessere personale legato a precetti e regole. La fede come esercizio di condivisione del Vangelo spinge a cose diverse.
La formazione è decisiva
— Quanto è importante la formazione?
È decisiva. Se l’esperienza della sequela di Gesù non viene elaborata culturalmente si rischia di impoverirne la qualità. Dicendo qualità non significa che ci debba essere una casta interna, ma s’intende una qualità che cerca di rispondere alle domande essenziali della vita. Quando il cristianesimo non riesce a rispondere a queste domande perde di senso. I processi formativi, anche quelli per adulti, sono sempre più necessari.
Laura Caffagnini
Pubblicato l'11 gennaio 2025
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