«Il problema non sono le fake news, ma le news»
“Troppo spesso oggi la comunicazione non genera speranza ma rancore, semplifica la realtà per suscitare reazioni istintive, usa le parole come una lama”. Sono alcune pennellate del Messaggio di Papa Francesco diffuso in occasione del Giubileo del mondo della comunicazione ad aver introdotto questa mattina alla Sala degli Arazzi del Collegio Alberoni il convegno di formazione per giornalisti organizzato dalla diocesi insieme all’Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna, in occasione del patrono San Francesco di Sales.
Focus del confronto, il linguaggio dei media nell’epoca dell’intelligenza artificiale, accogliendo l’invito del Papa a “disarmare la comunicazione”.
Dove nasce la violenza?
Prendendo spunto dall’episodio biblico di Caino ed Abele, l’educatrice Letizia Capezzali ha tratteggiato le dinamiche dalle quali nasce e si sviluppa la violenza dentro di noi. Se i preadolescenti nelle loro relazioni sembrano sintonizzati sulla “modalità gridata”, è altrettanto vero, se ci si guarda con onestà, che anche il mondo adulto non è esente da questa tentazione. Anziché scandalizzarsi, l’invito è ad andare al fondo dei sentimenti negativi che, inevitabilmente, possono far presa dentro di noi. “Chi - ha evidenziato Capezzali - non ha mai provato una rabbia forte nei confronti di qualcuno? Quando vengo ostacolato in qualcosa, quando sento di essere stato messo da parte, quando mi passa avanti qualcuno nel lavoro... come reagisco?”.
La Bibbia, che racchiude tutte le esperienze umane, ci mostra come Dio cerchi di aiutare Caino a prendere in mano la sua rabbia, a cercare dentro di sé la radice profonda che sta alla base della sua irritazione. Non solo. Accanto all’indicazione a fermarsi, a prendere tempo per capire cosa si scatena in lui, c’è quello ad osservare il proprio operato. “Guardiamo le situazioni che ci provocano frustrazione, rabbia: è proprio qualcosa che posso solo subire? Di fronte ai «no» della vita - un’ingiustizia, una malattia, un lutto - è possibile trovare un senso, raccogliere qualcosa di buono anche passando attraverso quella strettoia che è inevitabile?”.
Nella Genesi, la rabbia di Caino è descritta in ebraico con il verbo “accovacciarsi”, quasi come fosse un predatore pronto a saltare addosso anzitutto a chi la prova. Dio è categorico: quel sentimento - è l'esortazione che fa a Caino, inascoltato - “tu dominalo”. I sentimenti violenti cercano di portarci dove vogliono loro. “È una progressione - ha fatto notare Capezzali - fatta di piccole decisioni personali, una dopo l’altra, un processo che parte lentamente fino ad accelerare nel momento in cui decido di covare quel sentimento nero che ho nel cuore”. È un atteggiamento che “uccide” metaforicamente l’altro, ma anche noi stessi, perché ci ingabbia nel ruolo di vittima e ci autorizza dunque a fare qualsiasi cosa per mettere le cose in pari. “Non ci troveremo a giustiziare qualcuno, ma il tema di questo convegno ci dice che ci sono tanti modi per essere violenti. Il nostro comportamento non è frutto del caso, ma di nostre piccole decisioni. Saper riconoscere questa dinamica in noi ci può permettere di custodire la nostra libertà e di prendere nel nostro agire quella direzione costruttiva che è utile per noi e anche per gli altri”.
“Il problema non sono le fake news, ma le news”
Che c’azzecca il nuovo fidanzato della cantante Madonna con i seicento morti delle alluvioni in Bangladesh? Eppure, nella rubrica di un quotidiano nazionale, il primo fatto è diventato notizia di apertura, accostato, in seconda battuta, a un altro evento, reso notizia di serie B.
Con un intervento caustico, che esorta a pensare oltre i luoghi comuni, il filosofo Silvano Petrosino ha smontato l’ossessione per le fake news, che - ha rilanciato - "distoglie l’attenzione dalle news”. Nel mondo esistono gli eventi, all’infinito, ma solo alcuni diventano notizia. Come avviene la scelta della selezione e poi della produzione di notizie? Sta qui - nell’abc del giornalismo di cui oggi però non si parla più - la vera questione etica. Petrosino ha fatto l’esempio della pornostar Ilona Staller, quando si candidò al Parlamento: la sua foto a seno nudo mentre distribuiva volantini elettorali è finita in prima pagina. Perché? “Perché - è la risposta che si era sentito dare da un giornalista - alla gente interessa”.
Se così è, si deve ammettere che si ha una responsabilità nell’aver creato questa idea del pubblico. I media costruiscono il mondo. Scelgono cosa dire e come dirlo, che posizione dare alla notizia, quanti spazi darle. Se il fidanzato di Madonna e i morti per l’alluvione sono accostati, che immagine si dà? Se i 25 morti per gli incendi di Los Angeles sono straraccontati e i 25 morti ogni dieci minuti a Gaza no, che immagine si dà? Se il tema religioso in tv vale solo per i miracolismi o i preti di frontiera, vuol dire che tutto il resto non è interessante? La politica è davvero solo bisticcio tra partiti, come ormai appare nell’80% dell’informazione televisiva?
Il giornalista, preparato, attento, è colui che in duemila caratteri è capace - evidenzia Petrosino - di raccontare anche un fatto complesso come la guerra a Gaza senza fermarsi alla superficie, ai luoghi comuni. Altrimenti, sarà "il solito slogan”. Vero, magari. Ma non per questo di valore.
Nella foto in alto, da sinistra, Letizia Capezzali, il prof. Ruben Razzante, la giornalista Carla Chiappini, il filosofo Silvano Petrosino e il direttore di Libertà, Telelibertà e Liberta.it Gian Luca Rocco.
Pubblicato il 1° febbraio 2025
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