Il Premio Solidarietà per la Vita a padre Romano Segalini
È stato assegnato il 29 giugno al comboniano padre Romano Segalini il Premio Solidarietà per la Vita 2025, il riconoscimento che da 35 anni la Banca di Piacenza insieme a diverse istituzioni promuove per valorizzare atti e comportamenti per la promozione e la difesa della vita. A fare da sfondo all’iniziativa benefica è stato il santuario di Santa Maria del Monte in val Tidone con la messa presieduta dal vescovo emerito mons. Gianni Ambrosio.
Un Premio per la vita
La cornice è quella suggestiva del santuario dedicato alla Natività di Maria; sorge in un luogo dove con ogni probabilità i monaci di San Colombano hanno portato il culto cristiano dove prima sorgeva un tempio pagano. Il Premio è nato nel 1991 dall’azione congiunta di mons. Domenico Ponzini e dell’allora presidente della Banca di Piacenza avv. Corrado Sforza Fogliani; volevano dare alla società piacentina un segnale in favore della vita, a pochi anni dall’introduzione nella legislazione italiana dell’aborto.
Il Premio ritirato dal fratello Aldo
Il riconoscimento è stato ritirato dal fratello Aldo, accompagnato dalla moglie Ines e dal figlio Gabriele. Padre Romano - rivergarese di nascita, podenzanese d’adozione, 82 anni, dei quali più della metà trascorsi in missione nella Repubblica Democratica del Congo - è tuttora al lavoro in Africa a Dondi dove lavora nel solco del carisma del fondatore della sua Congregazione, San Daniele Comboni: “salvare l’Africa con gli africani”.
Si parte per il Congo
Era il 3 marzo del 1976 quando padre Segalini metteva piede per la prima volta nell’allora Zaire del dittatore Mobutu. Destinazione Langashisi, “periferia” del gigante africano, le cui immense ricchezze - oro, coltan, cobalto, diamanti - fanno gola a molti e vanno a beneficio di pochi.
Classe 1943, ordinato sacerdote dal vescovo Manfredini il 14 ottobre 1972 a Podenzano (dove la famiglia si era trasferita dal ’69), ha vissuto il primo periodo da religioso come formatore al Seminario minore dei comboniani a Brescia. Ma un missionario sogna di partire e lui era stato destinato inizialmente al Togo. “La lingua però era complessa, temevo di non impararla - confidava nell’intervista rilasciata al nostro settimanale nel 2023, al suo rientro, che allora pensava definitivo, in Italia -. Così ho chiamato il superiore generale chiedendogli se poteva destinarmi da un’altra parte. «O Brasile o Zaire, ti dico tra due o tre giorni»”. E Zaire fu.
Ospedali, scuole, chiese e centri educativi
Non che il lingala, che ora padroneggia alla perfezione, agli orecchi occidentali sembri tanto più facile. Da Langashisi a Mungbere, quindi Rungu, Tadu, fino a Dondi: sono le tappe principali del suo percorso da “costruttore” di missioni. Aree spesso isolate, senza servizi, che padre Segalini ha lasciato dotandole di ospedale, scuole di ogni ordine e grado, chiese e centri educativi affidati a personale locale.
Niente assistenzialismo dunque, ma promozione della persona, che deve essere aiutata a prendere coscienza dei suoi diritti e delle sue capacità e metterle in gioco per costruire il bene comune. Un esempio: a Mungbere nel 1980 aveva allestito un piccolo centro ospedaliero per affrontare l’epidemia di colera; oggi è un ospedale di riferimento ben oltre i confini provinciali, con oltre 140 posti letto, 7 medici, 32 infermieri e 30 dipendenti fra laboratori e amministrazione.
A Rungu, sul fronte scolastico, c’era anche il liceo classico e una scuola di meccanica e falegnameria, oltre alle scuole dei villaggi con maestri-catechisti. Non poca cosa in uno Stato dove istruzione e sanità pubbliche sono un’emergenza.
L’arrivo a Dondi nel 2000
Anche a Dondi non c’era niente. Nel 2000, anno del suo arrivo, contava 400 abitanti ed era preceduto dalla cattiva fama di una popolazione dedita alle stregonerie. Primo sacerdote “residente”, padre Segalini per sei mesi si è adattato a vivere in un bugigattolo a fianco della chiesa, l’unica struttura pre-esistente. Passo dopo passo ha costruito le scuole, il dispensario “Madre Teresa di Calcutta”, i locali che ospitano il Centro diocesano di formazione intitolato a Paolo VI, il primo Papa che, nel 1969, toccò il suolo africano visitando l’Uganda. Accoglie da tutta la diocesi di Isiro operatori pastorali per i corsi di formazione su catechesi, liturgia, animazione del canto, “giustizia e pace”.
Tutto intorno, sorgono le “parcelles” dove la popolazione ha realizzato le capanne (o le case col tetto in lamiera, per i più fortunati), dentro un reticolo ordinato di stradine, tracciate col trattore dallo stesso padre Romano con l’aiuto dei giovani del posto.
A rischio della vita
L’est è flagellato dalle violenze dei ribelli. Padre Segalini vive più a nord di Bukavu, ma anche lui ha rischiato grosso e si è salvato più d’una volta per il pronto intervento della sua gente. L’insicurezza che minaccia di continuo il nord est del Paese ha avuto a Dondi il suo apice tra il dicembre 2008 e i primi mesi del 2009, quando i miliziani di Joseph Kony dai confini con l’Uganda seminarono terrore. Se Dondi è stata risparmiata è perché i giovani si sono organizzati per sorvegliarne i confini. Così la missione è diventata un porto di rifugio per sfollati e orfani.
Una nuova luce nell’Africa
C’è un nemico che spesso ci impedisce di guardare con fiducia alla vita - ha sottolineato nell’omelia mons. Ambrosio - ed è la paura. Come per Maria, per gli apostoli Pietro e Paolo (il 29 era la solennità dedicata a loro), come anche per padre Romano, Dio con il suo amore è più grande delle nostre paure.
Alla consegna del Premio, coordinata dalla dott.ssa Lavinia Curtoni, erano presenti, fra gli altri, il viceprefetto Attilio Ubaldi, il presidente della Banca di Piacenza dott. Giuseppe Nenna, la senatrice Elena Murelli, il sindaco di Alta Val Tidone Franco Albertini, il consigliere provinciale Massimo Morganti, il vicesindaco di Piacenza Matteo Bongiorni, don Francois Kitenge Owandji, parroco di Trevozzo, il sindaco di Pianello Mauro Lodigiani, il presidente provinciale della Croce Rossa Giuseppe Colla e l’ispettrice provinciale delle infermiere volontarie della Croce Rossa Paola Farroni.
Il dott. Nenna ha ricordato lo storico legame tra il santuario e la Banca di Piacenza e ha ringraziato tutti i presenti sottolineando il significato del Premio che punta a mettere al centro il valore della vita. Il viceprefetto Ubaldi ha ricordato l’opera di padre Daniele Comboni, fondatore dell’ordine a cui appartiene padre Segalini, nel voler dar vita nell’800 a un percorso virtuoso per l’auto-emancipazione del continente africano. Negli anni ’60 del secolo scorso, in occasione dell’indipendenza di tanti Stati, c’erano grandi speranze, molte di queste si sono avverate, altre no come dimostrano in Africa la corruzione dilagante, le guerre e le ingiustizie.
Il percorso della vita di padre Romano è stato invece tratteggiato dal consigliere provinciale Morganti: “Accendere nuova luce nel buio della povertà” è ancora oggi la sua missione.
D. M.
Nelle foto, dall'alto: la consegna del Premio Solidarietà per la Vita (da sinistra, il sindaco di Alta Val Tidone Franco Albertini, Aldo Segalini, fratello di padre Romano, il presidente della Banca di Piacenza dott. Giuseppe Nenna e il viceprefetto Attilio Ubaldi; Aldo Segalini, fratello di padre Romano, con la moglie Ines e il figlio Gabriele insieme alla senatrice Elena Murelli accompagnata dalla mamma Wilma; padre Romano (a sinistra nella foto) nel giorno dei festeggiamenti a Dondi per il suo cinquantesimo di sacerdozio.
Pubblicato il 29 giugno 2025