Tragedia del Pendolino. Don Lukoki: «È nel silenzio che il Signore ci parla»
“Non c’è una parola giusta per consolare, per togliere il vuoto. L’unica parola giusta è il silenzio, per ascoltare di nuovo la loro voce. È nel silenzio che il Signore ci parla”. Ventisette anni dopo la tragedia del “Pendolino”, Piacenza ricorda le otto persone che persero la vita. Era il 12 gennaio 1997 quando il treno Etr Botticelli Milano-Roma, soprannominato “Pendolino”, deragliò all’imbocco della stazione ferroviaria di Piacenza. L’incidente costò la vita ai macchinisti Pasquale Sorbo e Lidio De Sanctis, alle hostess di bordo Cinzia Assetta e Lorella Santone, gli agenti della Polfer Francesco Ardito e Gaetano Morgese (di scorta al presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga, che rimase illeso) e alle passeggere Agatina Carbonaro e Carmela Landi. Nella Basilica di San Savino, venerdì 12 gennaio 2024, si è ripetuta come ogni anno la cerimonia di commemorazione, aperta dalla messa celebrata dal parroco don Alphonse Lukoki Fulumpinga, che ha riflettuto sul valore dell’ascolto e del silenzio come unica soluzione praticabile di fronte al dolore delle famiglie. “All’epoca il vescovo mons. Luciano Monari – ha ricordato il parroco – si fermò per trenta minuti ad ascoltare le madri che avevano perso i propri figli”.
Sicurezza sul lavoro: un impegno di tutti
Seduti fra i banchi i familiari delle vittime, le delegazioni di associazioni e sindacati e le autorità: l’assessora Adriana Fantini per il Comune di Piacenza e il consigliere Lodovico Albasi per la Provincia di Piacenza. Al termine della messa la commemorazione è proseguita sulla banchina del binario 1 ovest della stazione di Piacenza, con la benedizione della stele posta a ricordo delle vittime della tragedia. Presenti sul binario anche il prefetto di Piacenza Paolo Ponta e il questore Ivo Morelli. La cerimonia è promossa ogni anno dal Dopolavoro ferroviario di Piacenza. Il presidente Clemente Bernardo, intervenuto prima dell’inizio della messa, si è soffermato sulla questione della sicurezza sul lavoro. “È nostro dovere vigilare affinché non si ripetano più questi disastri”, ha detto. L’assessora comunale Adriana Fantini ha ribadito la priorità di assicurare in ogni settore il diritto alla sicurezza. “Il nostro pensiero – ha sottolineato – va a tutte le vittime delle stragi ferroviarie, specialmente agli operatori che svolgono un lavoro fondamentale per la società. Non possiamo e non vogliamo dimenticare: nel ricordare diamo voce a un dolore ma anche alla speranza che da un lutto scaturisca sempre il rispetto, nella sua forma più alta e tangibile, affinché la vita resti sempre il valore più importante da proteggere”. Quella del consigliere provinciale Lodovico Albasi, che è anche sindaco di Travo, è un’assunzione di responsabilità. “In queste occasioni le istituzioni dovrebbero farsi tante domande – ha affermato –, c’è ancora tanto da fare in tema di sicurezza sul lavoro per evitare che certe disgrazie possano ripetersi”.
La vita terrena finisce, l’amore resta per sempre
“Questi fratelli, anche dopo tanti anni, sono ancora vivi. Lo sono nel nostro cuore e nella nostra mente, perché l’amore che hanno seminato in noi è eterno, nessuno può toglierlo”. Così recita uno dei passaggi chiave dell’omelia di don Alphonse Lukoki Fulumpinga. “Se ogni anno torniamo qui a pregare è perché siamo uomini e donne di fede – ha detto – e quindi abbiamo la speranza che, dopo questo pellegrinaggio terreno, ci sarà la vita. Gesù disse di essere venuto per darci la vita in abbondanza, cioè la vita eterna, che non è quella terrena. Noi uomini siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio – prosegue il parroco – dunque, anche se abbiamo perso la nostra divinità col peccato originale, in noi è rimasta una porzione di quella divinità. Poi è arrivato il male e l’uomo si è distaccato da Dio, e quando il figlio si stacca dal padre non è più al sicuro. Da quando è separato dal Creatore, l’uomo non è più in grado di tornare da lui; perciò, Dio ha mandato sulla Terra Gesù per salvarci. Per questo motivo dobbiamo credere in lui e accettarlo come unico salvatore”.
Gesù è la speranza della resurrezione
Quando Lazzaro morì, sua sorella Maria disse a Gesù: “Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto”. “Lo abbiamo pensato anche noi: se mio figlio quel giorno non avesse preso quel treno oggi sarebbe ancora con me» – ha detto don Lukoki rivolgendosi ai familiari delle vittime dell’incidente –. Ma Gesù a Maria rispose: «Se tu credi in me, tuo fratello risorgerà»”. Un’altra storia di salvezza e redenzione arriva dal colle del Calvario. “Uno dei ladroni – ha ripreso don Lukoki – disse a Gesù di ricordarsi di lui quando sarebbe stato in paradiso. Gesù gli rispose: «Oggi tu sarai con me in paradiso». Gesù è il salvatore, abbiamo fede in lui”.
Don Lukoki: “Porterò sempre con me questo evento”
Il dolore delle madri e dei familiari di chi muore troppo presto è inconsolabile. “Non c’è una parola giusta per togliere il vuoto – ha osservato il parroco – l’unica parola giusta è il silenzio, per ascoltare di nuovo la loro voce. È nel silenzio che il Signore ci parla. I fratelli che oggi ricordiamo non hanno bisogno della nostra preghiera perché sono con il Signore, noi invece chiediamo loro di darci la forza per continuare ad amarli”. A fine messa don Lukoki ha voluto ringraziare i familiari che “in questi cinque anni da parroco, in occasione delle commemorazioni, sono stati presenti nella fede e con la forza”. Il 4 febbraio don Alphonse Lukoki farà il suo ingresso nella parrocchia di Ponte dell’Olio, lasciando il suo posto in San Savino a don Riccardo Lisoni. “Chiederò al Signore di farmi ricordare per sempre questo evento – ha detto don Lukoki –, anche da Ponte dell’Olio continuerò a essere vicino a voi”.
Francesco Petronzio
Nella foto di Pagani, la commemorazione della tragedia del Pendolino celebrata venerdì 12 gennaio.
Pubblicato il 13 gennaio 2024
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