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Don Fossati: La Chiesa e il metaverso: una sfida da non perdere per nuove forme di apostolato»

sabati 

 

Laboratori di gruppo per la generazione di testi, immagini e persino di un'intera canzone, tramite l'utilizzo dell'intelligenza artificiale. Obiettivo complessivo delle varie attività? Esplorare la possibile presenza della chiesa all'interno del metaverso. Questi i contenuti e le sfide affrontati da don Luca Fossati lo scorso 11 maggio, nel primo appuntamento del 2024 con “I Sabati della Comunicazione”. Intitolato “Laboratori sull'utilizzo dell'intelligenza artificiale in campo pastorale” (La Chiesa all’epoca del metaverso), l'incontro con il sacerdote, esperto di comunicazione e web per la diocesi di Milano e collaboratore di Rai e Tv2000, è stato promosso dalla diocesi di Piacenza – Bobbio nella Sala delle Colonne della Curia vescovile.

Il metaverso

Che cos'è il metaverso? Perché riguarda la Chiesa? Sono questi gli interrogativi fondamentali a cui don Fossati ha cercato di rispondere nella prima parte della mattina. Le sue considerazioni sono state premessa necessaria all'avvio e alla comprensione delle attività laboratoriali che hanno occupato il resto della mattinata. “Coniato da Neal Stephenson nel romanzo cyberpunk “Snow crash” del 1992, il termine «metaverso» indica uno spazio virtuale tridimensionale all'interno del quale persone fisiche possono muoversi, condividere e interagire attraverso dei personaggi – ha spiegato il sacerdote -. Viene descritto come un grande sistema operativo in cui le persone possono spostarsi e relazionarsi tra loro utilizzando un clone di sé stessi chiamato avatar: la presenza digitale capace di interagire nello spazio del metaverso”. Sembra fantascienza, il metaverso ci viene presentato come un'innovazione recentissima: basti pensare che le principali piattaforme social, da Facebook a Instagram fino a WhatsApp, negli ultimi tempi hanno cominciato a chiamarsi “Meta” proprio per rimarcare l'interazione virtuale tra soggetti. In realtà non c'è nulla di nuovo – sottolinea -. Esistono infatti da tempo ambienti digitali dove si può interagire in modo simile a come avviene nella realtà fisica vissuta quotidianamente. A partire da una prima simulazione del 1977 di un villaggio in tre dimensioni da 'abitare' virtualmente passando per le interazioni nelle prime chat on -line (come “Minitel”, 1981) agli albori della telematica; fino ad arrivare al mondo del videogioco (da “The Sims” del 1981 a “Fortnite” del 2000): gli esempi sono molti e variegati.
Ma quali sono le caratteristiche del metaverso? “Innanzitutto il confine tra virtuale e reale diventa sfumato – ha spiegato l'esperto - , e le due dimensioni dell'online e dell'offline tendono a sovrapporsi nell'universo fluido dell'onlife. In secondo luogo il mezzo con cui ci presentiamo all'interno del metaverso è appuntamento l'avatar: una riproduzione digitale di noi stessi, che può essere più o meno fedele alla nostra immagine fisica e alle emozioni da noi effettivamente provate in quel momento”.

L'intelligenza artificiale

Che relazione c'è allora tra metaverso e intelligenza artificiale? “L'A. I. (intelligenza artificiale) agisce nel metaverso come strumento capace di generare contenuti, non sempre verificati e coerenti – osserva -. Interagendo in uno spazio virtuale non si può avere la certezza di relazionarsi effettivamente con una persona. L'interlocutore potrebbe anche essere un bot guidato da intelligenza artificiale. Spazio non verificabile, L' A. I. può quindi dare l'illusione di un interlocuzione tra individui che in realtà non esiste. Nonostante i potenziali rischi, non possiamo ignorare l'importanza del metaverso anche in ambito ecclasiale - fa notare il sacerdote – Si tratta di una realtà che già stiamo vivendo quotidianamente e se non impariamo a gestirla nel modo migliore rischiamo di rimanerne travolti. Già oggi sulla piattaforma Roblox vengono celebrate messe virtuali a cui partecipano migliaia di utenti. Attraverso   visori a realtà aumentata indossati dai visitatori, il duomo di Milano consente esperienze immersive che uniscono realtà fisica e virtuale. I visori consentono infatti di muoversi nella chiesa anche senza essere fisicamente presenti e di vedere particolari che in quel momento non ci sono, legati ad un periodo liturgico specifico o alla storia dell'edificio. Sul web si trova anche un sito che si definisce come «la prima chiesa del metaverso». Noi siamo ancora abituati a pensare il nostro agire come Chiesa all'interno di coordinate fisiche, e in campo pastorale usiamo spesso la comunicazione on line solo per avvisare di futuri incontri reali, fisici. Ma le possibilità di utilizzare spazi virtuali per la vita e la missione della chiesa è una sfida della nostra contemporaneità da non perdere. Buona parte di quella che nel periodo pandemico abbiamo chiamato «pastorale digitale» è stata di fatto una presenza inconsapevole della Chiesa nel metaverso.
Un cambio di passo verso il riconoscimento dell'importanza della dimensione virtuale in campo ecclesiale è avvenuto per la prima volta con il sinodo digitale del 2019 – ha spiegato don Fossati -. In questa circostanza la chiesa si è impegnata ad ascoltare anche le esperienze di fede all'interno del mondo digitale. Uno sforzo che affonda le sue radici nel magistero della chiesa fin dal 1963. È di quell'anno infatti il documento «Inter mirifica » del Concilio Vaticano II, in cui la chiesa esorta a usare «gli strumenti di comunicazione sociale nelle varie forme di apostolato.» Gli strumenti di comunicazione sono quindi un mezzo utile per annunciare il Vangelo ai fedeli. Interessarsi di questi strumenti e farne buon uso è un «dovere intimamente connesso con il magistero ordinario» dei Vescovi.
Principi che si ricollegano perfettamente al documento «Verso una piena presenza » (2023) del Dicastero della comunicazione – sottolinea – , secondo cui «le piattaforme possono evolversi fino a diventare spazi co-creati »: luoghi fondamentali per l'interazione, perché oggi «I giovani - così come gli anziani – chiedono che li si incontri lì dove sono, anche sui social media. Mentre la comunicazione è sempre più influenzata dall’intelligenza artificiale, nasce l’esigenza di riscoprire l’incontro umano alla sua base» Utili per interagire e creare contenuti, gli strumenti di comunicazione digitale e gli spazi virtuali arricchiscono e moltiplicano le possibilità di incontro ma non sostituiscono la relazione fisica, che resta un obiettivo fondamentale.
L'esperienza del sinodo digitale è allora il frutto concreto di questi considerazioni – ha osservato l'esperto in conclude -. Riconosce l'importanza dei missionari digitali che annunciano il Vangelo in rete e sottolinea la necessità di garantire loro una formazione adeguata. Tra potenziali rischi e provati benefici, la presenza della chiesa nel metaverso è quindi una scommessa dei nostri tempi da non perdere. Capace di accorciare le distanze e aumentare le possibilità di incontro, il mondo virtuale può riuscire a far riavvicinare alla Chiesa chi se ne era allontanato. Una sfida che per essere vinta ha però bisogno di ascolto, formazione e condivisone”.

Micaela Ghisoni

Nella foto, don Luca Fossati.

Pubblicato il 23 maggio 2024

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