La violenza e la rinascita, quattro donne migranti raccontano in Prefettura la loro storia di sofferenza e coraggio
“Queste donne hanno fatto due scelte: la prima è stata lasciare il proprio paese, l’altra è quella di venire qui a raccontarcele”. Sono storie di violenza, di guerra e di sofferenza quelle che Pelagie, Nadia, Mariama e Prisca hanno vissuto prima di compiere la scelta di lasciare il proprio paese e i propri affetti per approdare, non senza difficoltà, in Italia. Venerdì 29 novembre hanno ricevuto in dono dal prefetto Paolo Ponta una copia della Costituzione. “Se in tutto il mondo si applicassero i princìpi di uguaglianza sanciti da questa Costituzione – ha detto il prefetto – l’Italia e il mondo sarebbero posti migliori”.
Storie di libertà e coraggio
Sono in tutto nove le donne, provenienti da Costa d’Avorio, Nigeria, Gambia, Ucraina e Tunisia, che hanno partecipato al progetto “A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca?” promosso dal Comune di Piacenza, tramite il Servizio Piacenza Giovani, insieme ad alcune cooperative e associazioni, e presentato venerdì mattina nel salone d’onore della Prefettura di Piacenza. “Sono storie di libertà e coraggio, di accoglienza e reciprocità – ha commentato il prefetto Ponta – chi viene accolto ha il diritto di pretendere rispetto per la propria identità e personalità, e ha il dovere di rispettare le leggi del paese che lo ospita. Da questa reciprocità deriva la civiltà. È la dignità umana il faro che ci deve guidare, lo dico soprattutto a noi uomini: rispettiamo la dignità degli altri per rispettare la nostra”.
Lingua italiana e orientamento
Il percorso, cominciato ad agosto 2023, è stato condotto da professionisti e volontari di Consorzio SolCo, cooperative Eureka, L’Arco, Auroradomus, L’Ippogrifo, Kairos, Strade Blu, consorzio Winner Mestieri, Centro di solidarietà della Compagnia delle Opere, Iress e associazioni “Mondo Aperto”, “Ok Club”, “Protezione della Giovane” e “Sentieri nel mondo”. Durante questi quindici mesi si sono susseguiti laboratori di apprendimento della lingua italiana, progetti di orientamento scolastico, orientamento al lavoro, tempo libero e relazioni interpersonali con attività extrascolastiche e laboratori di cittadinanza attiva. L’evento finale si terrà giovedì 5 dicembre presso la cooperativa Il Germoglio.
Cercare la libertà in noi stessi e costruirla per gli altri
“Sentirsi veramente liberi presuppone essere riconosciuti per ciò che si è”, ha detto l’assessora comunale al welfare Nicoletta Corvi, sottolineando “l’impegno a essere comunità, quella che ci fa percepire dipendenti gli uni dagli altri”. “Tutti – ha aggiunto – abbiamo bisogno che l’altro ci riconosca e ci legittimi. Il mio augurio per Natale è quello di cercare la libertà in noi stessi e costruirla per gli altri”. Sara Alberici e Monica Staboli del Consorzio SolCo hanno spiegato il percorso nel dettaglio per poi proiettare, davanti a una sala piena di donne migranti, studenti della Consulta provinciale e autorità militari, il filmato realizzato negli ultimi mesi con le testimonianze di Pelagie, Nadia, Mariama e Prisca.
Sensibilizzare la cittadinanza
“I principali obiettivi – hanno spiegato – sono stati riflettere, esprimere e condividere il proprio percorso di uscita dalla violenza e sensibilizzare la cittadinanza attraverso la registrazione e visione di materiale audiovisivo”. La seconda edizione del laboratorio sulla violenza, hanno detto, “l’abbiamo pensata come un’evoluzione del primo, dove era emerso che il rispetto è l’elemento chiave ed essenziale di una buona relazione in opposizione al concetto di violenza”. Quello che è stato presentato è “il prodotto di un intero percorso fatto da tanti pomeriggi passati insieme ed eventi realizzati in più di un anno”. “Abbiamo chiesto loro di mettersi in gioco raccontando la loro storia e rendendola una testimonianza per la cittadinanza in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, concludono.
Mediazione è capire le ragioni di chi parla
“Queste donne – racconta Giuseppina Schiavi della Protezione della Giovane – hanno un vissuto da portare avanti in un contesto diverso. Hanno perso le radici, non hanno più niente, nei paesi d'origine hanno lasciato anche i loro affetti. Oltre a vitto, alloggio e all’aiuto per i documenti, cerchiamo di dar loro gli strumenti che consentano loro di farcela da sole. Bisogna ascoltarle, dar loro fiducia e far vedere che crediamo alle loro storie. È un percorso che le condurrà a diventare delle buone cittadine italiane”. Rita Parenti di Mondo Aperto ha spiegato cos’è la mediazione culturale attraverso immagini e storie. "La mediazione culturale – ha detto – è capire le ragioni di chi parla. In una relazione non c'è uno che dà e uno che riceve, ma è uno scambio reciproco”.
Francesco Petronzio
Pubblicato il 30 novembre 2024
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