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Alla Protezione della Giovane valigia della speranza per Fatma e Aissa, «esempi di resilienza e coraggio»

aissa

Incinta di otto mesi e con una bambina di 2 anni al seguito un pomeriggio del maggio 2022 ha deciso di lasciare la Tunisia e raggiungere l'Italia per sfuggire alle minacce di morte dei creditori violenti del marito. Il compagno e padre dei bambini era riuscito a scappare nel nostro Paese tempo prima, non immaginando che le vessazioni sarebbero ricadute su moglie e figli; era arrivato il momento di provare a raggiungerlo per ricostituire la famiglia e far crescere i figli in un ambiente sereno. È la storia di Fatma Soussi, nata nel 1990, tunisina. Simile alla sua ci sono tante altre vicende, ma questa per fortuna ha avuto un lieto fine. Oggi Fatma vive insieme ai suoi figli e al marito in una casa alle porte di Piacenza: lei fa la mamma mentre il compagno è operaio metalmeccanico.

La storia di Aissa e Fatma

C'è anche la storia di Kaba Aissa, scappata dalla Guinea per sottrarsi alle violenze subite in un matrimonio forzato, fin da quando era una sposa bambina. Giunte in Italia e poi a Piacenza, grazie ai canali della prefettura le due donne sono state accolte dal CAS della Protezione della Giovane e lo scorso 30 settembre hanno entrambe ricevuto la valigia della speranza 2025: un omaggio annuale che la casa di via Tempio dona in occasione della Giornata Mondiale della Povertà a chi ha dimostrato particolare impegno nel proprio percorso di integrazione. Guidata da Giuseppina Schiavi, la struttura si dedica infatti all'accoglienza di donne migranti e dei loro figli o di lavoratrici e studentesse fuori sede, con l'obiettivo che nel medio e lungo termine le ospiti raggiungano autonomia abitativa e lavorativa.
Consegnata da Schiavi, la valigia della speranza è un dono personalizzato in base a chi lo riceve: così Fatma ci ha trovato dentro un contributo per l'affitto, un pupazzo a forma di dinosauro per il figlio Yassin e una bambola per la figlia Malek; mentre Aissa, che per ora vive in casa sola, oltre al contributo per l'affitto ha trovato un’altra somma di denaro destinata agli accessori per la casa.

“Fatma è stata una madre esemplare - ha spiegato la responsabile di via Tempio dandole la valigia -, molto attenta alla cura dei bambini, rispettosa delle regole, gentile nelle relazioni; e ha anche saputo gestire bene il suo vissuto e il dramma familiare senza necessità di supporto psicologico. Con Aissa c’è stato qualche problema in più nel suo periodo di permanenza qui, dovuto ad una sua mancata (o insufficiente) rielaborazione del vissuto migratorio e dei traumi subiti; sia nel Paese d’origine che durante il viaggio. La sua difficoltà a gestire le emozioni ha reso spesso problematiche le relazioni con le altre ospiti e con il personale della struttura. Anche lei si è però dimostrata una ragazza sveglia e coraggiosa, capace di sopportare turni di lavoro faticosi di giorno e di notte e anche di sabato e domenica, se necessario. Si è impegnata a studiare e ad essere autonoma negli spostamenti e nella ricerca di un'occupazione. In questi tre anni è inoltre riuscita a trovare una casa in un altro comune vicino a Piacenza e l'abbiamo aiutata ad arredarla, favorendo la sua uscita in autonomia. Il suo obiettivo è portare qui i figli, lasciati nel Paese di origine, ma per il ricongiungimento è necessario avere un contratto di affitto e uno di lavoro a tempo indeterminato, che possano garantire una vita dignitosa e un alloggio sicuro e lei sta lottando per questo traguardo”.
Ecco perché quest’anno abbiamo deciso di dare a loro due la valigetta della speranza - sottolinea Schiavi -, si sono dimostrate esempi di resilienza e di coraggio, e ci auguriamo che la loro determinazione le aiuti a realizzare tutti i loro obiettivi. Quando avranno bisogno potranno comunque sempre contare sul nostro supporto”. Poi è la stessa responsabile della casa di via Tempio a raccontarci più nel dettaglio le storie delle due ragazze, a testimonianza dei drammi che hanno attraversato.

fatama

Ogni famiglia riunita è una grande gioia

“Quando ho accolto in struttura Fatma, la figlia Malek di due anni e l'altro bimbo ancora nel ventre della madre, Fatma e la bambina erano piene di pustole - ha ricordato-. Arrivate in Italia con mezzi di fortuna, barcone prima e camion dopo, chissà dove avevano dormito. La donna poi era visibilmente provata: le minacce di morte, la fuga, i pericoli del viaggio con una bambina piccola e una gravidanza prossima al termine, la paura di perdere il bambino, l’assenza del marito. Il giorno dopo ho portato mamma e figlia al pronto soccorso per curarle e subito dopo siamo andate in ostetricia per fissare la data del parto ormai prossima. Sistemata la questione ginecologica e dopo le cure ricevute all'ambulatorio migranti, Fatma ha cercato di mettersi sulle tracce del marito. Tramite contatti di tunisini già a Piacenza, la donna è riuscita a recuperare il cellulare di Mohamed e a parlare con lui per dirgli che lei e la figlia stavano bene ed erano ospiti al Cas di via Tempio”.
“Quando lui è venuto a riabbracciarle è stata un’emozione, ma gli ostacoli non erano certo finiti - spiega -. La Tunisia è considerato un Paese sicuro, per cui era previsto il respingimento del marito. Lo abbiamo quindi affidato alla nostra legale perché ottenesse un permesso temporaneo per motivi di famiglia: così quando e nato il bambino lo ha potuto riconoscere. Poi abbiamo proseguito l’iter per la regolarizzazione dei documenti e lui ha trovato un lavoro e una casa a San rocco con amici; mentre Fatma, nonostante fin dal suo arrivo in Italia sia stata considerata un caso fragile e vulnerabile, ha ottenuto un primo esito negativo dalla Commissione perché le sole minacce ricevute non erano sufficienti a dimostrare concreto rischio di vita se fosse tornata al suo Paese. Noi però non ci siamo arresi, abbiamo fatto ricorso, e nel 2024 la giovane mamma ha ottenuto la protezione speciale. Nel frattempo, ci siamo mossi per farle frequentare corsi di lingua italiana, mandare i figli all'asilo e dimostrare la sua capacità di integrazione. Anche il marito si è dato da fare per avere il contratto d’affitto e di lavoro utili a confermare l'intenzione di ricongiungimento in una nuova famiglia in Italia, che oggi anche i giudici hanno riconosciuto”.
“Ogni famiglia riunita è una gioia anche per noi, che giorno dopo giorno ci occupiamo di queste donne e dei loro bambini - ha sottolineato Giuseppina -. “Qui sto bene, vorrei studiare, lavorare e far crescere i miei figli in serenità e sicurezza” - ha poi detto Fatma” -.
“Per Aissa invece, oltre alle ripetute e umilianti violenze subite nel Paese d’origine, ci sono state quelle patite durante il viaggio migratorio e nei due mesi di prigione trascorsi in Libia - ha osservato la responsabile della casa di via Tempio -: la ragazza ha potuto lasciare il carcere libico nell’ottobre 2021”.
Storie che non possono lasciare indifferenti, impossibili da dimenticare, ma la Protezione della Giovane lavora per dare aiuto e una speranza di ricominciare alle persone che ne sono state vittime scegliendo ogni giorno di non voltarsi dall'altra parte.

Micaela Ghisoni

Nelle foto, Giuseppina Schiavi con Aissa e Fatma.

Pubblicato il 21 ottobre 2025

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