Le vittime del comunismo
San Colombano sottolineava che “Se togli la libertà togli la dignità”. A partire da questa premessa, una delegazione dell’Associazione dei liberali piacentini ha commemorato la “tragedia dimenticata” della deportazione degli italiani dalla Crimea nei gulag sovietici in Kazakistan, avvenuta nella notte del 29 gennaio 1942.
La commemorazione ha avuto luogo nel Municipio di Lugagnano, nella sala dedicata a Luigi Einaudi, il 28 gennaio, il giorno dopo la conclusione del Festival della cultura della libertà svolrosi a Piacenza a Palazzo Galli.
“È significativo - ha affermato il sindaco di Lugagnano, Jonathan Papamarenghi - commemorare una tragedia troppo spesso dimenticata in una sala che due anni fa abbiamo intitolato a un grande liberale”.
“Ricordiamo il genocidio degli italiani di Crimea - ha esordito l’avv. Corrado Sforza Fogliani, presidente del Comitato esecutivo della Banca di Piacenza -. A novembre celebreremo la Giornata della libertà nel giorno dell’anniversario della caduta del muro di Berlino, una ricorrenza che ha ora in Italia dignità legislativa. In una società che preferisce ricordare i momenti tristi della nostra storia a corrente alternata, noi liberali lo facciamo per tutti i crimini di guerra: anche quelli compiuti in nome di quel nazionalsocialismo che originò sia il nazismo che il fascismo”.
L’avv. Sforza Fogliani ha rammentato quanto accadde la notte del 29 gennaio 1942, quando oltre duemila italiani di Crimea insediati a Kerch vennero deportati nel gulag di Karaganda (“grande come il Piemonte e la Lombardia messi assieme e visitato nel settembre scorso da una delegazione dei Liberali Piacentini, che quest’anno ha organizzato un viaggio in Lettonia ed Estonia, dove sono stati istituiti i musei della deportazione forzata dei nemici politici”) per ritorsione in quanto l’Italia, alleata della Germania, aveva invaso l’Unione Sovietica.
Di questi 2mila persone, ne ritornarono 180. “L’Unione Sovietica - ha proseguito Sforza Fogliani - ha sempre negato di aver avuto i campi di concentramento giocando sull’interpretazione della definizione che ne dava l’Onu, che li riconosceva tali solo se erano spazi delimitati da barriere. Nei gulag non era necessario averne, perché a nessuno veniva in mente di scappare, trovando, nel caso, morte certa viste le condizioni climatiche e le sconfinate steppe attorno ai campi. Campi di cui l’URSS cancellò ogni possibile traccia, conservando invece i lager presenti nei Paesi che liberò dall’occupazione nazista”.
A Karaganda passò anche Solzenicyn (per primo rivelò al mondo i gulag sovietici). La sua figura sarà ricordata a Piacenza a 100 anni dalla nascita e a 10 dalla morte dall’Associazione liberali lunedì 4 febbraio alle 18, nella sede di via Cittadella; interverrà Ferdinando Bergamaschi). L’11 febbraio), stessa sede e stessa ora, l’Associazione ricorderà Jan Palach, a 50 anni dal suo tragico gesto a Praga contro l’occupazione sovietica della Cecoslovacchia; ne parlerà Gianmarco Maiavacca.
“Cari professori - ha invitato l’avv. Sforza - diciamo alle scolaresche quanti morti ha provocato il nazionalsocialismo, ma anche quante vittime ha fatto il comunismo”.
Pubblicato il 31 gennaio 2019
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