L'artista Costanzo: “Attraverso l’imperfezione esprimo la bellezza dell’uomo”
"Con le mie opere cerco di entrare in relazione con lo spettatore attraverso lo sguardo, che è il modo più immediato per stabilire un legame con l’altro, e per conoscere la sua interiorità”. È quanto spiegato da Cristina Costanzo, artista e scultrice piacentina diplomata all’accademia di Brera, che da quasi trent’anni grazie ai suoi lavori dallo stile originale e fortemente riconoscibile è ospite di numerose mostre e spazi espositivi in Italia e in Europa
L’ultima sua personale – intitolata “Il volto dell’altro” - è stata inaugurata il 1° marzo nell’atrio dell’Università Cattolica di Piacenza, dove resterà aperta al pubblico fino all’11 come primo atto di una serie di iniziative che l’Ateneo piacentino ha intenzione di dedicare a giovani artisti del territorio. La mostra si presenta composta da otto sculture realizzate in terracotta rappresentanti altrettanti personaggi femminili, ognuno con il suo “sguardo” e con il suo messaggio da custodire.
“Con queste sculture voglio portare uno sguardo delicato, dolce, che non giudica, ma bensì invita - ha raccontato durante l’inaugurazione – è questo lo sguardo che sarebbe bello tutti avessero, quello dell’accoglienza e non del giudizio, che credo sia anche un po’ il messaggio cristiano. Chi si è avvicinato a Cristo, ha infatti trovato nel suo volto l’accoglienza, qualcosa che sarebbe bello riportare concretamente anche ai giorni nostri”.
Nelle sue opere Cristina Costanzo - oltre all’utilizzo della terracotta come materiale privilegiato per dare forma alle sculture, in quanto “l’argilla consente una manipolazione dal grande valore terapeutico” - fa ampio ricorso a materiali di scarto: juta, ferro arrugginito, ma anche oggetti di qualsiasi genere rinvenuti per strada o nei mercatini dell’usato. Una scelta stilistica che tradisce la precisa volontà di dare una seconda vita a ciò che è apparentemente morto, ma che assume al contempo anche una profonda valenza espressiva: “L’oggetto di scarto viene rivalutato e diventa opera d’arte – ha spiegato l’artista – tornando quindi a vivere con una funzione diversa. Molte volte nelle mie creazioni parto proprio dall’oggetto, che viene poi valorizzato successivamente dalla scultura costruitagli attorno. Ma non è solo questo – ha poi aggiunto - nei miei lavori, infatti, la parte più positiva nasce dal fatto che chi li guarda si mette in gioco. L’imperfezione dei materiali vuole quindi essere un richiamo anche alle fragilità dell’uomo, che sono parte di tutti noi. Le fragilità sono qualcosa che arricchiscono, che ci rendono più umani e attraverso cui la bellezza trova espressione”.
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Federico Tanzi
Pubblicato il 5 marzo 2019