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Viaggio alla scoperta della Val Tidone: Pianello e dintorni

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Pianello, come la Val Tidone di cui è parte, è un luogo denso di stratificazioni storiche e culturali.
Esistono tracce archeologiche di insediamenti umani in tutte le epoche, dalla preistoria ad oggi.
Il suo nome probabilmente rimanda alla sua posizione, in una zona pianeggiante stretta fra il fiume Tidone e il torrente Chiarone.
Importanti reperti archeologici sono stati rinvenuti nell’area e sono conservati nel museo Archeologico della Val Tidone, all’interno della rocca municipale.
I resti dell’abitato di età romana sono stati parzialmente riportati alla luce e sono visibili in due piccoli scavi nell’area del cimitero locale.

Nel territorio comunale, sulla piana di San Martino, un crinale che separa le valli del torrente Chiarone e del Rio Tinello, è stato rinvenuto un intero insediamento, anche questo stratificato a testimoniarne la continuata esistenza fino nell’alto medioevo.
Sito in una posizione facilmente difendibile, questo insediamento era abitato nei turbolenti tempi delle invasioni barbariche e della missione di san Colombano.

Pianello fece parte dei possedimenti dell’abbazia colombaniana di Bobbio durante il VII secolo.
Celle monastiche documentate esistevano ad Arcello, Azzano, Casanova, Gabbiano, Rocca Pulzana e Monte Aldone.
Ai monaci era passato anche il possesso della maestosa Rocca d’Olgisio, imprendibile fortificazione con sei ordini di mura che tuttora domina dall’alto la vallata con la sua sagoma inconfondibile.
La rocca risale almeno al IX secolo, ma secondo alcune leggende l’originario fortilizio sarebbe molto più antico e la sua fondazione sarebbe dovuta a Giovannato Miles, padre delle sante Liberata e Faustina.
Nella sua lunga storia è stata testimone di importanti fatti d’armi.
Ripetutamente assediata dagli eserciti che si contesero la Val Tidone, agli inizi del 1500, mentre era, come tutta l’area di Pianello, parte dello stato della famiglia Dal Verme, dovette resistere all’assalto dell’esercito francese che in otto giorni la bersagliò con oltre 1000 colpi di cannone, abbattendo solo un torrione.
L’imprendibile fortilizio cadde soltanto a seguito del tradimento di parte della sua guarnigione.

Nella seconda guerra mondiale fu una base per la divisione partigiana Giustizia e Libertà di Piacenza. Per questo motivo, subì due attacchi tedeschi. Entrambi videro come protagonista il leggendario Giovanni Lazzetti, partigiano conosciuto in zona come Ballonaio, il quale riuscì a respingere i nemici solo al loro primo attacco. La seconda volta, i tedeschi scacciarono i partigiani e demolirono con gli esplosivi alcune parti della fortezza.
Dal 1979, il complesso è di proprietà della famiglia Bengalli, che con notevoli sforzi, un continuo impegno e un attento restauro è riuscita a salvare quello che viene oggi definito il più leggendario e bel castello della provincia, aprendolo alle visite.

Il castello sorge su uno sperone roccioso ricco di grotte che combinano interessi archeologici, dovuti alla presenza umana in età neolitica, a quello naturalistico.

Sulla piazza centrale del paese si affaccia la rocca municipale, oggi sede del Comune e del Museo Archeologico.
Fu fatta costruire nel XIV secolo dai Dal Verme, sulle rovine di un castello pre-esistente distrutto dalle armate dell’imperatore Federico Barbarossa nel 1164.

La chiesa parrocchiale risale al 1250, ma le ricche decorazioni interne sono molto più recenti e la facciata in stile barocco fu edificata nel 1712.
Degni di nota il coro ligneo, risalente al 1777, e l’organo.
L’altare maggiore risale a sua volta al 1777 ed è una pregevole realizzazione in marmi policromi.
Si segnala anche una statua lignea della Madonna del Carmine, nella cappella del coro a sinistra dell’altare, che è di scuola fiamminga del 1607.
Il campanile è del 1683 e con i suoi 45 metri, con la sua sfera dorata in cima, svetta più alto di tutti gli altri campanili della valle.

Il santuario mariano della frazione di Strà, eretto nel 1958 per iniziativa del compianto parroco Andrea Mutti, sorge sul luogo dell’eccidio di nove civili inermi, assassinati brutalmente il 30 luglio 1944 da truppe tedesche di ritorno da un fallito assalto alla rocca d’Olgisio tenuta dai partigiani.
Una cripta sotto al santuario conserva i loro nomi e quelli di tutti gli altri caduti piacentini.

Di recente il santuario si è arricchito di una pregevole scultura bronzea di san Giovanni Paolo II e il tempio custodisce ora una reliquia dell’amato pontefice: una ciocca di capelli concessa dall’autorità vaticana.

Gabriele Molinelli

Pubblicato il 26 luglio 2019

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