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La tenerezza di Dio ci trasfoma in un cippo che regge il suo regno

immagine simbolica  del regno di dio fondato su una rocca

Dobbiamo imparare a vivere quell’amore che tutto copre, tutto spera, tutto sopporta, quella carità che non avrà mai fine.
Il vangelo ci dice che Gesù è venuto a portare il fuoco e non ciò che regala la pace, ma la spada che separa.
Una pace diversa dunque. La pace del far finta di niente, del tirare avanti senza complicazioni, non è la pace che Gesù è venuto a portare. Se si entra nella logica del vangelo, ci si ritrova all’interno di divisioni, di spaccature. La parola è spada che separa, ci divide dentro noi stessi, ci fa fare scelte di coraggio. Chi ama altri più del Signore però, non è degno di lui. La relazione con Dio Padre determina i rapporti con gli altri, con la nostra famiglia, con il lavoro, con il mondo e il denaro.
Se il Signore non può disporre totalmente della nostra vita attraverso la nostra fede, farà fatica a guidarci.
Se noi gli concediamo di tenere le redini, vedremo compiersi fatti che mai avremmo avuto il coraggio di sperare e sopportare.
Non tocca a noi decidere un progetto per il nostro domani, ma sarà la grazia a condurci e il Signore predisporrà i nostri successi, la nostra intelligenza, i nostri affetti.

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Quando ci è chiesto di cessare di fare il mare e iniziare a compiere il bene, sarà possibile solo se daremo la priorità a Dio, metteremo le nostre mani nelle sue. Il male inizia quando ci sostituiamo al Signore e il nostro “Io” acquista supponenza. Ogni mattina possiamo lasciarci attrarre da Dio, seguirlo, non in base alla misura delle nostre capacità ma alla priorità che noi gli riconosciamo. Se ci mettiamo nelle sue mani, ogni cosa diventa compimento della carità. Questa disponibilità è nel nostro debole assenso a Dio e guadagneremo il posto che ci è riservato.
La tenerezza di Dio trasforma ciascuno di noi da inutili ciottoli in cippo splendente che regge il suo regno, sempre adatta al suo scopo. Ci troveremo allora come quella pietra divenuta preziosa e indispensabile dove lui ci posa, ma dobbiamo dare il nostro libero assenso. Chi non vede altro che se stesso, chi cerca la propria felicità, chi persegue i suoi scopi personali, chi vuole concretizzarli a qualunque prezzo, costui non troverà quello che cerca così disperatamente. Lungi dal realizzarsi, egli si perderà. Ma colui che impara, durante tutta la sua vita, a non girare tenacemente intorno alla propria felicità, ma al contrario a dimenticarsene per potersi offrire generosamente troverà la vita, per quanto strano ciò possa sembrare.

Pubblicato il 7 agosto 2020

Maria Emmanuel Corradini
Abbadessa del Monastero benedettino di San Raimondo
Estratto dalla lectio mattutina del 13 Luglio Mt 10, 34 -11, 1

a cura di Gaia Leonardi

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